Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 29-08-2012, n. 14692

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Svolgimento del processo

Con sentenza del 10/2/2004 il giudice del lavoro del Tribunale di Nicosia rigettò la domanda di P.A. volta alla corresponsione dell’assegno mensile il cui pagamento le era stato sospeso, in relazione al periodo compreso tra il mese di gennaio e quello di settembre del 2000, per mancata dimostrazione dell’iscrizione nelle liste speciali del collocamento prevista per gli invalidi civili.

Con sentenza del 13/12 – 21/12/06 la Corte d’appello di Caltanisetta – sezione lavoro ha accolto l’impugnazione proposta dalla P. ed ha condannato l’Inps ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ciascuno per quanto di rispettiva competenza, ad erogare all’appellante i ratei della prestazione sospesa. Nel contempo la Corte di merito ha respinto l’appello incidentale svolto dal Ministero dell’Economia per l’accertamento del difetto di legittimazione passiva ed ha condannato in solido l’Inps e lo stesso Ministero alla rifusione delle spese dei due gradi di giudizio.

La Corte territoriale ha rilevato che nella fattispecie occorreva tener conto del giudicato formatosi per effetto della sentenza n. 358/99 del 30/11/99 del Tribunale di Nicosia che aveva riconosciuto il diritto della P. al ripristino dell’assegno mensile da usufruire ininterrottamente dalla data della revoca del 17/11/97, a suo tempo disposta per il venir meno del requisito sanitario ridottosi al 55% del grado di invalidità civile, per cui una volta intervenuta la suddetta pronunzia giurisdizionale l’Inps non avrebbe potuto più mettere in discussione l’erogazione della prestazione per la diversa ragione del successivo accertamento della carenza del requisito socio-economico dell’iscrizione nelle liste speciali del collocamento.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso l’Inps che affida l’impugnazione ad un solo motivo di censura.

Rimane solo intimata la P..

Motivi della decisione

Con un solo motivo di censura l’Inps denunzia la violazione e falsa applicazione della L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 13, dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 115, 116 e 324 c.p.c., tutti in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Assume la difesa dell’Inps che è censurabile la decisione della Corte d’appello per il fatto di aver ritenuto che il giudicato formatosi sull’esistenza del requisito sanitario, necessario per l’accesso all’assegno di invalidità, potesse rappresentare un ostacolo all’iniziativa dell’ente previdenziale di verificare la permanenza del concorrente requisito socio-economico dell’incollocabilità al lavoro dell’assistita, requisito, quest’ultimo, che al pari di quello sanitario e di quello reddituale rappresenta un elemento costitutivo del diritto alla prestazione in esame. In pratica, secondo l’Inps, il ripristino della prestazione fin dalla data della revoca, operato con la sentenza n. 358/99 a seguito dell’accertamento della sussistenza del requisito sanitario, non poteva essere interpretato come una sorta di cristallizzazione della situazione, atteso che gli elementi costitutivi del diritto in esame sono per loro natura soggetti a mutamenti nel tempo e necessitano di verifiche periodiche.

Il quesito di diritto posto ai sensi dell’art. 366-bis c.p.c., è il seguente: "Dica la Suprema Corte se, ripristinata a seguito di giudizio la prestazione di invalidità civile a suo tempo revocata, i requisiti previsti dalla legge per il riconoscimento del diritto alla medesima debbano continuare a sussistere dopo la data della sentenza di ripristino e possano, quindi, formare oggetto di verifica da parte dell’Istituto previdenziale".

Il ricorso è fondato.

Invero, questa Corte ha già avuto modo di affermare (Cass. Sez. Lav.

