Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 28-05-2013) 07-11-2013, n. 45127

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Svolgimento del processo
1. Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Milano confermava la sentenza del Tribunale di Milano del 24 novembre 2010, nei confronti di D.V.M.G., con condanna alla pena di giustizia per i delitti di bancarotta patrimoniale preferenziale, bancarotta documentale e bancarotta semplice, quale amministratore delegato della "xxx" s.r.l., società specializzata nella produzione e commercializzazione delle schede magnetiche finalizzate alla telefonia, dichiarata fallita dal Tribunale di Milano con sentenza dell’8 aprile 2004, in concorso con altri soggetti giudicati separatamente.
Il D.V. è stato ritenuto responsabile di bancarotta preferenziale (capo A) per aver conferito in restituzione ai soci Euro 200.000; di bancarotta semplice (capo B) per non aver richiesto il fallimento in proprio; di bancarotta fraudolenta documentale (capo C) per aver tenuto i libri e le scritture contabili in maniera da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, in particolare registrando conferimenti non riscontrati contabilmente.
2. Contro la sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato, con atto dei propri difensori, avvocati xxx xx e xxx xx, affidandolo a quattro motivi.
2.1 Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. B e C, per violazione delle norme previste a pena di nullità sulla celebrazione della fase dell’udienza preliminare, e conseguente nullità di tutti gli atti successivi.
A giudizio del ricorrente c’è stata erronea applicazione delle norme in tema di irreperibilità dell’imputato e, conseguentemente, erronea notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare presso lo studio del difensore d’ufficio, nonchè omessa declaratoria della contumacia alla prima udienza preliminare.
2.2 Con riferimento alla dichiarazione di irreperibilità, la difesa ha prodotto già in appello un certificato di residenza dell’imputato, anteriore alla data dell’udienza preliminare, dal quale risulta il completo indirizzo dello stesso in (OMISSIS);
deduce pertanto che il G.U.P avrebbe dovuto disporre ricerche al’estero e lamenta mancanza di motivazione sul relativo motivo di appello.
2.3 Con riferimento all’omissione dell’ordinanza dichiarativa della contumacia, il ricorrente indica recenti decisioni di questa Corte (Sez. 1^, n. 15814 del 19/03/2009, xxxi, Rv. 243733; Sez. 6^, n. 14376 del 26/02/2009, xxx, Rv. 243260) che secondo la sua tesi hanno superato quella concezione della dichiarazione di contumacia "ora per allora", in forza della quale sarebbe legittimo dichiarare oggi ciò che era già agli atti ieri, senza che si crei una nullità nel periodo intermedio.
3. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. B e C, per violazione delle norme in tema di reati fallimentari e manifesta contraddittorietà della motivazione sulla responsabilità dell’imputato. Secondo il ricorrente le decisioni di merito sono fondate su parziali ed errate affermazioni di fatto.
Infatti l’imputato, quale legale rappresentante della xxx s.r.l., sottoscrisse un contratto di locazione di ramo d’azienda con la società xxx. s.p.a., di cui la prima società era pesantemente creditrice, quale fornitrice, ma l’operazione si rivelò disastrosa, tanto da condurre la xxx s.r.l. al fallimento e l’imputato a perdere tutto il suo patrimonio. La xxx s.r.l. andò a costituire la società "xxx" s.r.l. insieme alla xxx. s.p.a. ed alla xxx, facenti capo a C.F. e P.M. ed a seguito del sequestro delle quote degli altri soci, per i reati di truffa e falso a loro contestati, la società non ha più potuto operare; di conseguenza doveva escludersi che le condotte di restituzione dei finanziamenti erogati dai soci potessero essere consapevolmente lesivi della par condicio creditorum.
3.1 Quanto poi alla bancarotta semplice (capo B), a giudizio del ricorrente vi è stata violazione dell’art. 522 c.p.p., per la diversità del fatto ritenuto in è? sentenza rispetto a quello contestato.
3.2 Quanto infine alla bancarotta documentale, dall’istruttoria dibattimentale è emersa la infondatezza dell’accusa, sia con riferimento alla contabilizzazione del pagamento di due professionisti, contestato anche come ipotesi di bancarotta preferenziale (ritenuto insussistente), sia con riferimento al pagamento in favore del dipendente G. di 6560,00 Euro, registrato per cassa e realmente avvenuto.
4. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. B e C, per violazione delle norme in tema di reati fallimentari e manifesta contraddittorietà della motivazione in punto di qualificazione giuridica dei fatti di cui al capo C dell’imputazione (bancarotta documentale).
4.1 Il ricorrente deduce innanzi tutto la contraddittorietà della motivazione, che da una parte ritiene provata la restituzione di conferimenti per Euro 200.000, a fini di distrazione, e dall’altra ritiene non riscontrati contabilmente tali conferimenti, sia pure per Euro 500.000. Nello specifico, poi, osserva che la responsabilità del D.V. non è legata alla omissione di annotazioni obbligatorie o di tenuta di documenti contabili, ma solamente alla esistenza di una movimentazione registrata per cassa, che avrebbe reso complicato operare riscontri alla curatela; tale condotta integrerebbe al più il reato di bancarotta semplice documentale.
4.2 Inoltre sottolinea che la tenuta della contabilità era affidata ad una società esterna esperta del settore, sicchè il titolo di responsabilità dell’imputato potrebbe essere solo colposo, per inosservanza dei doveri di vigilanza.
5. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. B e C, in relazione alla erronea determinazione della pena e mancanza di motivazione sulla concreta commisurazione.
Pur riconoscendo le attenuanti generiche, il giudice parte da una pena superiore al minimo (3 anni e 9 mesi di reclusione) per concludere, per effetto dell’art. 62 bis c.p., a due anni e sei mesi di reclusione, così sottovalutando l’atteggiamento processuale collaborativo e l’entità contenuta del danno ed attribuendo al D. V. la responsabilità per il complessivo dissesto di tre società, che invece sono ascrivibili ai due soci, tanto da essere oggetto di separato processo a loro carico.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo è parzialmente fondato, nella parte in cui eccepisce la nullità della dichiarazione di contumacia del ricorrente, riproponendo l’eccezione sollevata in primo grado, all’udienza del 10 dicembre 2008 ed ancora nei motivi di appello.
1.1 Per un verso, infatti, non può condividersi la censura riguardante la dichiarazione di irreperibilità, poichè correttamente il pubblico ministero di Milano, all’esito delle ricerche anagrafiche dalle quali il D.V. risultava "irreperibile dal 13.7.2006" (cfr. verbale di vane ricerche della polizia municipale del comune di Milano del 27 novembre 2006) e dell’interrogazione dell’Amministrazione carceraria centrale, ha decretato, ai sensi dell’art. 159 c.p.p., l’irreperibilità dell’indagato; non essendo l’inquirente a conoscenza dell’esatto recapito all’estero del D.V., non sussisteva alcun obbligo di disporre apposite ricerche all’estero (Sez. 1^, n. 27552 del 23/06/2010, Loncaric, Rv. 247719; Sez. 2^, n. 22662 del 18/02/2009 xxx, Rv. 244726).
2. Fondato è invece l’altro profilo evidenziato dal ricorrente.
2.1 In punto di fatto va chiarito che all’udienza preliminare del 17 luglio 2007, a causa dell’astensione degli avvocati, fu disposto rinvio dell’udienza al 17 ottobre 2007 "per i medesimi incombenti", previa sospensione dei termini di prescrizione e non fu disposto alcun avviso; dal verbale dell’udienza, particolarmente chiaro perchè predisposto al computer, l’imputato D.V. risulta "libero non presente" e, mancando il difensore di fiducia, ne viene nominato uno immediatamente reperibile ai sensi dell’art. 97 c.p.p., comma 4.
All’udienza del 17 ottobre 2007 venne dichiarata la contumacia dell’imputato "rilevato che l’imputato non è comparso all’odierna udienza e non ricorrono le condizioni indicate nell’art. 420 c.p.p., comma 2, art. 420 bis c.p.p. e art. 420 ter c.p.p., commi 1 e 3";
anche in questo caso la situazione è particolarmente chiara, avendo il giudice redatto l’ordinanza con apposito modulo predisposto tramite videoscrittura, da riempire con le generalità dell’imputato e la data dell’udienza.
