Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-05-2013) 13-06-2013, n. 26092

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Svolgimento del processo
1. Con decreto in data 26.9.2012 il Presidente del Tribunale di sorveglianza di Roma dichiarava inammissibile, ai sensi dell’art. 666 c.p.p., comma 2, l’istanza presentata da B.R., volta ad ottenere la riabilitazione, per non avere allegato la "prova dell’adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, o della impossibilità di adempiervi".
2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il condannato, a mezzo del difensore di fiducia, denunciando la violazione di legge e vizio della motivazione.
Rileva la apoditticità della motivazione atteso che l’istante aveva indicato che il mancato risarcimento del danno era determinato dall’assoluta assenza di reddito e dalla impossibilità di adempiervi tanto da essere stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato.
Come è stato in più occasioni affermato, la verifica preliminare dell’esistenza delle condizioni richieste dalla legge per la concedibilità di un beneficio richiesto dal condannato, demandata al Presidente del Tribunale di sorveglianza ai sensi dell’art. 666 c.p.p., comma 2, e art. 678 c.p.p., comma 1, riguarda unicamente i presupposti minimi indefettibili in assenza dei quali l’istanza non potrebbe mai trovare accoglimento, ma non può consistere in una valutazione del merito della domanda (Sez. 1, n. 5642, 30/01/1996, Villa, rv. 206445; Sez. 1, n. 20043, 14/05/2008, xxx).
Il presidente di un organo collegiale può dichiarare de plano inammissibile una richiesta, a norma dell’art. 666 c.p.p., comma 2, solo quando facciano difetto i requisiti posti direttamente dalla legge che non implichino alcuna valutazione discrezionale (Sez. 1, n. 277, 13/01/2000, xxx rv. 215368; Sez. 1, n. 5265, 04/12/2001, xxx, rv. 220687; Sez. 1, n. 23101, 19/05/2005, xxx, rv.
232087).
Ribaditi detti principi – che il Collegio condivide – deve rilevarsi come, nella specie, l’istante avesse introdotto elementi in ordine al risarcimento del danno indicando la propria condizione di difficoltà economica di cui chiedeva opportuna verifica.
Conseguentemente, risulta evidente che il provvedimento impugnato è affetto dal dedotto vizio di violazione di legge, avendo il Presidente del tribunale di fatto operato una valutazione di merito senza, peraltro, indicare per quale ragione ha ritenuto che il condannato non avesse dimostrato di trovarsi nella impossibilità di adempiervi.
Il tribunale, invero, avrebbe dovuto procedere alla valutazione di merito con le forme di cui all’art. 666 cod. proc. pen. e secondo quanto disposto dall’art. 683 che, invero, al comma 2 prevede a carico dell’istante un onere di mera indicazione degli elementi dai quali può desumersi la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 179 cod. pen., mentre il tribunale deve acquisire la documentazione necessaria.
Pertanto, il decreto presidenziale impugnato deve essere annullato senza rinvio e deve essere disposta la trasmissione degli atti al Tribunale di sorveglianza dell’Aquila per l’ulteriore corso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il decreto impugnato e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di sorveglianza dell’Aquila.
Così deciso in Roma, il 27 maggio 2013.
Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2013

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