Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 29-08-2012, n. 14685

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Lecce, previa rinnovazione della consulenza tecnica di ufficio, confermava la decisione di primo grado che aveva rigettato, per difetto del requisito sanitario, la domanda proposta da S.M. A. ai fini del riconoscimento del diritto all’assegno di invalidità civile, condividendo le conclusioni dell’ausiliare tecnico secondo cui le patologie riscontrate a carico dell’appellante avevano determinato un grado di invalidità pari al 70%, inferiore, quindi, a quello indennizzabile.

Per la cassazione di questa sentenza la S. ha proposto ricorso fondato su due motivi e ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

L’intimato Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

1. Nel primo motivo con deduzione di vizio di motivazione in relazione alla L. n. 118 del 1971, artt. 12 e 13, nonchè di violazione ed erronea applicazione dell’art. 149 disp. att. c.p.c., si censura la sentenza impugnata per non aver tenuto conto delle critiche rivolte alla c.t.u., per essere quest’ultima affetta da carenze diagnostiche, da affermazioni scientificamente errate, dalla mancata valutazione di alcune patologie. Inoltre, il giudice d’appello non avrebbe preso in esame le deduzioni relative alla valutazione della "capacità semispecifica" (così privando l’interessata dell’aumento al 75% del grado di invalidità) e non avrebbe verificato di ufficio, ex art. 149 citato, se, nel corso del processo, le patologie di cui era portatrice la ricorrente avessero subito un peggioramento tale da determinarne la situazione di invalidità richiesta ai fini del diritto al beneficio reclamato.

2. Il motivo non è fondato.

3. Al riguardo è sufficiente rilevare che: 1) nell’aver deciso di disporre una nuova indagine tecnica era implicito, da parte della Corte territoriale, un giudizio di rilevanza delle critiche mosse dalla S. alla consulenza precedente (vedi Cass. n. 334 del 1998); 2) secondo il costante insegnamento di questa Corte, il controllo del giudice di merito sui risultati dell’indagine svolta dal consulente tecnico d’ufficio si risolve in un tipico apprezzamento di fatto, incensurabile in cassazione, se assistito da motivazione sufficiente; 3) nei giudizi relativi a prestazioni previdenziali o assistenziali, l’accertamento della insussistenza del requisito sanitario, fondato sul recepimento della consulenza tecnica è censurabile, sotto il profilo della insufficienza o illogicità della motivazione, solo se e in quanto sia evidenziata l’esistenza nell’indagine tecnica di affermazioni in palese, comprovato contrasto con le nozioni correnti della scienza medica, mentre non rileva che la parte valuti l’incidenza del dato patologico in modo difforme rispetto a quella ritenuta corretta dal giudice, configurando tale difforme valutazione un mero dissenso diagnostico che si traduce in un’inammissibile richiesta di revisione del merito (cfr., fra tante, Cass. n. 569 del 2011, n. 8417 del 2010, nn. 10222, 9988 e 4254 del 2009, n. 9869 del 2004); 4) del pari irrilevante è la denuncia di omessa diagnosi di alcune patologie allorchè non ne venga evidenziato, con il supporto di adeguate argomentazioni medico – legali, il decisivo valore invalidante (Cass. n. 15318 del 2001); 5) il giudice non ha alcun dovere di disporre di ufficio accertamenti sanitari ulteriori e diversi rispetto a quelli richiesti (e documentati) dalla parte; si che è onere di quest’ultima, allorquando abbia censurato la sentenza per violazione dell’art. 149 disp. att. cod. proc. civ., dimostrare di aver dedotto e documentato l’esistenza di aggravamenti o di nuove infermità di determinante valore invalidante, in modo da rendere palese che la loro positiva valutazione avrebbe comportato con certezza la declaratoria del diritto alla prestazione richiesta in giudizio (cfr. Cass. n. 23160 del 2011, n. 21151 del 2010, n. 14968 del 2003).

4. Nella specie, le censure mosse dalla ricorrente rientrano in pieno tra quelle da giudicare inammissibili alla stregua degli indicati principi giurisprudenziali.

Invero, diversamente da quanto si sostiene in ricorso, la sentenza impugnata ha risposto alle osservazioni formulate dalla S. nei confronti della c.t.u., sottolineandone la genericità per non essere supportate da nuovi probanti elementi obiettivi rispetto a quelli già valutati dall’ausiliare tecnico e ritenendole, quindi, inidonee ad inficiarne il giudizio diagnostico, espresso sulla base della documentazione sanitaria allegata oltre che di un’accurata visita personale. Senza nulla specificamente obiettare a questa valutazione, la ricorrente si limita a riproporre in questa sede le osservazioni alla c.t.u. asseritamente formulate all’udienza del 20.1.2006 (e, dunque, già oggetto del vaglio critico operato dal giudice d’appello), ovvero ad esprimere un diverso apprezzamento della gravita di alcune patologie (ipertensione arteriosa, artrosi osteofitica con discopatie cervicali e lombari, sindrome del tunnel carpale), ovvero, ancora, a segnalare il mancato esame di alcune affezioni (vedi varici varicose) senza, tuttavia, dimostrare la decisiva incidenza di tale omissione sul conclusivo giudizio medico- legale, e, infine, ad addebitare alla Corte territoriale di non aver proceduto di ufficio (ammettendo la ricorrente di non aver formulato alcuna documentata richiesta in tal senso) ad eseguire accertamenti tecnici ulteriori al fine di verificare se il complessivo quadro patologico si fosse aggravato dopo l’espletamento della consulenza tecnica.

5. Quanto alla denuncia di omessa valutazione della "capacità semispecifica" è sufficiente osservare indipendentemente dal rilievo che il ricorso, in violazione del principio dell’autosufficienza, non contiene la trascrizione del verbale dell’udienza del 20.1.2006, nella quale la questione sarebbe stata posta – che si tratta di censura inammissibile perchè inidonea ad evidenziare la decisività dell’asserita omissione, nessuna indicazione essendo stata fornita dalla ricorrente in ordine all’avvenuta allegazione e prova, in sede di merito, del possesso dei requisiti che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr., Cass., nn. 4802/2012, 9807/2008; 1079/1998), consentono di variare in aumento, fino a un massimo di cinque punti percentuali, il grado del danno funzionale permanente determinato in applicazione della tabella approvata dal D.M. 5 febbraio 1992, nè, tantomeno, delle ragioni che imponevano quell’aumento massimo.

6. Nel secondo motivo, sempre con denuncia di violazione della L. n. 118 del 1971, artt. 12 e 13 e di vizio di motivazione, si osserva che la sentenza impugnata non ha eseguito una valutazione globale delle affezioni e ha omesso di rapportare le stesse ad una "attività lavorativa intesa in senso fisico ed economico", tale, cioè, da far conseguire all’interessata un reddito idoneo a garantirle una vita dignitosa.

7. Anche questo motivo è privo di fondamento, risolvendosi nella mera trascrizione di principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità a proposito della interpretazione delle disposizioni normative relative alla prestazione assistenziale oggetto di causa senza, tuttavia, che siano formulate censure idonee ad evidenziarne l’avvenuta violazione da parte del giudice d’appello.

8. In conclusione il ricorso va rigettato.

9. Nulla deve disporsi per le spese del giudizio di cassazione in difetto di attività difensiva dell’Amministrazione intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 9 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2012

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