Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-05-2013) 24-06-2013, n. 27691

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 19.01.2012 il Tribunale di Sorveglianza di Napoli dichiarava inammissibile l’istanza di concessione di misure alternative (affidamento in prova, semilibertà, detenzione domiciliare) avanzata da D.B.I., libero in sospensione pena (anni 2 e mesi 8 per reato D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73), rilevando che la domanda non conteneva dichiarazione o elezione di domicilio, imposte dall’art. 677 cod. proc. pen., comma 2 bis. In particolare rilevava detto Tribunale come la dizione "si elegge domicilio presso il difensore", contenuta nell’istanza, era firmata dall’avvocato e non dal condannato, a nulla poi rilevando, ai fini in parola, che l’istanza stessa fosse stata depositata presso la Cancelleria del Tribunale da esso D.B., poichè in tale sede parimenti il condannato non aveva firmato alcuna dichiarazione utile ai sensi di legge.

2. Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione l’anzidetto condannato che motivava l’impugnazione deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, argomentando – in sintesi – nei seguenti termini: – l’interpretazione data alla norma dal Tribunale era estremamente formale; – esso ricorrente aveva depositato direttamente la domanda, facendone proprio il contenuto; – egli aveva dimostrato di non volersi sottrarre all’esecuzione, rendendosi reperibile, per le notifiche, presso il difensore.

Motivi della decisione

1. Il ricorso, infondato, non può trovare accoglimento.

2. Ed invero il provvedimento impugnato si è del tutto correttamente informato ai principi normativi in materia (art. 677 cod. proc. pen., comma 2 bis) ed al costante insegnamento di questa Corte di legittimità, espresso anche nella sua massima espressione nomofilattica (cfr. Cass. Pen. Sez. U. n. 18775 in data 17.12.2009, Rv. 246720, Mammoliti), secondo cui non solo il condannato non detenuto nè internato deve, a pena di inammissibilità, dichiarare o eleggere domicilio, ma da ciò, da non intendere in senso esclusivamente formale, deve derivarsi la sicura disponibilità del condannato stesso a rendersi concretamente agibile per l’esecuzione delle misure alternative che egli richiede. La logica che sottende a tale regola, infatti, non è esclusivamente legata ad una maggiore facilità delle necessarie notificazioni, ma alla complessiva necessità di evitare lungaggini e ricerche che da un lato contraddicono ai principi di immediata esecutività delle sentenze, dall’altro si presterebbero a non accettabili pratiche dilatorie od anche elusive. Si tratta di principio sempre confermato da questa Corte di legittimità (v. Cass. Pen. Sez. 1, n. 25123 in data 09/06/2010, Rv. 247952, Porzio: "La dichiarazione di domicilio richiesta, in alternativa all’elezione di domicilio, a pena d’inammissibilità della domanda del condannato, non detenuto, di una misura alternativa alla detenzione deve esprimere con chiarezza, sia pur senza necessità di particolari formule, la volontà che il luogo indicato venga considerato come quello nel quale effettuare le comunicazioni o notificazioni, con conseguente assunzione dell’obbligo, discendente dalla legge, di comunicare nelle forme prescritte ogni successiva variazione") nella logica, discendente dal sistema, di rendersi disponibile e non sottrarsi all’esecuzione alternativa richiesta. E’ quindi evidente che si impone l’assunzione di responsabilità, insita della dichiarazione o nell’elezione di domicilio ai sensi di legge, chiara e precisa direttamente da parte del condannato, non bastando equivoci equipollenti o surrogati di sorta. Ciò posto, nel caso di specie ben ha rilevato il Tribunale di competenza che non poteva ritenersi quanto di necessità, come sopra precisato, in un atto non firmato dal condannato stesso (nè nella richiesta, nè al momento del deposito della stessa). Ed invero la trasmissione coerente della volontà del soggetto interessato, quale sicuramente espressa dal difensore, si deve ammettere per il contenuto dell’istanza, ma non può estendersi ad un atto sicuramente personalissimo quale l’elezione di domicilio, atto che – proprio per la sua natura e per gli effetti che comporta – non può essere delegato. Del resto non può non essere evidente che un diverso opinamento aprirebbe ampia possibilità di contestazione della validità delle notifiche in capo alle parti processuali, con erosione concreta della speditezza esecutiva che è principio non discutibile in materia.

3. In definitiva il ricorso, infondato, deve essere respinto. – Al completo rigetto dell’impugnazione consegue ex lege, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 27 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *