Cass. civ. Sez. II, Sent., 30-08-2012, n. 14724

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Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 26-9-2000 B.S.G., premesso di aver posseduto da oltre venti anni un fondo sito in (OMISSIS) (in catasto partita 3136, f.

6, particella 289), intestato a C.S. e F. F., chiedeva che venisse riconosciuta in suo favore la proprietà del fondo medesimo ex art. 1159 bis c.c..

Procedutosi alle prescritte forma di pubblicità d tale richiesta, C.S. e F.F. proponevano opposizione con atto di citazione notificato il 22-12-2000, deducendo che il C. era proprietario esclusivo del fondo e lo aveva sempre posseduto, mentre la seconda era estranea al giudizio, dal quale, pertanto, chiedeva di essere estromessa.

Il B. si costituiva ribadendo la propria domanda di usucapione.

Con sentenza del 17-9-2002 il giudice unico del Tribunale di Termini Imerese, Sezione Distaccata di Corleone, accoglieva l’opposizione e rigettava la proposta domanda di usucapione.

Con sentenza depositata il 7-3-2006 la Corte di Appello di Palermo rigettava il gravame proposto avverso la predetta decisione dal B..

Quest’ultimo ha proposto ricorso per cassazione avverso a sentenza della Corte di merito, sulla base di tre motivi.

Il C. ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

1) Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 2697 c.c., degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto controverso e decisivo. Deduce che la Corte di Appello, nel ritenere non provata l’epoca di inizio e la durata del possesso, non ha preso in esame le dichiarazioni rese dal B. nel corso del suo interrogatorio formale, non ha motivato sull’attendibilità del teste S. e non ha tenuto conto delle dichiarazioni rese da quest’ultimo.

Il motivo è infondato.

Come è noto, le dichiarazioni rese dalla parte interrogata non possono costituire prova a favore di chi le rende, ma solo a carico dello stesso, ove integrino gli estremi della confessione (Cass. 16-1- 1987 n. 295). Correttamente, pertanto, la Corte di Appello, nel valutare le risultanze probatorie, non ha tenuto conto delle dichiarazioni, favorevoli alla tesi dell’usucapione sostenuta dal B., rese da quest’ultimo nel corso dei suo interrogatorio formale.

Le ulteriori deduzioni svolte con il motivo in esame si risolvono, in buona sostanza, nella richiesta di una valutazione alternativa della deposizione del teste S. rispetto a quella compiuta dalla Corte di Appello, la quale ha ritenuto la testimonianza in questione inidonea a comprovare la sussistenza del requisito temporale richiesto per la maturazione dell’invocato acquisto a titolo originario della proprietà del fondo per cui è causa.

A tale convincimento la Corte territoriale è pervenuta sulla base di una motivazione adeguata e congrua, con la quale ha evidenziato che, a prescindere dai dubbi sollevati dal Tribunale circa l’attendibilità del predetto teste, quest’ultimo, pur avendo confermato che il B. ha esercitato anche il possesso del terreno di proprietà del C., non ha fornito alcuna indicazione temporale riguardo al riferito possesso, se non quello della recinzione realizzata nel 1997-98. Di qui la conclusione, ineccepibile sul piano logico e giuridico, secondo cui la deposizione in esame, data l’epoca di proposizione della domanda, non è idonea a provare l’esercizio del possesso per il tempo necessario ai fini dell’usucapione.

L’apprezzamento espresso al riguardo dal giudice del gravame si sottrae al sindacato di questa Corte, in quanto, come è noto, la valutazione delle risultanze delle prove e il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad una esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. 7-1-2009 n. 42; Cass. 17 luglio 2001 n. 9662, 3 marzo 2000 n. 2404).

2) Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 132 e 161 c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, non avendo la Corte di Appello indicato le ragioni poste a base della decisione, con riguardo al contenuto delle deposizioni rese dai testi in ordine alla durata e al contenuto dei possesso.

Il motivo è privo di fondamento.

La Corte di Appello ha dato sufficiente conto delle ragioni della decisione, spiegando, all’esito di un’esauriente disamina delle deposizioni testimoniali raccolte in corso di causa, che le stesse non consentono di ritenere provato che il B. abbia posseduto il terreno del C., e, in ogni caso, che l’eventuale possesso da parte dell’odierno ricorrente sia stato esercitato per il tempo necessario per l’usucapione.

Non sussistono, pertanto, le violazioni e i vizi denunciati dal ricorrente, dovendosi osservare, in particolare, che la conformità della sentenza al modello di cui all’art. 132 c.p.c., n. 4 non richiede che il giudice di merito dia conto dell’esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettate dalle parti, essendo necessario e sufficiente che egli esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione (Cass. 28-10-2009 n. 22801), offrendo una motivazione logica ed adeguata, evidenziando le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito (Cass. 27-7-2006 n. 17145; Cass. 13-1-2005 n. 520).

3) Con il terzo motivo il ricorrente si duole della violazione dell’art. 345 c.p.c., comma 3, nonchè dell’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione alla ritenuta inammissibilità della richiesta dell’appellante di riaudizione sui luoghi di causa dei testi escussi in primo grado. Sostiene che tale prova era indispensabile, essendo diretta ad individuare con certezza la particella sulla quale il ricorrente aveva esercitato il possesso.

Anche tale motivo deve essere disatteso, alla luce del principio, pacifico in giurisprudenza, secondo cui l’esercizio del potere di disporre la rinnovazione dell’esame dei testimoni ex art. 257 c.p.c., ammissibile nel corso del giudizio d’appello in virtù del richiamo contenuto nell’art. 359 c.p.c., involge un giudizio di mera opportunità, che non può formare oggetto di censura in sede di legittimità, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione (Cass. 20-4-2010 n. 9322; Cass. 29-4-2004 n. 8217; Cass. 30-7-2003 n. 11701; Cass. 1-8-2002 n. 11436; Cass. n. 13-10-2000 n. 13647;

11701/03; Cass. n. 8217/04).

E’ anche superfluo aggiungere che, nella specie, la rinnovazione dell’esame dei testi sui luoghi di causa, secondo la prospettazione del ricorrente, mirava ad individuare con certezza la particella dal medesimo posseduta. Ne discende, con tutta evidenza, l’irrilevanza della invocata riaudizione dei testi ai fini della decisione, in quanto, anche a voler ritenere certa l’identificazione della particella posseduta dal B. con quella di proprietà del C., rimarrebbero non superate le considerazioni svolte dalla Corte di Appello circa la mancata dimostrazione dell’esercizio, da parte dell’odierno ricorrente, del possesso di tale particella per il tempo necessario ai fini dell’usucapione.

4) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese sostenute dal resistente nel presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2012
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