2.2 In realtà, secondo un’indiscussa giurisprudenza di questa Corte, il rinvio del dibattimento a udienza fissa prima, del compimento degli atti introduttivi va qualificato come rinvio vero e proprio, col conseguente obbligo di notifica del decreto che dispone il giudizio (Sez. 5^, n. 1062 del 17/11/1999, xxx, Rv. 216494; Sez. 2^, n. 4905 del 24/01/2006, Racioppi, Rv. 233344). Infatti, secondo quanto prevede l’art. 420 bis c.p.p., comma 4, la lettura dell’ordinanza che fissa la nuova udienza equivale alla citazione solo per "coloro che sono o devono considerarsi presenti" e l’imputato di cui non sia stata accertata l’effettiva presenza non può considerarsi presente senza la dichiarazione di contumacia.
Ne consegue che qualora non si sia provveduto alla rituale dichiarazione di contumacia dell’imputato non comparso all’udienza all’esito della quale è stato disposto il rinvio, ne deve essere rinnovata la citazione per l’udienza di rinvio o attraverso la notificazione di un nuovo decreto di citazione a giudizio (Cass., sez. 2^, 10, 8.2001, n. 33759) ovvero attraverso la notificazione dell’ordinanza che ha disposto il rinvio (Cass. sez. 6^, 5.10.2001, n. 1134).
2.3 Nè deve dimenticarsi che, secondo le Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 8285 del 28/02/2006, xxx) "nel caso di assenza in dibattimento sia dell’imputato sia del difensore risulta preliminare la decisione sull’effettiva rilevanza dell’impedimento a comparire eventualmente prospettato dall’imputato e comunque l’eventuale dichiarazione della sua contumacia, cui il giudice deve provvedere sentito il pubblico ministero e il sostituto designato per il difensore assente. Solo dopo avere deciso con riferimento alla posizione dell’imputato, il giudice può prendere in esame la richiesta di rinvio per impedimento del difensore, che assumerà dunque rilevanza esclusivamente nel caso in cui l’imputato sia stato dichiarato contumace". La nota decisione prosegue affermando che "Secondo quanto prevede l’art. 484 c.p.p., comma 3, in ragione del rinvio all’art. 420 ter c.p.p., comma 1, l’imputato ha diritto a una nuova citazione a giudizio solo quando venga accertata la legittimità del suo impedimento a comparire. Se l’imputato viene dichiarato contumace, non ha diritto a ulteriori avvisi, perchè, essendo rappresentato dal difensore (art. 420 quater c.p.p., comma 2), deve considerarsi presente (art. 420 ter c.p.p., comma 4 e art. 477 c.p.p., comma 3). E non può esservi dubbio che anche il sostituto designato per il difensore assente rappresenti l’imputato contumace, tale essendo appunto la funzione di garanzia per la quale viene designato".
2.4 Nel caso in esame, però, il rinvio ad udienza fissa avvenne prima del compimento degli atti introduttivi e senza la dichiarazione di contumacia dell’imputato.
2.5 La sentenza di appello considera che l’omissione della dichiarazione di contumacia non può ritenersi causa di nullità della sentenza, non comportando alcun effetto pregiudizievole ai fini dell’intervento e dell’assistenza dell’imputato e non essendo tale sanzione prevista dall’ordinamento processuale. Secondo un orientamento minoritario di questa Corte, ove l’imputato non adduca alcun legittimo impedimento a comparire, e questo non risulti diversamente dagli atti, il giudice non ha l’obbligo di espressamente motivare sulla insussistenza di un legittimo impedimento dell’imputato a comparire, che questi non adduce affatto e che deve, perciò, ritenersi del tutto insussistente, conseguendo in tal caso, ex lege, la instaurazione del giudizio contumaciale, anche a prescindere da una formale dichiarazione di contumacia, atteso che il sistema delle garanzie approntato dall’ordinamento processuale non si conforma a criteri di mera formalità, ma a quelli (sostanziali) delle forme funzionali alla tutela delle varie e riconosciute espressioni del diritto di difesa (Sez. 4^, n. 7656 del 16/12/2004, xxx, Rv. 231096) 2.6 Altre decisioni, più in generale, insistono sul rilievo che dalla pregressa omessa dichiarazione di contumacia non deriva nullità di alcun genere, perchè una simile sanzione non è prevista dall’ordinamento processuale (Sez. 5^, n. 36651 del 04/06/2008, xxx, Rv. 241634; Sez. 6^, n. 19273 del 21/04/2006, xxx, Rv. 233973; Sez. 4^, n. 41981 del 15/11/2006, xxxzotto, Rv. 235543).
