T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I, Sent., 28-01-2011, n. 131

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il proposto ricorso viene impugnato il decreto del 3 settembre 2007, adottato dal Prefetto di Cosenza, con cui si fa divieto al ricorrente di detenere armi, munizioni e materie esplodenti.

Dall’avversato provvedimento si rileva che il ricorrente, in base alle note della Tenenza Carabinieri di Cassano allo Ionio, risulta coinvolto in diversi procedimenti giudiziari per i reati di falsità ideologica, emissione di assegni a vuoto, violenza privata, truffa in danno della CEE. Inoltre, in seguito ad un controllo effettuato sulle armi e munizioni in possesso del ricorrente, sono risultate mancanti alcune decine di munizioni per essere state esplose in occasione delle festività di fine anno.

Avverso il decreto prefettizio è proposto il presente ricorso a sostegno del quale sono dedotte le seguenti censure:

violazione ed errata interpretazione dell’art.39 R.D. del 18 giugno 1931 n.773;

abuso di potere per motivazione carente e/o inesistente e per travisamento dei fatti, per illogicità e contraddittorietà della ricostruzione della fattispecie.

Si è costituita in giudizio l’intimata amministrazione affermando l’infondatezza del ricorso e chiedendo che lo stesso venga respinto.

Alla pubblica udienza del 19 novembre 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il ricorso è infondato e pertanto va respinto.

Come si è detto, con il ricorso in esame è chiesto l’annullamento del decreto del Prefetto di Cosenza con cui è stato fatto divieto al ricorrente di detenere armi e munizioni.

Osserva il Collegio che la licenza di porto d’armi è provvedimento ampliativo che permette l’utilizzo di un mezzo in tutti gli altri casi vietato dall’ordinamento. In materia di rilascio (o di revoca) del porto d’armi, l’Autorità di P.S., poiché deve perseguire la finalità di prevenire la commissione di reati e/o fatti lesivi dell’ordine pubblico, ha un’ampia discrezionalità nel valutare l’affidabilità del soggetto di fare buon uso delle armi; a tal fine il provvedimento di rilascio del porto d’armi e l’autorizzazione a goderne in prosieguo richiedono che l’istante sia una persona esente da mende e al disopra di ogni sospetto e/o indizio negativo e nei confronti della quale esista la completa sicurezza circa il corretto uso delle armi, in modo da scongiurare dubbi e perplessità sotto il profilo dell’ordine pubblico e della tranquilla convivenza della collettività. E ciò anche perché il rapporto giuridico che scaturisce dal rilascio di detta autorizzazione di polizia resta pur sempre subordinato, in tutto il suo svolgimento, alla coincidenza con l’interesse pubblico, rimesso appunto alla valutazione discrezionale della P.A., il cui giudizio non può essere sindacato se non sotto il profilo del rispetto dei canoni di ragionevolezza e della coerenza. (cfr., ex multis, Cons. St. Sez. VI 5.4.2007 n. 152, Sez. IV, 8.5.2003, n. 2424, 30.7.2002, n. 4073; 29.11.2000, n. 6347).

Il divieto di detenere armi adottato dall’autorità di P.S. ai sensi dell’art. 39, r.d. 18 giugno 1931 n. 773 è caratterizzato, quindi, da tratti significativi di discrezionalità, dato che è fondato su un giudizio prognostico di non abuso delle armi da parte del titolare, che ben può essere basato su elementi anche soltanto di carattere indiziario (Consiglio Stato, sez. VI, 06 luglio 2010, n. 4280).

Proprio perché i poteri dell’Autorità di P.S. nella materia in esame sono finalizzati alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, la giurisprudenza amministrativa ritiene che i relativi provvedimenti negativi sono sufficientemente motivati mediante il riferimento a fatti idonei a far dubitare, anche solo per indizi, della sussistenza dei requisiti di affidabilità richiesti dalla normativa in materia (cfr. in argomento, tra le tante, T.A.R. Molise Campobasso, 2 aprile 2008, n. 109), fermo restando che rientra nella discrezionalità amministrativa la valutazione, ai fini del giudizio di affidabilità rispetto al non abuso delle armi, di singoli episodi anche risultati privi di rilevanza penale (cfr. in argomento T.A.R. Piemonte, sez. II, 17 marzo 2007, n. 1317; T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 28 febbraio 2008, n. 341).

In ordine alla valutazione di affidabilità del soggetto interessato circa la detenzione di armi, prevista dall’art. 39 del Testo unico delle leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS), di cui al R.D. 18.6.1931, n.773., ovvero in ordine al giudizio prognostico circa la possibilità che egli ne abusi, il giudice amministrativo è titolare di un sindacato sul vizio di eccesso di potere limitato alla valutazione della congruità e della logicità della motivazione adottata dall’autorità di P.S. (cfr. Cons. Stato Sez. VI, sent. n. 379 del 29012010).

La giurisprudenza amministrativa, infine, relativamente alla motivazione dei provvedimenti in materia di armi, ha stabilito che gli stessi sono censurabili solo se la detta motivazione è del tutto mancante o manifestamente illogica, in quanto spetta all’Amministrazione decidere se il soggetto dia o meno affidamento in ordine al non abuso dell’arma (cfr. Tar Piemonte, sez. 2, 14.4.2004 n. 849; Tar Veneto, 01.06.2001 n. 1383; C.d.S., sez. IV, 19.12.1997 n. 1440).

Alla luce del richiamato e condivisibile orientamento giurisprudenziale, ritiene il Collegio che il provvedimento impugnato è legittimo poiché adeguatamente motivato. Nella specie, infatti, le risultanze informative negative a carico del ricorrente, in atti del presente giudizio, sono sufficienti a giustificare l’apprezzamento operato dall’Autorità prefettizia in ordine al pericolo di abuso, che poi fonda il divieto di detenzione di armi e munizioni.

Nella documentazione prodotta dall’amministrazione, in particolare nella proposta per il diniego della detenzione di armi e munizioni formulata dai Carabinieri della Tenenza di Cassano allo Ionio si legge che il ricorrente è stato sottoposto agli arresti domiciliari per reato di falsità ideologica al fine di conseguire erogazioni pubbliche, è stato destinatario di un avviso orale, condannato per emissione di assegni a vuoto, per violenza privata, arrestato per associazione a delinquere finalizzata alla truffa in danno della CEE, dell’AIMA e dello Stato, denunciato per percosse e danneggiamento, invasione di terreni, truffa e falsità materiale ai danni dell’Inps e Inail.

Nel decreto di revoca del porto d’armi si legge anche che il ricorrente avrebbe esploso le munizioni mancanti (da 40 denunciate inizialmente ne sono state ritrovate solo 14 dai Carabinieri) " in occasione delle festività di fine d’anno secondo una consuetudine ormai invalsa".

Questi elementi, quindi, attesa la ampia discrezionalità che l’ordinamento riconosce all’Amministrazione nel rilascio di una autorizzazione di polizia, ben possono fondare il divieto in questione. Le circostanze sopra enumerate e che fondano il provvedimento impugnato sono sufficientemente idonee a far ritenere legittima la valutazione operata dall’amministrazione secondo cui l’interessato non riunisce più i requisiti soggettivi di affidabilità richiesti per il mantenimento della titolarità della autorizzazione di polizia rilasciata in precedenza.

Alla luce di tali considerazione il ricorso deve essere respinto.

Sussistono giustificate ragione per compensare le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 19 novembre 2010 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Romeo, Presidente

Concetta Anastasi, Consigliere

Anna Corrado, Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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