Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 29-08-2012, n. 14703

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Svolgimento del processo
Con sentenza del 13.6 – 9.10.2006 la Corte d’Appello di Lecce, Sezione distaccata di xxx, in parziale accoglimento della domanda avanzata da M.M. nei confronti dell’Autorità Portuale di xxx e della controinteressata L.R., disapplicò la Delib. Comitato portuale 3 dicembre 1999 laddove era stata approvata la graduatoria del concorso relativo alla copertura di un posto di capo servizio amministrativo.
A sostegno del decisum, per ciò che ancora qui specificamente rileva, la Corte territoriale osservò quanto segue:
– doveva ritenersi consentito il controllo giudiziario sulla correttezza dell’operato dell’Ente, essendo stata lamentata l’esclusione della ricorrente per violazione delle norme del bando di concorso, con conseguente possibilità di disapplicazione dell’atto con effetti limitati al caso concreto, previa valutazione della sua illegittimità incidenter tantum;
– una volta accertato l’illegittimo o illecito operato dell’ente con riferimento alla valutazione dei requisiti della L., avrebbero perso efficacia gli atti conseguenti e, dunque, il posto a lei assegnato, previa declaratoria di illegittimità del provvedimento statuente la sua assunzione, avrebbe dovuto essere attribuito alla concorrente pretermessa, dopo, la verifica del possesso da parte sua dei requisiti prescritti da bando;
– era condivisibile la censura relativa all’essere stata considerata utile, ai fini della verifica del possesso del requisito dell’esperienza lavorativa biennale nel campo della contabilità aziendale o statuale, quella acquisita dalla L. presso un istituto bancario come sportellista; ciò in quanto la nozione di contabilità generale dello Stato e/o aziendale allude ad un campo operativo nel quale si tratta rivalutare, sulla base dei dati riportati sulle scritture contabili o comunque desumibili da altra documentazione, quale risultato economico sia ascrivibile ad una determinata gestione (aziendale o di altro tipo), sicchè non si tratta di compiere un’attività materiale, con caratteristiche protocollari, ma di esprimere un giudizio che, pur se fondato su dati estrinseci, non può prescindere da una corretta interpretazione di essi, sulla base di una professionalità specialistica, come dimostra la circostanza che il bando richiede la laurea ed anche una esperienza lavorativa biennale"; secondo la declaratoria del contratto collettivo, gli sportellisti, rientranti nel primo livello retributivo, sono coloro che "svolgono attività caratterizzate generalmente da procedure globalmente standardizzate, con lavoro prevalentemente predefinito, sì da comportare la risoluzione di problemi che presentano ridotte variabili e limitati compiti di coordinamento e/o controllo di altri lavoratori"; tale lavoro di sportellista "non ha pertanto alcuna attinenza con quello che richiede il bando: mentre il primo, infatti, praticamente viene svolto all’interno di un percorso predeterminato da altri e sostanzialmente standardizzato, tale da richiedere soltanto l’annotazione di dati numerici nella caselle predisposte al fine di poter registrare quasi automaticamente la singola operazione bancaria, l’altro impegno lavorativo comporta l’apporto di conoscenze professionali e l’espressione di un giudizio personale per il quale si richiede un sapere specialistico, assente nel ruolo dello sportellista, tanto è vero che per quest’ultimo non è richiesto il diploma di laurea";
la non computabilità del periodo di lavoro bancario comportava il non raggiungimento del requisito di ammissione prescritto dal bando dell’esperienza lavorativa biennale nei predetti campi della contabilità, potendo perciò prescindersi da ulteriori valutazioni circa gli altri allegati periodi lavorativi;
poichè la L. non era in possesso dei titoli per l’ammissione alla selezione, secondo le previsioni del bando, la delibera di approvazione della graduatoria doveva essere disapplicata in quanto illegittima, siccome adottata in violazione della norma generale in tema di imparzialità nell’esercizio delle pubbliche potestà;
secondo quanto risultante dal bando di concorso, gli idonei erano tenuti a presentare in originale la documentazione comprovante il possesso dei requisiti e solo in caso di riscontro positivo avrebbe potuto esserne disposta l’assunzione; pertanto, anche se l’appellante aveva diritto ad essere assunta, in caso di assolvimento di quest’onere dimostrativo, doveva ritenersi precluso al Collegio "…adottare una statuizione con la quale, previa costituzione del rapporto di lavoro, si obbliga l’ente a disporre che l’appellante lavori alle sue dipendenze, questo potendo conseguire al controllo che spetta all’amministrazione esercitare".
