Corte di Cassazione – Sentenza n. 26813 del 2011 Omette di versare l’assegno di mantenimento

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Osserva

Sull’appello proposto da O. P. avverso la sentenza del Tribunale monocratico di Ragusa in data 21-4-2005 che lo aveva dichiarato colpevole del reato di cui all’art. 570 co. 2 n. 2 c.p. per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla moglie separata ed alla figlia minore, omettendo di versare l’assegno di mantenimento stabilito dal Tribunale di Ragusa con provvedimento del 15-01-2003 e, concessegli le attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena di mesi sei di reclusione ed euro 600,00 di multa, condizionalmente sospesa nonché al risarcimento danni patrimoniali e morali in favore della costituita parte civile, la Corte di appello di Catania, con sentenza in data 13-0I-2009, confermava il giudizio di primo grado, ribadendo la comprovata responsabilità dell’imputato in ordine al reato ascrittogli e l’equità del trattamento sanzionatorio. Avverso detta sentenza l’O. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo a motivi del gravame, a mezzo del proprio difensore:
Violazione dell’art. 606 co. 1 lett.c) c.p.p per mancanza e/o manifesta il logicità di motivazione in ordine alla comprovata sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi del reato contestato ed all’eccessività della pena, con immotivata reiezione dell’invocata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale e della richiesta di indulto.
Il ricorso è infondato e va rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Ed invero, contrariamente all’assunto difensivo, l’impugnata sentenza ha correttamente ribadito
la sussistenza del reato contestato, come motivatamente rappresentato già in primo grado, in relazione alle condizioni oggettive e soggettive della fattispecie ascritta al ricorrente.
Risulta infatti che, pacifica essendo l’omissione dell’assegno di mantenimento alla moglie separata e alla figlia minore, lo stato di bisogno di quest’ultima è in re ipsa, stante l’età e quello della donna è ragionevolmente supportato dall’accertata condizione del tutto precaria. D’altra parte, a fronte di tale stato di bisogno della famiglia, l’imputato ha sostenuto un asserito e non provato stato di incapacità economica alla prestazione del dovuto, sulla base della decisione dell’A.G., fermo restando che tale asserita incapacità dell’agente deve essere assoluta e debitamente comprovata e non, come nella specie, solo genericamente affermata in difetto di benché minimo riscontro. Tanto vale anche a intuibilmente ritenere implicitamente superflua l’invocata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, peraltro richiamata nel ricorso in termini di estrema carenza di specificità. Adeguatamente motivato anche l’aspetto attinente la misura del trattamento sanzionatorio, riservato al potere discrezionale del giudice di merito e, come tale insindacabile in questa sede di legittimità, se, come nella specie, riferito oltre che al protrarsi della condotta illecita contestata, anche alla ritenuta insensibilità verso componenti della propria vita coniugale (cfr. fol 2 sentenza impugnata). Quanto all’indulto trattasi di richiesta che ben può essere formulata in sede esecutiva, stante la già concessa pena sospesa.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Depositata in Cancelleria il 08.07.2011

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