Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 29-08-2012, n. 14696

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con sentenza del 26 novembre 2009 la Corte d’Appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma del 27 maggio 2003 che aveva rigettato la domanda di B.A. volta ad ottenere l’indennizzo di cui alla L. n. 210 del 1992, art. 1, essendo affetta da virus HCV (cosiddetta epatite di tipo C) contratto a causa di assunzione di emoderivati infetti per profilassi antitetanica. La Corte territoriale ha motivato tale decisione ritenendo l’intervenuta decadenza triennale di cui all’art. 3 della legge citata, e ritenendo comunque infondata nel merito la richiesta della ricorrente sulla base delle risultanze della espletata CTU che ha escluso che l’infezione epatica da cui è affetta la ricorrente sia riferibile alla somministrazione intramuscolare di immunoglobine per sieroprofilassi antitetanica in data 14 novembre 1991.

La B. propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza articolandolo su due motivi.

Resiste con controricorso la Regione Lazio.

Il Ministero della Salute ha rilasciato procura.

Motivi della decisione

Con il primojnotivo si lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 210 del 1992, artt. 1 e 3, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3. In particolare si deduce che il termine di decadenza triennale è stato previsto anche per le epatiti post trasfusionali solo dalla L. n. 461 del 1996, che ha modificato il citato art. 3, per cui non sarebbe applicabile alla fattispecie in esame in cui la domanda è stata proposta in epoca precedente, per cui va applicato l’ordinario termine di prescrizione decennale. In ordine alla decorrenza del termine decadenziale triennale la ricorrente deduce, comunque, che questo debba essere fissato dall’entrata in vigore della norma che lo ha previsto, per cui la domanda in questione, inoltrata nel 1996, sarebbe comunque tempestiva.

Con il secondo motivo si deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla sussistenza del nesso di causalità tra l’inoculazione dell’emoderivato e l’epatite C contratta dalla ricorrente contestandosi le risultanze dell’espletata CTU. Per motivi di ordine logico viene esaminato preliminarmente il secondo motivo di ricorso che attiene al merito della controversia.

Il motivo è infondato. Nel giudizio in materia d’invalidità di ogni genere il vizio, denunciabile in sede di legittimità, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell’omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un’inammissibile critica del convincimento del giudice. Nel caso in esame la ricorrente propone un dissenso tecnico diagnostico che si risolve anche in un diverso giudizio di merito che, non rientrando in quanto previsto dal principio sopra enunciato, non è ammissibile in sede di legittimità.

Il primo motivo risulta assorbito.

Nulla si dispone sulle spese ai sensi dell’art. 152 disp. att. cod. proc. civ., nella formulazione vigente all’epoca del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso; Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2012
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *