Cass. civ. Sez. II, Sent., 30-08-2012, n. 14720

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Svolgimento del processo
Con citazione del 31.10.1979 C.V. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Catania xxx srl e, premesso di aver stipulato preliminare per l’acquisto di due appezzamenti di terreno in (OMISSIS) la rena per L. 8.300.000 e di essere rimasto debitore per L. 7.477.000 da pagarsi al rogito, chiedeva sentenza ex art. 2932 c.c..
Cancellata la causa dal ruolo il 29.5.1980, veniva dall’attore riassunta con citazione del 17.6.1981 fissandosi l’udienza al 30.6.1996 (a distanza di 15 anni).
Il 31.12.1994 si costituiva la società chiedendo l’anticipazione di udienza e, riconvenzionalmente il rilascio dei terreni occupati ed abusivamente edificati, la demolizione delle costruzioni ed i danni in L. 60.000.000.
Intervenivano volontariamente B.P. e R.M. deducendo che il C. aveva loro ceduto le particelle, e precisamente la 344 alla prima e la 349 al secondo, che avevano edificato, e chiedevano sentenza ex art. 2932 c.c. o di acquisto per usucapione.
La società convenuta resisteva estendendo a questi ultimi le precedenti domande. Con sentenza 747/2000 il Goa accoglieva la domanda di usucapione degli intervenienti e compensava le spese, mentre la Corte di appello di Catania, con sentenza 429/2005, in riforma, condannava B. e R. ai rilascio dei fondi, alla demolizione delle opere ed alle spese nei confronti della società e le compensava tra la società e gli appellanti incidentali eredi C..
La Corte territoriale richiamava la scrittura 24.5.1983 con la quale C. aveva trasferito a B. e R. "gli eventuali diritti ed il possesso" rilevando che quest’ultimo, in quanto mera situazione di fatto non può essere oggetto di negozio traslativo di diritti reali ed il generico riferimento ad eventuali diritti non era idoneo ad individuare l’oggetto della scrittura.
Era inapplicabile l’istituto dell’accessione e non era maturato il termine ventennale. Ricorre R.M. con unico motivo, resiste la società, che ha anche presentato memoria.
Motivi della decisione
Si denunziano violazione degli artt. 1146 e 1158 c.c. e vizi di motivazione criticando l’esclusione dell’istituto dell’accessione e la decisione impugnata che, richiamando il costante orientamento giurisprudenziale secondo cui può farsi luogo ad accessione se il passaggio del possesso si ricolleghi ad un titolo astrattamente idoneo al trasferimento della proprietà o di altro diritto reale, ha respinto la domanda.
La scrittura ha trasferito tutti i diritti, ivi compresa la proprietà.
La censura è infondata.
A prescindere dalla circostanza che, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, non si riporta la scrittura invocata, la Corte di appello ha statuito che il generico riferimento ad eventuali diritti ed al possesso era formula equivoca che comportava indeterminatezza dell’oggetto e la mera situazione di fatto non dava luogo ad un negozio traslativo di diritti reali.
L’odierna diversa lettura circa il trasferimento della proprietà, in contrasto con quanto risulta dalla sentenza a pagina otto, secondo la quale gli intervenienti hanno fatto discendere dalla scrittura il mero acquisto del possesso nonchè il diritto ad ottenere sentenza ex art. 2932 c.c., comporta l’inammissibilità della deduzione.
La singolarità della vicenda, con citazione a 15 anni di distanza e successivo intervento, costituisce ulteriore motivo per confermare, in mancanza di qualsiasi elemento da cui si deduca un possesso ventennale, la statuizione censurata. Per la configurabilità del possesso "ad usucapionem", poi, è necessaria la sussistenza di un comportamento continuo, e non interrotto, inteso inequivocabilmente ad esercitare sulla cosa, per tutto il tempo all’uopo previsto dalla legge, un potere corrispondente a quello del proprietario o del titolare di uno "ius in re aliena" ("ex plurimis" Cass. 9 agosto 2001 n. 11000), un potere di fatto, corrispondente al diritto reale posseduto, manifestato con il compimento puntuale di atti di possesso conformi alla qualità e alla destinazione della cosa e tali da rilevare, anche esternamente, una indiscussa e piena signoria sulla cosa stessa contrapposta all’inerzia del titolare del diritto (Cass. 11 maggio 1996 n. 4436, Cass. 13 dicembre 1994 n. 10652).
Nè è denunciabile, in sede di legittimità, l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alla validità degli eventi dedotti dalla parte, al fine di accertare se, nella concreta fattispecie, ricorrano o meno gli estremi di un possesso legittimo, idoneo a condurre all’usucapione (Cass. 1 agosto 1980 n. 4903, Cass. 5 ottobre 1978 n. 4454), ove, come nel caso, sia congruamente logica e giuridicamente corretta. Alla cassazione della sentenza si può giungere solo quando la motivazione sia incompleta, incoerente ed illogica e non quando il giudice del merito abbia valutato i fatti in modo difforme dalle aspettative e dalle deduzioni di parte (Cass. 14 febbraio 2003 n. 2222).
In definitiva, il ricorso va interamente rigettato, con la conseguente condanna alle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 2200,00, di cui 2000,00 per onorari, oltre accessori.
Così deciso in Roma, il 20 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2012

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