Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 28-05-2013) 13-11-2013, n. 45635

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Svolgimento del processo

Con sentenza in data 19.4.2012 la Corte di Appello di Reggio Calabria confermava nei confronti di S.D. la sentenza emessa in data 4.3.2009 dal Giudice monocratico del Tribunale, con la quale l’imputato era stato dichiarato responsabile del reato di cui agli artt. 99 e 624 c.p. – art. 625 c.p., n. 4, per aver sottratto una borsa dall’auto di F.C., (acc. con recidiva e aggravante di aver commesso il fatto con destrezza).

Per tale reato era stata inflitta la pena di anni due di reclusione Euro 500,00 di multa.

Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore, deducendo: 1 – carenza della motivazione; erronea valutazione delle risultanze indicate nella deposizione del teste A. e nel riconoscimento effettuato dalla persona offesa. In tal senso la difesa deduceva la violazione dell’art. 192 c.p.p., evidenziando, in primo luogo, che il giudice di merito avrebbe dovuto pronunziare l’assoluzione dell’imputato, e che erano state erroneamente valutate le risultanze dibattimentali. Sul punto la difesa rilevava che la ricostruzione del fatto era stata effettuata in relazione alla deposizione della teste A., ed al successivo riconoscimento dell’imputato operato dalla predetta, e che ciò era avvenuto nella concitazione del momento, avendo l’ A. inseguito il ricorrente, onde la difesa riteneva viziata tale deposizione dalla confusione che si era determinata, tanto che era stato descritto un soggetto dall’abbigliamento che non rispondeva a quello del S., ritenendo privo di certezza il rinvenimento nella abitazione del prevenuto di un capo di abbigliamento simile a quello descritto dalla persona offesa.

Infine la difesa riteneva ugualmente priva di rilevanza ai fini probatori la circostanza che il ricorrente fosse stato fermato, poco prima del verificarsi dell’episodio delittuoso, in luogo limitrofo.

Per tali rilievi concludeva chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

Il ricorso deve ritenersi inammissibile.

Invero la sentenza impugnata rende adeguata motivazione per quanto riguarda la ricostruzione dell’episodio delittuoso, effettuata in base alle dichiarazioni della persona offesa, la quale aveva descritto le modalità dell’azione, ed aveva riconosciuto l’imputato come colui che ella aveva inseguito, dopo che si era impossessato della borsa della propria madre, che era all’interno dell’autovettura, aprendo repentinamente lo sportello.

Peraltro la sentenza specifica che l’imputato era stato fermato in luogo prossimo a quello in cui si era verificato il fatto.

Orbene la Corte territoriale ha specificamente motivato, con logiche argomentazioni, sulla infondatezza delle censure difensive, tendenti a far ritenere incerta l’individuazione del ricorrente, in base alla circostanza che egli al momento del fermo, era dotato di un capo di abbigliamento di colore diverso da quello menzionato dalla persona offesa.

In presenza di tale adeguata motivazione, deve dunque ritenersi inammissibile il ricorso, essendo articolato in base a rilievi in fatto, meramente ripetitivi di quelli svolti in grado di appello, in merito dei quali il giudice dell’impugnazione ha dato conto con specifica e logica motivazione.

Deve dunque ritenersi manifestamente infondata la censura attinente alla violazione dell’art. 192 c.p.p., in riferimento al combinato disposto degli artt. 125 c.p.p. e art. 546 c.p.p., lett. c) non rivelandosi alcuna carenza della motivazione ovvero travisamento di dati probatori richiamati dal ricorrente,le cui deduzioni tendono alla diversa interpretazione delle risultanze dibattimentali.

Va pertanto dichiarata l’inammissibilità del ricorso, a cui consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 a favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, e al versamento della somma di Euro 1.000,00 a favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 28 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2013

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