Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 28-05-2013) 05-12-2013, n. 48763

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con sentenza pronunciata il 31.5.2012 il tribunale di Roma, in composizione monocratica, in funzione di giudice di appello, confermava la sentenza con cui, in data 19.10.2011, il giudice di pace di Roma aveva assolto P.P., imputata del reato di cui all’art. 595 c.p., di cui si ipotizzava la consumazione in danno di T.U., con la formula perchè il fatto non costituisce reato, essendo stato commesso nell’esercizio di un diritto. Avverso tale decisione, di cui chiede l’annullamento, ha proposto ricorso per Cassazione la parte civile costituita.
T.U., lamentando i vizi di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d) ed e), sotto il profilo della mancata assunzione di una prova decisiva, nonchè della contraddittorietà e della manifesta illogicità della motivazione.
Tanto premesso, il ricorso va dichiarato inammissibile. Alla stregua di un principio ripetutamente enunciato da questa Corte Suprema (v., ex plurimis, Cass., sez. 5, 15/07/2009, n. 43982, rv. 245429; Cass. 14/5/1997 n. 6364), infatti, la legittimazione a proporre ricorso per Cassazione è riconosciuta al difensore di una parte diversa dall’imputato, purchè iscritto all’apposito albo, soltanto se questi sia munito di procura speciale, ai sensi dell’art. 100 c.p.p., comma 1: in mancanza di che il ricorso va dichiarato inammissibile.
Orbene nel caso in esame il ricorso risulta presentato dall’avv. xxx, sulla base del semplice atto con cui, in data 10.9.2012, la parte civile la nominava proprio difensore, in sostituzione dell’avv. xxx (che aveva assistito il T. nei due gradi del giudizio di merito) e nel quale venivano conferite al suddetto avv. xxx "le più ampie facoltà previste dalla legge", in mancanza, dunque, di una specifica procura speciale, avente il contenuto prescritto, a pena di inammissibilità, dall’art. 122 c.p.p..
Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso proposto nell’interesse di T.U. va dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento, nonchè in favore della cassa delle ammende di una somma a titolo di sanzione pecuniaria, che appare equo fissare in Euro 1000,00, tenuto conto della circostanza che l’evidente inammissibilità del ricorso non consente di ritenere il ricorrente stesso immune da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 28 maggio 2013.
Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2013

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