Cass. civ. Sez. II, Sent., 30-08-2012, n. 14713

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Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 19 giugno 1986 B. N. evocava, dinanzi al Tribunale di Milano, la sorella B.S. per sentire pronunciare lo scioglimento della comunione ereditaria relativa ai beni del padre B.P. deceduto il (OMISSIS), devoluti per successione legittima in nuda proprietà alle sorelle B. ed in usufrutto alla moglie del de cuius, M.M., madre delle parti in causa, asse ereditano che era costituito da un fabbricato di due piani e da un terreno, immobili siti in (OMISSIS), nonchè da altro terreno sito in (OMISSIS), precisando che il fabbricato era stato adibito, in parte, a residenza della famiglia della convenuta, per altra parte, a studio professionale del marito di quest’ultima e, per altra parte ancora, concesso il godimento a terzi ad uso ufficio per cui oltre all’assegnazione a ciascuna condividente di porzioni delle rispettive quote, chiedeva la condanna della convenuto al versamento del corrispettivo dalla stessa dovuto per l’avvenuto godimento di una delle porzioni immobiliari comuni.

Instauratosi il contraddittorio, nella resistenza di B. S., che aderiva alla domanda di scioglimento della comunione, ma contestava di dovere un corrispettivo per il godimento dell’immobile eccependo la prescrizione quinquennale spiegata riconvenzionale per ottenere la quota di spettanza delle spese sostenute per la manutenzione dell’immobile in comunione, il Tribunale adito, espletata istruttoria, anche con c.t.u, con sentenza n. 11120/2001, dichiarava lo scioglimento della comunione ereditaria tra e parti, conferendo efficacia esecutiva al progetto divisionale denominato "alternativo" di cui alla c.t.u. e condannando la B.S. al pagamento a titolo di indennizzo per l’occupazione di porzione immobiliare comune, della somma di L. 40.000.000, rigettata la riconvenzione rimettendo la causa al G.I. per le operazioni di sorteggio.

All’udienza del 23.1 2002 il G.I. procedeva a l’assegnazione delle quote mediante sorteggio. In virtù di rituale appello interposto da B.S. con il quale preliminarmente deduceva l’illegittimità della procedura di sorteggio svoltasi prima del passaggio in giudicato della sentenza che aveva pronunciato lo scioglimento della comunione ereditaria, nonchè la erroneità della medesima decisione quanto all’assegnazione dei lotti, per non avere il giudice di prime cure valutato la prova dell’accordo intercorso tra le sorelle, la Corte di appello di Milano, nella resistenza dell’appellata, in accoglimento dei gravame e in parziale riforma della sentenza del giudice di primo grado, assegnava all’appellante, la quota A del progetto alternativo ed all’appellata la quota B del medesimo progetto, rigettava la domanda dell’appellata di indennizzo per l’occupazione di porzione immobiliare comune, confermata per il resto del decisione del giudice di primo grado.

A sostegno della adottata sentenza la corte distrettuale – ritenuta preliminarmente l’ammissibilità della domanda dell’appellante di attribuzione diretta alla stessa del lotto comprendente la propria abitazione familiare, trattandosi di emendatio consentita della originaria prospettazione di divisione – evidenziava che non essendo assoluto i principio posto dall’art. 729 c.c. secondo cui l’assegnazione delle porzioni uguali andava fatta mediante estrazione a sorte, diversamente da quanto disposto dal giudice di prime cure doveva essere preferito quello della diretta assegnazione dei lotti alle due condividenti, soluzione che consentiva di tenere conto della concreta specifica situazione degli immobili ricompresi in ciascun lotto.

Aggiungeva quanto alla domanda di indennità per il godimento del bene comune, che dalle prove testimoniali assunte, nonchè dallo stesso interrogatorio formale dell’appellata emergeva che l’uso dell’immobile comune era stato regolato dalle coeredi quanto meno per facta concludentia, nei senso dell’uso esclusivo di una porzione da parte della coerede S. e dell’attribuzione alla coerede N. dei proventi ricavati dall’uso indiretto dell’altra porzione, nonchè di una somma a conguaglio, disciplina riconducibile allo schema dell’art. 1102 c.c..

Avverso la indicata sentenza ha proposto ricorso per cassazione B.N., articolato su quattro motivi al quale ha resistito B.S. con controricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 100 e 345 c.p.c. (vecchio testo), nonchè vizio di motivazione per avere la corte di merito, da una parte, ritenuto sussistere l’interesse ad impugnare in capo a B. S., nonostante la stessa avesse chiesto lo scioglimento della comunione sulla base del c.d. piano alternativo, decisione che, sotto altro profilo, non teneva conto che la medesima S. non aveva formulato alcuna istanza di assegnazione della prima porzione di detto progetto. Il motivo è fondato nei termini di seguito esposti.

Secondo la giurisprudenza costante di questa Corte (cfr., da ultimo, Cass. 23 maggio 2008 n. 13373), l’interesse all’impugnazione, il quale costituisce manifestazione del generale principio dell’interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. ed è un riflesso della posizione della parte, va desunto dall’utilità giuridica e non meramente di fatte che da l’eventuale accoglimento del gravame possa derivare alla parte che lo propone e si collega pertanto alla soccombenza anche parziale nella precedente fase di giudizio.

Nel caso in esame, introdotto il giudizio di a visione ereditaria dalla germana B.N., domanda cui aderiva la sorella S. il giudice di prime cure dichiarava sciolta la comunione e procedeva alle operazioni di sorteggio delle porzioni oggetto del progetto di divisione su indicazione delle stesse parti, pur avendo affermato essere preferibile la divisione secondo il progetto dalla stessa S. chiesto nelle conclusioni di primo grado.

Ciò posto, il giudice distrettuale ha ritenuto sussistere l’interesse ad impugnare in capo alla predetta S. in presenza della necessità di evitare un pregiudizio pratico derivante dall’assegnazione alla sorella del lotto comprendente i locali già adibiti ad abitazione della stessa S.; nè poteva ravvisarsi acquiescenza alla procedura del sorteggio per essersi ella limitata a presenziare all’udienza, dovendosi interpretare la richiesta di entrambi i difensori a che il giudice istruttore provvedesse all’assegnazione mediante sorteggio quale atto di esecuzione della sentenza disponente il sorteggio.

Tale convincimento non può essere condiviso.

Invero dalle stesse argomentazioni sopra richiamate della sentenza impugnata si evince con chiarezza che entrambe le parti avevano chiesto che i beni relitti del de cuius fossero da attribuire mediante sorteggio, a norma dell’art. 729 c.c..

Orbene, in ipotesi di quote uguali, il metodo di assegnazione per sorteggio sancito dall’art. 729 c.c., pur non potendosi ritenere tassativo, costituisce certamente l’opzione normale che può essere disattesa solo in presenza di valide ragioni, delle quali il giudice deve dare puntualmente conto (cfr Cass. 9 dicembre 1995 n. 12630 Cass 22 agosto 2003 n. 12333). Nel caso di specie, non essendo state ritenute sussistenti esigenze che consigliassero l’attribuzione diretta di una o di entrambe le quote, non essendo impegnativa in tal senso la preferenza espressa dal giudice istruttore nella iniziale proposta di divisione il punto rilevante era solo quello di accertare se le quote dei singoli condividenti dovessero considerarsi uguali.

Detto capo della decisione, di converso non risulta avere formato oggetto di impugnazione da parte della appellante.

Deve, quindi, affermarsi il principio per cui a fronte della non contestazione della valutazione della consistenza delle quote, deve farsi riferimento al sorteggio quale criterio ordinario per garantire il più possibile l’imparzialità in sede di attribuzione delle porzioni ai singoli condividenti, ricorrendo, peraltro, nella specie il presupposto di un accordo delle parti in ordine alla sorte sul progetto di visionale e la aleatorietà dell’esito del sorteggio conseguenza naturale del procedimento.

Conseguentemente l’impugnato provvedimento del giudice distrettuale che ha riconosciuto l’interesse ad impugnare le operazioni di estrazione a sorte dei lotti in capo alla germana S. va cassato.

Con il secondo motivo viene denunciata la violazione dell’art. 329 c.p.c., comma 1, nonchè il vizio di motivazione, per avere erroneamente ritenuto la corte di merito che il comportamento della appellante in sede di udienza fissata per il sorteggio, laddove non aveva sollevato alcuna contestazione, non configurasse ipotesi di acquiescenza alla sentenza dello stesso Tribunale.

Con i terzo motivo viene denunciata la violazione dell’art. 729 c.c. artt. 229 e 116 c.p.c., nonchè il vizio di motivazione, per avere il giudice del gravame ritenuto sussistere ipotesi di deroga al criterio del sorteggio nonostante la inesistenza di ragioni oggettive, legate alla condizione dei beni, quale risulterebbe dall’applicazione della regola dell’estrazione a sorte. Prosegue la ricorrente che pure apoditticamente è stato affrontato il convincimento dell’esistenza di una volontà espressa da B.N. in ordine all’assegnazione della quota A alla sorella sulla mera scorta dell’affermazione contenuta in via incidentale nello scritto difensivo del procuratore.

Tutte le enunciate censure restano assopite all’esito dell’accoglimento del primo motivo di ricorso, essendo nella sostanza dirette a contestare che la Corte di appello abbia legittimamente dichiarato ammissibile il gravame interposto dalla odierna resistente.

Con il quarto motivo viene lamentata la violazione dell’art. 1102 c.c., oltre al vizio di motivazione non rientrando l’utilizzo esclusivo dei locali in contestazione effettuato da B.S. nello schema di cui alla norma invocata, in assenza di una specifica pattuizione mai intervenuta fra le parti in tal senso. La censura, prima che infondata, è inammissibile.

Premesso che l’inciso dell’art. 1102 c.c. costituisce un richiamo ultroneo, che non è assorbente della ratio decidendi, il giudice di appello ha ritenuto di derogare al principio posto dall’art. 729 c.c., preferendo quello della diretta assegnazione dei lotti alle due condividenti alla luce della concreta specifica situazione degli immobili ricompresi in ciascun lotto (v. pag. 18 della decisione).

Rilevato, quindi, che la sentenza impugnata ha correttamente manifestato le fonti del convincimento maturato, trattandosi di apprezzamento di puro merito, si deve ritenere che al riguardo si è in presenza di un accertamento di fatto sorretto da motivazione sufficiente, seppure sintetica, e priva di vizi logici, come tale incensurabile in questa sede (cfr, in tal senso, Cass. 2 marzo 2007 n. 4974).

In definitiva accogliendo per quanto di ragione il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo ed il terzo, rigettato il quarto motivo, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente al capo concernente il riconoscimento dell’interesse dell’appellante – odierna resistente ad impugnare le operazioni di estrazione a sorte dei lotti.

Trattandosi di violazione di legge e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa, a norma dell’ultima parte del comma 1 dell’art. 384 c.p.c., deve essere decisa nel merito con conseguente dichiarazione di inammissibilità dell’appello alla decisione di primo grado relativamente al capo con cui e stata disposta l’assegnazione a sorte delle quote alle condividenti.

La sentenza di appello resiste anche quanto alla statuizione sulle spese processuali, integralmente compensate fra le parti le spese di entrambi i giudizi di merito, essendo stato annullato un solo capo della sentenza impugnata.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono il principio della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione, assorbiti il secondo ed il terzo motivo; dichiara inammissibile il quarto motivo; cassa la sentenza impugnata nei limiti di cui sopra e decidendo nel merito, dichiara inammissibile l’appello alla decisione di primo grado relativamente al capo di disposta assegnazione a sorte delle quote.

Condanna parte resistente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in complessivi Euro 3.200, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori, come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 2^ Sezione Civile, il 29 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2012

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