n. 3404 del 16/2/2006) che "nel giudizio che abbia ad oggetto la contestazione di un provvedimento di revoca del beneficio assistenziale basato esclusivamente sulla sopravvenuta insussistenza del requisito sanitario, deve essere verificata la permanenza di tutti i requisiti "ex lege" richiesti, non già soltanto di quelli la cui sopravvenuta insussistenza sia posta a fondamento della revoca, giacchè la domanda di ripristino della prestazione, al pari di quelle concernenti il diritto ad ottenere per la prima volta prestazioni negate in sede amministrativa, non da luogo ad un’impugnativa del provvedimento amministrativo di revoca, ma riguarda il diritto del cittadino ad ottenere la tutela che la legge gli accorda; conseguentemente, il giudice è chiamato ad accertare se sussista, o meno, il diritto alla prestazione, verificandone le condizioni di esistenza alla stregua dei requisiti richiesti "ex lege", con riguardo alla legislazione vigente al momento della nuova domanda, trattandosi del riconoscimento di un nuovo diritto del tutto diverso, ancorchè identico nel contenuto, da quello estinto per revoca. Tale opzione ermeneutica risulta maggiormente rispettosa della "ratio" sottesa alle prestazioni assistenziali che, alla stregua dell’art. 38 Cost., induce a preferire soluzioni volte a riconoscere le prestazioni assistenziali solo in presenza di effettivi bisogni, ed a rifuggire da soluzioni suscettibili di creare ingiustificate disparità di trattamento nell’area di quanti dette prestazioni rivendicano, quale quella che finirebbe per crearsi con riferimento ai requisiti per usufruire delle stesse, tra coloro che chiedono per la prima volta dette prestazioni e quanti, invece, avendo di queste già goduto, ne pretendono un perdurante godimento pur in presenza di mutate, e più favorevoli, condizioni reddituali (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva riconosciuto il diritto al ripristino del beneficio assistenziale reputando estraneo all’accertamento giudiziale il tema della sussistenza del requisito reddituale e dell’incollocamento al lavoro)" (in senso conforme v. anche Cass. sez. lav. n. 4254 del 20/2/2009, Cass. sez. lav. n. 392 del 12/01/2009).

Anche in precedenza si è statuito (Cass. sez. lav. n. 4634 del 6/3/2004) che "allorquando venga revocata una prestazione di invalidità civile, nel giudizio avente ad oggetto la sussistenza o meno del diritto alla prestazione revocata il giudice deve accertare non solo il requisito sanitario, ma anche quello economico, pur se la prestazione sia stata revocata unicamente per il venir meno del requisito sanitario, in quanto in tema di revoca non si deve verificare la legittimità o meno dell’atto amministrativo di revoca o di soppressione della prestazione, ma la sussistenza o meno del diritto alla prestazione con riferimento a tutti gli elementi costitutivi previsti dalla legge, che l’interessato è tenuto a dimostrare e dei quali non può presumersi la permanenza, trattandosi di elementi, quale il requisito reddituale, soggetti a variazione".

Pertanto, atteso che in materia di assegno d’invalidità previsto a favore degli invalidi civili parziali dalla L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 13, il cosiddetto requisito economico ed il requisito dell’incollocazione integrano non già una mera condizione di erogabilità della prestazione ma – al pari del cosiddetto requisito sanitario – un elemento costitutivo della pretesa, se ne ricava che correttamente nella fattispecie l’Inps provvide a sospendere la prestazione, una volta accertato il venir meno del requisito dell’iscrizione della P. nelle liste speciali del collocamento per i disabili. Oltretutto, il giudicato invocato da quest’ultima per il ripristino dell’assegno, precedentemente revocatole a causa della riduzione del suo grado di invalidità civile al di sotto della soglia legale prevista per l’accesso al beneficio, si era formato esclusivamente in merito alla sussistenza del requisito sanitario, per cui il concorrente requisito dell’incollocabilità al lavoro, rappresentante anch’esso un elemento costitutivo del diritto, non era stato interessato da tale decisione;

conseguentemente rimaneva impregiudicato il potere dell’Inps di procedere alla verifica della persistenza di quest’ultimo elemento costitutivo ai fini della erogazione della prestazione richiesta.

Ne consegue che, in accoglimento del ricorso dell’Inps, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio, potendo essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, ultimo periodo, senza che siano necessari all’uopo accertamenti di fatto, per cui la domanda di P.A. va rigettata.

Nulla va disposto in ordine alle spese dell’intero giudizio a norma dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo vigente prima delle modifiche apportate dalla L. n. 326 del 2003, atteso che il ricorso introduttivo risale al 30 aprile del 2002.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Nulla per le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 29 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2012

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