Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 29-08-2012, n. 14698

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Firenze confermava la statuizione di primo grado con cui era stata rigetta la domanda proposta da V.R. nei confronti del Ministero dell’Economia, dell’Inps e della Regione Toscana diretta ad ottenere l’assegno di invalidità di cui alla L. n. 118 del 1971, art. 13. La Corte, rilevato che l’appello era stato proposto dall’interessato e che in mancanza di appello incidentale, doveva restare ferma la dichiarata legittimazione passiva del Ministero dell’Economia nel merito, confermava la statuizione di rigetto sul rilievo che l’atto notorio depositato non era valido alla dimostrazione del possesso del limite reddituale prescritto dalla legge, mentre era tardiva in quanto prodotta solo in appello, la dichiarazione della Agenzia delle Entrate. Nè era consentito ricorrere, sul punto, ai poteri ufficiosi riservati al giudice d’appello, giacchè mancava, nel ricorso introduttivo, qualsiasi allegazione sul possesso dell’altro requisito necessario per il conseguimento della prestazione richiesta, ossia la in collocazione al lavoro; si trattava infatti di persona di età superiore ai cinquantacinque anni, a cui non può essere chiesta la iscrizione nelle liste del collocamento obbligatorio; è però onere di questi dimostrare resistenza di uno stato di disoccupazione o di non occupazione, da fornirsi con ogni mezzo di prova.

Avverso detta sentenza gli eredi del V. ricorrono con tre motivi.

Resiste l’Inps con controricorso.

Il Ministero è rimasto intimato.

Motivi della decisione

Con il primo motivo si denunzia violazione della L. n. 118 del 1971, art. 13, perchè la prova della in collocazione emergerebbe dalla dichiarazione della agenzia delle Entrate depositata in appello, in cui emergeva che dal 2001 e 2002 non aveva redditi.

Con il secondo motivo si denunzia violazione art. 437 cod. proc. civ., in relazione alla mancata acquisizione del certificato dell’Agenzia delle Entrate.

Con il terzo motivo si denunzia difetto di motivazione per non avere considerato il certificato della Agenzia delle Entrate.

Il ricorso non è fondato.

Quanto alla produzione di documenti nuovi in appello, è stato affermato (Cass. n. 6498 del 22/03/2011) che "Nel rito del lavoro, in deroga al generale divieto di nuove prove in appello, è possibile l’ammissione di nuovi documenti, su richiesta di parte o anche d’ufficio, solo nel caso in cui essi abbiano una speciale efficacia dimostrativa e siano ritenuti dal giudice indispensabili ai fini della decisione della causa".

Con detta sentenza, richiamando quella precedente delle Sezioni unite n. 8203/2005 cit., relativa al rito ordinario, si è affermato che per indispensabilità delle nuove prove ai fini della decisione della causa, rilevando che si intende fare riferimento a una loro "influenza causale più incisiva" rispetto alle prove in genere ammissibili in quanto "rilevanti", ovvero a "prove che, per il loro spessore contenutistico, sono idonee a fornire un contributo decisivo all’accertamento della verità materiale". Appare anche importante rilevare che privilegiare la potenziale incontrovertibilità e decisività probatoria dei documenti aventi una speciale incidenza probatoria ai fini di un superamento delle preclusioni processuali è giustificato dal fatto che, da un lato, in ragione di tali caratteristiche, la loro ammissione in linea di massima non comporta l’esigenza di una complessiva riapertura dell’istruttoria, e, dall’altro, che, se la decisione non tenesse conto dei medesimi documenti, sarebbe evidente e incontestabile, sempre in ragione della loro efficacia probatoria, il contrasto tra decisione e verità materiale.

D’altra parte così prescrive il tenore letterale dell’art. 437 cod. proc. civ., comma 2, che non è consentito al giudice di disattendere, il quale, nel vietare l’ammissione di nuovi mezzi di prova, li consente però nei casi in cui il collegio "anche d’ufficio" li ritenga indispensabili.

Certamente anche il documento prodotto in appello nel caso in esame è dotato di tale "decisività" essendo da solo sufficiente, senza necessità di accertamenti ulteriori, a dimostrare il possesso del limite reddituale a cui è condizionato il diritto fatto valere in giudizio.

Tuttavia, resta la verifica della condizione della incollocazione al lavoro, perchè non si poteva utilizzare il certificato della Agenzia delle Entrate sulla inesistenza di redditi per dimostrare l’esistenza di un fatto mai allegato, ossia la in collocazione medesima.

Non vi è dubbio che ammettendo la tardiva allegazione su uno dei fatti costitutivi della domanda, i documenti a riprova, si snatura il giudizio di primo grado, che finirebbe con lo svolgersi solo sulla base di elementi parziali e quindi finirebbe con l’essere inutile, se davvero allegazioni e prove potessero essere effettuate in grado d’appello.

Il ricorso va quindi rigettato.

Nulla per le spese nei confronti dell’Inps ex art. 152 disp. att. cod. proc. civ..

Nulla per le spese del Ministero intimato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 12 luglio 2012.

Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2012

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