Avverso tale sentenza della Corte territoriale l’Autorità Portuale di xxx ha proposto ricorso per cassazione fondato su sei motivi.
L’intimata L.R. ha depositato controricorso ad adiuvandum, instando per l’accoglimento de ricorso.
L’intimata M.M. ha resistito con distinti controricorsi (nei confronti dell’Autorità Portuale e della L.), proponendo altresì ricorsi incidentali, del medesimo contenuto, fondati su quattro motivi; ha altresì depositato memoria.
La ricorrente principale ha resistito con controricorso al ricorso incidentale.
Motivi della decisione
1. I ricorsi vanno preliminarmente riuniti, siccome proposti avverso la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.).
Con il primo motivo la ricorrente principale denuncia vizio di violazione di legge (L. n. 2248 del 1865, artt. 3 e 4), lamentando la violazione del principio dell’insindacabilità in sede giurisdizionale del merito amministrativo, assumendo che la Corte territoriale si era indebitamente ingerita nel merito della valutazione dei requisiti di ammissione stabiliti dall’avviso di selezione.
Con il secondo motivo la ricorrente principale denuncia violazione dell’art. 2697 c.c., comma 1, dolendosi che la Corte territoriale abbia accolto la pretesa di controparte benchè quest’ultima non avesse prodotto prova idonea a dimostrare la non corrispondenza tra l’esperienza professionale vantata dalla candidata risultata vincitrice e i requisiti previsti nell’avviso di selezione.
Con il terzo motivo la ricorrente principale denuncia vizio di motivazione in ordine alla valutazione resa in ordine alla pregressa esperienza professionale della candidata risultata vincitrice, senza peraltro neppure ammettere le prove orali offerte.
Con il quarto motivo la ricorrente principale denuncia violazione dell’art. 1363 c.c., dolendosi che la Corte territoriale abbia negato la sussistenza dei requisiti previsti dall’avviso di selezione in capo alla candidata risultata vincitrice limitandosi ad analizzare il solo art. 16 del CCNL bancario, senza operare il confronto ermeneutico con il contenuto complessivo del contratto stesso e trascurando di considerare che il medesimo CCNL individua già un’area professionale, la seconda, diversa da quella di inquadramento (nella specie la terza) caratterizzata da mansioni strettamente esecutive.
Con il quinto motivo la ricorrente principale denuncia vizio di motivazione, assumendo che la Corte territoriale avrebbe effettuato un’operazione giuridicamente non corretta di declassamento dell’attività dell’operatore bancario con funzioni di operatore di sportello/cassiere rapportandola alla stregua di una mera attività materiale e protocollare, senza fornire al riguardo un’adeguata motivazione.
Con il sesto motivo la ricorrente principale denuncia vizio di motivazione, assumendo l’inconciliabilità dell’affermazione della Corte territoriale secondo cui doveva essere riconosciuta la "…
possibilità di mantenere in servizio la L. …", in considerazione della sua promozione a Dirigente dello stesso servizio amministrativo, "… pur in caso di esito favorevole della causa per l’appellante …", con quella secondo cui "… il posto … deve essere attribuito alla concorrente pretermessa, dopo la verifica del possesso da parte sua dei requisiti prescritti dal bando …".
Con il primo motivo la ricorrente incidentale denuncia violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 2, assumendo che la Corte territoriale ha erroneamente richiamato principi e utilizzato argomenti estranei alla controversia, siccome riferiti ai rapporti di impiego pubblico per i quali l’insorgenza di qualsivoglia rapporto di lavoro pubblico presupponeva necessariamente un provvedimento unilaterale ed autoritativo dell’Amministrazione, sicchè neanche un vincitore di concorso poteva essere considerato titolare di un diritto soggettivo alla nomina.
Con il secondo motivo la ricorrente incidentale denuncia violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 2, deducendo che l’onere di riproduzione dei documenti doveva ritenersi già assolto, rappresentando il presupposto logico-giuridico dello svolgimento della procedura concorsuale, cosicchè la Corte territoriale avrebbe dovuto costituire il relativo rapporto di lavoro con essa ricorrente.
Con il terzo motivo la ricorrente incidentale denuncia violazione di norme di diritto deducendo che, con la costituzione coattiva del rapporto di lavoro, avrebbero dovuto essere riconosciute la decorrenza giuridica ed economica dalla data di accertamento della sussistenza del diritto all’assunzione, con conseguente condanna del datore di lavoro al pagamento delle retribuzioni perse e dei versamento degli oneri previdenziali e assicurativi omessi.
Con il quarto motivo la ricorrente incidentale denuncia vizio di motivazione, deducendo che l’esame dei documenti allegati alla domanda di partecipazione, ripresentati in sede processuale e non contestati dall’Autorità Portuale, avrebbero dovuto condurre la Corte territoriale ad affermare l’originario e tempestivo assolvimento dell’onere dimostrativo dei requisiti richiesti e, quindi, della sussistenza delle condizioni per la costituzione coattiva del contratto di lavoro.
3. La valutazione del possesso dei requisiti di partecipazione alla selezione non inerisce ad una potestà autoritativa dell’Amministrazione procedente, nè investono il merito dell’azione amministrativa.
Il possesso di tali requisiti fonda infatti il diritto soggettivo alla partecipazione alla selezione e, specularmente, il diritto soggettivo degli altri partecipanti a vedere escluso dalla procedura selettiva chi di tali requisiti non sia in possesso.
La Corte territoriale si è in effetti limitata a valutare il possesso di uno dei prescritti requisiti di partecipazione in capo alla candidata risultata vincitrice e non certo il peso dei titoli prodotti al fine della formulazione della graduatoria; deve quindi escludersi che abbia travalicato i limiti del sindacato giudiziario e, in particolare, che abbia indebitamente invaso i campo del merito amministrativo.
Il primo motivo del ricorso principale va pertanto disatteso.
4. La Corte territoriale non ha risolto la controversia sulla base dei principi relativi alla ripartizione degli oneri probatori, ma ha fatto applicazione del principio di acquisizione probatoria, in forza del quale il giudice è libero di formare il suo convincimento sulla base di tutte le risultanze istruttorie, quale che sia la parte ad iniziativa della quale sia avvenuto il loro ingresso nel giudizio (cfr., ex plurimis, Cass., nn. 5126/2000; 2285/2006; 25028/2008;
739/2010).
Risulta quindi insussistente la violazione di legge denunciata con il secondo motivo del ricorso principale, con il quale, in effetti, come si evince dal quesito di diritto, si da per presupposto che la parte ricorrente non abbia fornito idonea prova della non corrispondenza tra l’esperienza professionale vantata dalla candidata risultata vincitrice ed i requisiti previsti dall’avviso di selezione.
Il che, tuttavia, implica che la valutazione resa dalla Corte territoriale possa ritenersi inficiata da un vizio di motivazione, come del resto dedotto con il terzo motivo.
5. Al riguardo, e preliminarmente, va ricordato che nel presente giudizio di cassazione trova applicazione, ratione temporis, l’art. 366 bis c.p.c., in forza del quale, come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, la censura concernente l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (cfr., ex plurimis, Cass., SU, n. 20603/2007).
Tale momento di sintesi non è stato formulato in relazione al terzo motivo del ricorso principale, del quale va quindi rilevata l’inammissibilità.
6. Il quarto motivo del ricorso principale si fonda sulla pretesa erronea interpretazione del (non meglio specificato) CCNL bancario.
La censura non è tuttavia procedibile ai sensi dell’art. 369 c.p.c., poichè la ricorrente non ha prodotto (nella sua integralità: cfr., ex plurimis, Cass., nn. 15495/2009) il contratto collettivo di diritto comune in relazione al quale denuncia il vizio ermeneutico, nè ha fornito le indicazioni per la sua eventuale reperibilità nei dimessi fascicoli dei gradi di merito, se ed in quanto in tali gradi la relativa produzione sia stata effettuata (cfr., ex plurimis, Cass., SU, n. 22726/2011).
Inoltre, come detto, neppure sono stati esattamente indicati gli estremi di tale contratto collettivo, con palese violazione della disposizione, dettata a pena di inammissibilità del ricorso, dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.
La frammentaria trascrizione nel ricorso delle clausole contrattuali sulle quali la censura si fonda concretizza ulteriore e concorrente causa di inammissibilità del motivo per violazione del principio di autosufficienza.
7. Il quinto e il sesto motivo di ricorso, entrambi formulati ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sono inammissibili perchè privi del richiesto momento di sintesi ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c..
Limitatamente al sesto, per completezza di motivazione, deve peraltro rilevarsi la concorrenza di un’ulteriore ragione di inammissibilità, data dal fatto che la censura è svolta in relazione ad un’affermazione della Corte territoriale (quella inerente alla possibilità di mantenere in servizio la candidata risultata vincitrice in considerazione della sua intervenuta promozione a dirigente) che, non ponendosi come ragione fondante della decisione assunta, si risolve sostanzialmente in un obiter dictum.
8. I motivi del ricorso incidentale, fra loro connessi, vanno esaminati congiuntamente.
La n. 84 del 1994, art. 6, comma 2 (Riordino della legislazione in materia portuale), dopo avere statuito la personalità giuridica di diritto pubblico dell’autorità portuale, prevede che ad essa non si applicano le disposizioni di cui alla L. n. 70 del 1975, e successive modificazioni, nonchè le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 29 del 1993, e successive modificazioni ed integrazioni (disposizioni ora trasfuse nel D.Lgs. n. 165 del 2001), fatta eccezione per quanto specificamente previsto dal comma 2 dell’art. 23 della medesima legge (disposizione che non rileva nella presente controversia); al riguardo la giurisprudenza di questa Corte ha già avuto modo di rilevare che le autorità portuali rientrano nella categoria degli enti pubblici economici, con conseguente incidenza sul regime sostanziale dei rapporti di lavoro del personale dipendente, di natura privatistica (cfr., Cass., n. 12232/2004); non risultano quindi pertinenti al contesto normativo disciplinante i rapporti lavorativi dei dipendenti delle autorità portuali le denunciate violazioni, con i primi due motivi, di specifiche norme del D.Lgs. n. 165 del 2001.
Peraltro, anche a prescindere dalla suddetta considerazione, deve osservarsi che la Corte territoriale ha espressamente riconosciuto il diritto soggettivo della M. all’assunzione, previo il necessario controllo, previsto dal bando, in ordine alla documentazione comprovante il possesso dei requisiti richiesti.
Deve quindi essere esclusa la fondatezza dell’assunto secondo cui la Corte territoriale avrebbe sostanzialmente fatto applicazione della disciplina regolante la costituzione del rapporto di pubblico impiego non privatizzato, atteso che il controllo suddetto, siccome strettamente finalizzato alla verifica del possesso dei requisiti richiesti, esclude l’esercizio di qualsivoglia potere autoritativo dell’Amministrazione (riguardo al quale sarebbe stata infatti da escludersi la sussistenza della chiaramente affermata posizione di diritto soggettivo).
Al contempo, tuttavia, l’espressa previsione di tale controllo configura l’espletamento di un’attività che, seppure vincolata, è riservata all’Amministrazione ed è preliminare alla stipulazione del contratto di lavoro; proprio la sua espressa previsione nell’avviso di selezione esclude d’altra parte la vincolatività per l’Ente – e quindi l’equipollenza – di quella propedeuticamente compiuta all’atto dell’ammissione alla selezione.
La questione inerente alla possibilità di effettuazione di siffatto controllo direttamente da parte della Corte territoriale è stata introdotta con il quarto motivo di ricorso, che, tuttavia, si presenta in radice inammissibile, sia per la mancata formulazione del momento di sintesi ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., sia per la mancata indicazione, in violazione del principio di autosufficienza, della documentazione che avrebbe in tesi dovuto essere esaminata e del relativo contenuto.
Per completezza di motivazione va peraltro rilevato come non possa ritenersi che, sul punto, fosse in atto, al momento della proposizione della domanda, una posizione di contrasto fra le parti, atteso che l’avvenuta nomina della candidata risultata vincitrice aveva comportato la mancata effettuazione del controllo in parola nei confronti dell’odierna ricorrente incidentale; il che, per conseguenza, esclude che potesse essere introdotta validamente in causa – e costituire quindi oggetto di specifica ammissibile domanda e di conseguente pronuncia giudiziaria – la verifica del possesso dei requisiti da parte del Giudice in luogo dell’Amministrazione, la negativa valutazione al riguardo da parte di quest’ultima costituendo soltanto una situazione meramente ipotetica.
Il primo, secondo e quarto motivo non possono quindi trovare accoglimento, con conseguente assorbimento del terzo.
9. In definitiva tanto il ricorso principale, al quale, come detto, ha aderito la controricorrente L., che quello incidentale, vanno rigettati.
La reciproca soccombenza consiglia la compensazione delle spese.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta; spese compensate.
Così deciso in Roma, il 12 luglio 2012.
Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2012

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