Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 29-08-2012, n. 14704

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Svolgimento del processo
Con sentenza dell’8.2 – 20.9.2006, la Corte d’Appello di xxx rigettò il gravame proposto da C.C. (medico svolgente attività di guardia medica domiciliare per l’urgenza notturna, festiva e prefestiva, nonchè di emergenza sanitaria territoriale in regime convenzionale) nei confronti della ASL xxx (OMISSIS) avverso la pronuncia di prime cure che aveva disatteso la domanda del sanitario diretta al ricalcolo degli emolumenti dovutigli nel periodo 1.1.2001 – 31.12.2003 in relazione alla voce "compenso aggiuntivo". Ritenne la Corte territoriale, a sostegno del decisum, che sulla base della normativa applicabile alla fattispecie dovesse ritenersi la sussistenza di un tetto massimo di 104 ore mensili, elevato a 156 ore mensili nei confronti dei medici che svolgono le attività di cui al D.P.R. n. 41 del 1991, art. 22.
Avverso tale sentenza della Corte territoriale, C.C. ha proposto ricorso per cassazione fondato su cinque motivi e illustrato con memoria.
L’intimata ASL SA (OMISSIS) Vallo della Lucania ha resistito con controricorso, illustrato con memoria.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia plurime violazioni di norme di diritto D.P.R. n. 484 del 1996, (art. 45, lett. c) e art. 58; D.P.R. n. 270 del 2000, art. 68; D.P.R. n. 292 del 1987, art. 17;
D.P.R. n. 41 del 1991, art. 17; D.P.R. n. 13 del 1986, art. 16; L. n. 833 del 1978, art. 48; art. 1362 c.c., e segg.; Accordo integrativo regionale della Medicina Generale pubblicato sul Bollettino Ufficiale delle Regione Campania n. 32 del 21.7.2003), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che, sulla base della normativa richiamata, ai medici di continuità assistenziale (ex guardia medica) ed emergenza sanitaria territoriale il compenso aggiuntivo avrebbe dovuto essere corrisposto su tutte le ore di servizio mensilmente prestate invece che sino al limite massimo di 156 ore mensili.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, dolendosi che la Corte territoriale non abbia evidenziato il preteso errore materiale contenuto nel D.P.R. n. 41 del 1991, art. 17, laddove indica in 156 ore il tetto massimo, dovendo per contro ritenersi che il massimale orario settimanale, previsto in 38 ore settimanali, corrisponda a 165 ore mensili.
1.1 Con la memoria illustrativa il ricorrente, "atteso l’orientamento oramai costante dell’Ecc.ma Suprema Corte in ordine al primo e secondo punto di ricorso", ha dichiarato di rinunciare "alle richieste stesse" e, con ciò, quindi, ai suddetti primi due motivi;
al riguardo dei quali non è quindi più luogo a pronunciarsi.
2. Con il terzo motivo il ricorrente si duole dell’omessa pronuncia (art. 112 c.p.c.) sulla denunciata erronea liquidazione del compenso aggiuntivo, ancorchè dovesse essere ritenuta l’applicabilità del tetto massimo.
Il ricorrente aveva in effetti svolto con il ricorso d’appello specifica censura (subordinata) al riguardo; del che da conto la stessa sentenza impugnata nella parte espositiva, non pronunciandosi tuttavia in proposito.
Il motivo all’esame appare quindi fondato e comporta l’assorbimento del quinto, con il quale la stessa questione viene riproposta sotto il profilo del vizio di motivazione.
Resta altresì assorbita la deduzione del ricorrente – sollevata con la memoria illustrativa e inerente ai merito della questione – circa l’avvenuta formazione sul punto del giudicato esterno in analoga controversia fra le stesse parti relativa ad un diverso ambito temporale.
3. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione in ordine alla ritenuta inapplicabilità alla fattispecie, ratione temporis, dell’Accordo integrativo regionale della Medicina Generale pubblicato sul Bollettino Ufficiale delle Regione Campania n. 32 del 21.7.2003. La mancata formulazione del momento di sintesi, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., comporta tuttavia l’inammissibilità del motivo. Per completezza di motivazione deve peraltro rilevarsi che, mentre gli accordi collettivi nazionali per l’uniforme trattamento economico e normativo, nell’intero territorio nazionale, del personale sanitario a rapporto convenzionale, stipulati ai sensi della L. 23 dicembre 1978, n. 833, art. 48 (istitutiva del Servizio sanitario nazionale) tra il Governo, le Regioni, l’Associazione Nazionale dei Comuni italiani (ANCI) e le organizzazioni nazionali maggiormente rappresentative in campo nazionale di ciascuna categoria, essendo approvati nella forma del decreto presidenziale, costituiscono atti di valore regolamentare e, come tali, sono censurabili in cassazione per violazione di legge, non altrettanto può dirsi per gli accordi integrativi regionali in materia sanitaria (e, quindi, anche per l’Accordo integrativo regionale della Medicina Generale pubblicato sul Bollettino Ufficiale delle Regione Campania n. 32 del 21.7.2003), non sussistendo, in relazione a questi ultimi, i presupposti normativi che consentano l’esame diretto da parte della Corte di Cassazione (cfr., Cass., n. 1826/2009, cit.).
Pertanto, non potendo questa Corte procedere all’esame diretto dell’accordo, il ricorrente avrebbe dovuto svolgere la censura all’esame indicando i criteri ermeneutici in tesi violati e spiegando le ragioni per le quali la Corte territoriale se ne sarebbe discostata; del che, nello svolgimento del motivo, non è riscontro.
4. In forza delle considerazione che precedono solo il terzo motivo merita accoglimento; la sentenza deve, per l’effetto, essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio, per nuovo esame, al Giudice indicato in dispositivo, che provvedere altresì sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte, preso atto dell’intervenuta rinuncia ai primi due motivi di ricorso, accoglie il terzo, dichiara assorbito il quinto e inammissibile il quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Napoli.
Così deciso in Roma, il 12 luglio 2012.
Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2012

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