2.7 Va in contrario osservato che condizione per la irrilevanza della omissione della dichiarazione di contumacia è che tale omissione sia soltanto "formale", il che si verifica quando il giudice abbia concretamente valutato, offrendone adeguata motivazione, l’assenza di un impedimento idoneo a giustificare la mancata comparizione dell’imputato e abbia manifestato la decisione di procedere oltre nel dibattimento, e vi proceda pur senza provvedere alla declaratoria di contumacia: situazione del tutto diversa ed anzi completamente opposta a quella determinatasi, come sopra esposto, all’udienza del 17 luglio 2007.
2.8 L’arresto giurisprudenziale secondo il quale la formale omissione della dichiarazione di contumacia non è causa di nullità della sentenza, come è stato osservato in altra decisione (Sez. 2^, n. 25675 del 19/05/2009, xxx, Rv. 244170), "è più appropriato alle situazioni in cui il dibattimento si esaurisca in un’unica udienza, senza alcun rinvio, ma torna ad essere pienamente applicabile, nella specie, una volta sanata la nullità dipendente dalla mancata rinnovazione della citazione a comparire dell’imputato".
2.9 Resta da dire che l’accertamento del presupposto di fatto del giudizio contumaciale, vale a dire l’assenza di un impedimento idoneo a giustificare la mancata comparizione dell’imputato, non può essere postumo: onde deve negarsi la rilevanza attribuita – in via sussidiaria – dalla impugnata sentenza al provvedimento che attesta successivamente, in data 17 ottobre 2007, la ritualità e tempestività della citazione del D.V. per l’udienza (e a prescindere dal fatto che in detto provvedimento non si fa cenno alcuno alla regolarità della citazione ed all’assenza di impedimenti per l’udienza del 17 luglio 2007).
2.10 In conclusione ritiene questa Corte che, nella specie, non essendo stata dichiarata la contumacia dell’imputato, "fisicamente non presente", prima dell’avvenuta decisione del rinvio dell’udienza preliminare, nè essendo tale evenienza processuale possibile, per difetto di costituzione del rapporto processuale, il detto imputato non poteva essere considerato "forma/mente presente", dato che egli non poteva essere rappresentato dal suo difensore (ex art. 420 quater c.p.p., comma 2), ed aveva pertanto diritto alla comunicazione della data della nuova udienza, la cui mancanza ha così determinato la nullità, assoluta, insanabile e rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, che è stata dedotta.
2.11 Poichè il diritto alla difesa è garantito costituzionalmente e la sua lesione è sancita a pena di nullità assoluta, deve ritenersi che "una assenza dichiarata dell’imputato senza essere sorretta dalla dichiarazione di contumacia costituisce una anomalia tale da rendere impossibile stabilire se la sua mancata presenza sia dovuta a impossibilità oggettiva a comparire o a volontaria sottrazione al contraddittorio. Questa incertezza non può che essere intesa nel senso favorevole all’imputato non comparso e non dichiarato ritualmente contumace. Onde si deve concludere che, in assenza della dichiarazione di contumacia, il rinvio conseguente all’impedimento accertato del difensore comporta necessariamente la nuova citazione non solo del difensore fiduciario impedito, ma anche dell’imputato semplicemente assente"". (Sez. 6^, Sentenza n. 15862 del 21/03/2006, Terlizzi, in motivazione).
3. In conclusione, pertanto, deve annullarsi l’impugnata decisione, unitamente a quella di primo grado e il decreto che ha disposto il giudizio, con rinvio al Tribunale di Milano per nuovo esame.
4. Le doglianze mosse con gli altri motivi di ricorso restano necessariamente assorbite.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, nonchè quella di primo grado e il decreto che ha disposto il giudizio, con rinvio al Tribunale di Milano per nuovo esame.
Così deciso in Roma, il 28 maggio 2013.
Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2013

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