Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 28-05-2013) 23-10-2013, n. 43368

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. F.F. ricorre per Cassazione contro l’ordinanza della Corte d’appello di Venezia, con la quale era dichiarata l’inammissibilità, per difetto di specificità e di congruenza con le imputazioni, dell’appello proposto contro la sentenza del Tribunale di Venezia, sezione distaccata di Portogruaro, del 20 settembre 2011, che lo aveva condannato alla pena di giustizia per i delitti di uso di atto falso (un tesserino fiscale apparentemente rilasciato dall’Agenzia delle entrate) e sostituzione di persona.

2. A sostegno del ricorso l’indagato deduce erronea applicazione della legge penale, poichè nell’appello si chiedeva l’assoluzione perchè il fatto non costituisce reato, contestando che il tesserino fosse falso, poichè rilasciato dalla competente autorità, ancorchè con dati erronei. Dunque l’impugnazione conteneva tutti gli elementi di cui all’art. 581 c.p.p..

3. Il Procuratore Generale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, per manifesta infondatezza e ripetitività dei motivi, che non indicano le ragioni specifiche di doglianza in relazione ai punti dell’ordinanza impugnati, ma si limitano a riproporre motivi già posti a base dell’appello, sia pure con alcune perifrasi.

Motivi della decisione

1. Ad avviso del Collegio, il ricorso dell’imputato deve essere dichiarato inammissibile.

2. Invero, la Corte di appello ha fatto corretta applicazione del consolidato principio di diritto, richiamato nel provvedimento impugnato, in ordine al necessario requisito della specificità dei motivi dell’impugnazione, come è dato desumere dalla dichiarazione di appello in atti.

2.1 Del tutto aspecifiche, del resto, sono le censure contenute nel ricorso in esame nei termini sintetizzati in premessa ed anche prive di congruenza rispetto ai fatti contestati (all’imputato era contestato l’uso di una carta d’identità falsa, oltre che del tesserino del codice fiscale).

3. Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge, in forza del disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma, tale ritenuta congrua, di Euro 1.000 (mille) in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 28 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2013

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