T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I, Sent., 28-01-2011, n. 135

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con provvedimento n.828/S.P. del 16 maggio 2003 l’Ufficio territoriale del Governo di Catanzaro – Sportello Polifunzionale emersione lavoro irregolare ha rigettato la dichiarazione di emersione di lavoro irregolare inoltrata dal sig. M.G., quale datore di lavoro dell’odierno ricorrente.

Detto atto è stato gravato con il presente ricorso a sostegno del quale sono proposte le seguenti censure:

– vizio di eccesso di potere- violazione dell’art. 3 della legge 241/90.

– violazione degli articoli 3 e 27 della Costituzione.

Il ricorrente lamenta, in particolare, che la mancanza di motivazione dell’atto impugnato non gli consente di conoscere i motivi ostativi alla sua regolarizzazione.

Si è costituita in giudizio l’intimata amministrazione eccependo l’infondatezza del proposto ricorso per essere l’atto avversato motivato per relationem, e cioè con riferimento a quanto riportato nella nota informativa della Questura di Catanzaro, cui si fa espresso riferimento nelle premesse del provvedimento di rigetto.

Alla pubblica udienza del 19 marzo 2010 è stato disposto incombente istruttorio per acquisire presso la Questura di Catanzaro la nota richiamata nel provvedimento impugnato.

Eseguito l’incombente istruttorio, alla pubblica udienza del 17 dicembre 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Dalla nota della Questura di Catanzaro emerge che il ricorrente risulta espulso con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica.

La disciplina relativa alla legalizzazione del lavoro irregolare di cui al d.l. 195/2002 prevede all’articolo 1, comma 4 che "Nei sessanta giorni successivi alla ricezione della dichiarazione di cui al comma 1, la Prefettura – Ufficio territoriale del Governo, che assicura la tenuta di un registro informatizzato di coloro che hanno presentato la predetta dichiarazione e dei lavoratori extracomunitari ai quali è riferita la medesima dichiarazione, verifica l’ammissibilità e la ricevibilità della dichiarazione e la comunica al centro per l’impiego competente per territorio. La questura accerta se sussistono motivi ostativi all’eventuale rilascio del permesso di soggiorno di validità pari ad un anno".

Il comma 8 prevede, quindi, che " Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai rapporti di lavoro riguardanti lavoratori extracomunitari:

a) nei confronti dei quali sia stato emesso un provvedimento di espulsione per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno, salvo che sussistano le condizioni per la revoca del provvedimento in presenza di circostanze obiettive riguardanti l’inserimento sociale. La revoca, fermi restando i casi di esclusione di cui alle lettere b) e c), non può essere in ogni caso disposta nell’ipotesi in cui il lavoratore extracomunitario sia o sia stato sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo che non si sia concluso con un provvedimento che abbia dichiarato che il fatto non sussiste o non costituisce reato o che l’interessato non lo ha commesso, ovvero risulti destinatario di un provvedimento di espulsione mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, ovvero abbia lasciato il territorio nazionale e si trovi nelle condizioni di cui all’articolo 13, comma 13, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, e successive modificazioni…."

Pertanto, secondo quanto disposto dal richiamato art. 1, comma 8, lett. a), D.L. n. 195 del 2002, l’espulsione dello straniero per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno non è comunque revocabile (a parte ogni indagine sull’obiettivo inserimento sociale dello straniero) quando sia stata disposta con accompagnamento alla frontiera, ovvero quando l’espulso abbia lasciato il territorio nazionale e si trovi nelle condizioni di cui all’art. 13, comma 13, D.Lgs. n. 286 del 1998 ossia sia rientrato in Italia senza autorizzazione (cfr. Consiglio di Stato Sez. VI, sent. n. 6130 del 16102006; Consiglio di Stato Sez. VI, sent. n. 1024 del 22022010).

Poiché l’art. 1, comma 8, lettera a) del D.L. n.195/2002 prevede espressamente che non può ottenere la regolarizzazione lo straniero nei confronti del quale sia stato emesso un provvedimento di espulsione non revocabile in quanto seguito da accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, si deve ritenere che una tale circostanza rende vincolato il diniego di regolarizzazione stesso, risultando sufficiente ai fini motivazionali del provvedimento di diniego la mera enunciazione della circostanza di fatto preclusiva e della previsione normativa che tale effetto vincolato prevede (cfr. Consiglio di Stato Sez. VI, sent. n. 1574 del 17032009).

Nella fattispecie in esame il ricorrente lamenta che il provvedimento impugnato non reca espressa motivazione, facendo solo riferimento al diniego di nulla osta da parte della Questura.

Si tratta di una consentita ipotesi di motivazione per relationem la quale non richiede che l’atto amministrativo richiamato per relationem debba essere unito imprescindibilmente al documento o che il suo contenuto debba essere riportato testualmente nel corpo motivazionale, bensì che esso sia reso disponibile a norma di legge, vale a dire che possa essere acquisito utilizzando il procedimento di accesso ai documenti amministrativi, laddove concretamente esperibile. In altri termini la motivazione per relationem del provvedimento deve essere portata nella sfera di conoscibilità legale del destinatario, con la conseguenza che in tale ipotesi è sufficiente che siano espressamente indicati gli estremi o la tipologia dell’atto richiamato, mentre non è necessario che lo stesso sia allegato o riprodotto, dovendo essere messo a disposizione ed esibito ad istanza di parte. (T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 12 agosto 2010, n. 17235).

L’atto che motiva il diniego di regolarizzazione è stato acquisito con incombente istruttorio e si sostanzia nel diniego di rilascio di nulla osta, ai fini della regolarizzazione del lavoratore extracomunitario, per essere stato il ricorrente espulso con accompagnamento alla frontiera mediante forza pubblica, circostanza questa che costituisce causa ostativa alla regolarizzazione. Peraltro, a fronte di tale circostanza, il provvedimento prefettizio non avrebbe potuto essere diverso.

Alla luce di tali considerazioni il ricorso deve essere respinto siccome infondato.

Sussistono giuste motivazioni per compensare tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Romeo, Presidente

Concetta Anastasi, Consigliere

Anna Corrado, Referendario, Estensore
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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