Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 28-05-2013) 07-11-2013, n. 45129

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
1. P.V. è stato condannato dal Tribunale in composizione monocratica di Cosenza, con sentenza del 21 maggio 2009, confermata dalla Corte di appello di Catanzaro, in data 2 luglio 2012, per il delitto di furto di energia elettrica, aggravato dalla violenza sulle cose, relativo all’utenza dell’immobile abitato dall’imputato, furto emerso a seguito di un intervento di verificatori dell’xxx.
2. Ricorre per cassazione l’imputato, con ricorso redatto dal difensore, avv. xxx, affidato a due motivi:
a) inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, in riferimento all’art. 178 c.p.p., lett. C, artt. 180 e 181 c.p.p., per l’omessa notifica del decreto di citazione a giudizio al difensore di fiducia.
Il ricorrente rileva che la notifica è avvenuta a mani di un difensore di ufficio, all’uopo designato, pur essendo in atti nomina del difensore di fiducia, contenuta in una istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, antecedente all’emissione del decreto di citazione.
b) violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. E, in relazione alla contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione sulla sussistenza del fatto e sulla sua attribuibilità all’imputato, non essendo emerso dall’istruttoria a che epoca risalisse la manomissione del contatore, chi fosse il proprietario dell’immobile e a quanto ammontasse il consumo di energia elettrica indebitamente carpito, circostanza questa che comportava altresì indeterminatezza del capo di imputazione.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è infondato e pertanto va rigettato.
1.1 Quanto al primo motivo, relativo all’omessa notifica del decreto di citazione al difensore di fiducia, va considerato che effettivamente il decreto di citazione a giudizio fu notificato al difensore di ufficio, avv. xxx, e non al difensore di fiducia, risultante dall’istanza di ammissione al patrocinio dello Stato del 16 gennaio 2008, avv. xxx.
Purtuttavia tale nullità, da considerarsi a regime intermedio, a norma dell’art. 178 c.p.p., lett. C, riguardando l’assistenza dell’imputato, deve ritenersi sanata, a norma dell’art. 184 c.p.p., comma 1, poichè il difensore è comparso (attraverso il proprio sostituto, avv. xxx) all’udienza del 18 novembre 2008, senza nulla eccepire; nè l’eccezione è stata formulata all’udienza del 22 gennaio 2009, ma solamente in data 7 aprile 2009, allorchè la difesa di fiducia aveva potuto godere del termine di 60 giorni prescritto dall’art. 552 c.p.p., comma 3.
1.2 Costituisce infatti principio consolidato (da ultimo Sez. 2, n. 3192 del 10/01/2013, Pmt in proc. xxx, Rv. 254496) che nel caso di nullità della notificazione del decreto di citazione o di inosservanza del termine stabilito dall’art. 552 c.p.p., comma 3, il giudice del dibattimento deve provvedere egli stesso a rinnovare la notifica, e non può disporre la restituzione degli atti al p.m. con un provvedimento che, determinando una indebita regressione del processo, si configurerebbe come abnorme (Sez. U, n. 28807 del 29/05/2002, xxx, Rv. 221999).
2. Il secondo motivo deve essere dichiarato inammissibile, in quanto manifestamente infondato per la parte in cui contesta l’esistenza di un apparato giustificativo della decisione, che invece esiste; non consentito e per giunta generico, per la parte in cui pretende di valutare, o rivalutare, gli elementi probatori al fine di trarne conclusioni in contrasto con quelle del giudice del merito, chiedendo alla Corte di legittimità un giudizio di fatto che non le compete.
Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali. I motivi proposti tendono, appunto, ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento, sottolineando che l’allacciamento era avvenuto con un cavetto volante nero 2×6 mm, lungo circa 6 metri e avente origine dalla cassetta xxx esterna fino al circuito elettrico dell’abitazione e che la condotta dell’imputato appare inequivocabile rispetto al reato contestato, essendo egli occupante dell’appartamento e dunque unica persona ad aver interesse al consumo dell’energia.
2.1 L’affermazione del P., in sede di spontanee dichiarazioni dibattimentali, di aver trovato già presente l’allaccio abusivo e di versare la somma di 20 euro alla padrona di casa per il consumo, sono state ritenute inattendibili, perchè generiche (non avendo il P. nemmeno indicato il nominativo della padrona di casa) e tardive (fatte per la prima volta in dibattimento).
2.1 In punto di diritto costituisce principio consolidato quello secondo cui integra il reato di furto aggravato dalla violenza sulle cose (art. 624 c.p. e art. 625 c.p., comma 1, n. 2) e non quello di violenza privata (art. 610 c.p.) la sottrazione di energia elettrica previa effrazione del contatore di erogazione, ancorchè detta manomissione, preordinata a ripristinare l’allacciamento dell’utenza distaccata per morosità, non determini il blocco del conteggio dell’importo conseguente al flusso di energia erogata, consentendo all’xxx di accertarne il quantitativo corrisposto, in quanto la registrazione del consumo ha solo natura di prova del fatto e della entità del danno causato ed il delitto è, pertanto, perfetto anche ove manchi l’occultamento della energia sottratta (Sez. 5^, n. 45325 del 17/10/2005, xxx, Rv. 232736).
2.2 La censura di indeterminatezza del capo di imputazione è parimenti inammissibile, poichè è prevista come motivo di nullità dall’art. 552 c.p.p., comma 2, e si tratta di una nullità non assoluta, perchè non integra una ipotesi di omessa citazione dell’imputato; sulla natura di tale nullità la giurisprudenza della Cassazione è costante nel ritenere che essa non è neppure di ordine generale a norma dell’art. 178 c.p.p., ma rientra tra quelle relative di cui all’art. 181 c.p.p., con la conseguenza che essa non può essere rilevata d’ufficio, ma deve essere eccepita, a pena di decadenza, entro il termine previsto dall’art. 491 c.p.p., (Sez. 5^, n. 29933 del 16/06/2006, xxx, Rv. 235150).
3. In conclusione il ricorso è infondato e la sentenza della Corte di appello di Catanzaro dev’essere confermata. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 28 maggio 2013.
Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *