Cass. civ. Sez. III, Sent., 04-09-2012, n. 14816

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Svolgimento del processo
Nella procedura esecutiva promossa, presso il Tribunale di Busto Arsizio, sez. distaccata di Gallarate, da A.P. nei confronti di B.F. sulla quota da questi detenuta della XX s.r.l. in liquidazione, il G.E. assegnava, con ordinanza 10.05.2005, la quota sociale pignorata al creditore intervenuto M.S., per avere il creditore procedente dichiarato di proseguire per il recupero del suo credito con altra procedura;
liquidava, inoltre, le spese processuali in favore di entrambi i creditori.
Con atto depositato in data 24.05.2005 B.F. proponeva opposizione avverso detta ordinanza, deducendo che il G.E. avrebbe dovuto dichiarare estinta la procedura, in quanto il creditore intervenuto non era munito di titolo esecutivo e che, comunque, il creditore procedente non aveva diritto alla liquidazione delle spese, avendo rinunciato alla procedura.
Si costituivano in giudizio A.G. e M. S. resistendo all’opposizione, perchè inammissibile e infondata.
Con sentenza in data 13.02.2006 l’adito Tribunale di Busto Arsizio, sez. distaccata Gallarate – ritenuto che il creditore procedente avesse, nella sostanza, rinunciato alla procedura e considerato che il creditore intervenuto non aveva depositato copia autentica, ma fotocopia semplice della sentenza fatta valere come titolo esecutivo – accoglieva l’opposizione e dichiarava la nullità dell’ordinanza di assegnazione in data 10.05.2005, con compensazione delle spese di lite tra le parti.
Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione A.P., M.S. e la s.r.l. XX in liquidazione, svolgendo quattro motivi, illustrati anche da memoria.
Ha resistito B.F., depositando controricorso e svolgendo, a sua volta, ricorso incidentale condizionato, affidato a unico motivo.
Motivi della decisione
1. Preliminarmente i ricorsi proposti, in via principale e in via incidentale condizionata, avverso la stessa sentenza sono riuniti ex art. 335 cod. proc. civ..
L’esame deve muovere necessariamente dal ricorso principale.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione dell’art. 132 cod. proc. civ., n. 2. Al riguardo parte ricorrente deduce che l’omessa indicazione nell’intestazione, nonchè nel corpo della sentenza del nominativo della s.r.l. XX in liquidazione, "sebbene la stessa sia comparsa alla prima udienza con il suo liquidatore", produce la nullità della sentenza, in quanto rilevi che il contraddittorio non si è regolarmente costituito e ingenera incertezza riguardo ai soggetti cui la decisione si riferisce.
1.2. Il motivo non merita accoglimento.
Il requisito dell’"indicazione delle parti" nella sentenza – richiesta dall’art. 132 cod. proc. civ., comma 1, n. 2, a pena di nullità – risulta soddisfatto ogni qualvolta che dal contenuto degli atti processuali o dei provvedimenti richiamati nella sentenza sia individuabile la parte pretermessa, pur quando tale indicazione manchi nell’intestazione, nel dispositivo o comunque nel corpo della sentenza. A tale irregolarità può ovviarsi con la procedura di correzione degli errori materiali (Cass. 10 maggio 2000, n. 6020).
Ciò posto e considerato che dalle stesse deduzioni di parte ricorrente emerge che la partecipazione al giudizio della società terzo pignorata era facilmente individuabile dal contenuto degli atti processuali, anche se la relativa indicazione è stata omessa in sentenza, l’irregolarità avrebbe potuto essere rimediata con la procedura di cui all’art. 287 cod. proc. civ., e segg., restando escluso il ricorso per cassazione.
Non appare superfluo aggiungere che la suddetta società non era parte necessaria dello stesso giudizio. Invero il terzo pignorato non è parte necessaria nel giudizio di opposizione all’esecuzione o in quello di opposizione agli atti esecutivi qualora non sia interessato alle vicende processuali relative alla legittimità e alla validità del pignoramento, dalle quali dipende la liberazione dal relativo vincolo, potendo assumere, invece, tale qualità solo quando abbia un interesse all’accertamento dell’estinzione del suo debito per non essere costretto a pagare di nuovo al creditore del suo debitore (Cass. 19 maggio 2009, n. 11585).
2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia l’inammissibilità dell’opposizione agli atti esecutivo sulla base di "quanto ampiamente eccepito e dedotto negli scritti difensivi di cui al precedente grado di giudizio, da intendersi" richiamati in ricorso.
2.1. Il motivo è inammissibile per inosservanza dell’art. 366 cod. proc. civ., n. 4.
Invero il requisito della specificità, completezza e riferibilità dei motivi del ricorso alla decisione impugnata non è rispettato, con conseguente inammissibilità della censura, quando il ricorso per cassazione sia basato sul richiamo di motivi svolti nei precedenti gradi del giudizio, procedimento che non risponde al concetto stesso di motivo di impugnazione, particolarmente con riferimento a un’impugnazione di ambito limitato, e che comporta la non chiara indicazione della critica che si intende muovere a una parte ben identificabile del giudizio espresso in sentenza. Pertanto l’onere della indicazione specifica dei motivi di impugnazione, imposto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 cod. proc. civ., comma 1, n. 4 qualunque sia il tipo di errore (in procedendo o in indicando) per cui è proposto, non può essere assolto per relationem con il generico rinvio ad atti del giudizio di appello (o, come nel caso di specie, dell’unico grado del giudizio di merito) senza la esplicazione del loro contenuto, essendovi il preciso onere di indicare, in modo puntuale, gli atti processuali ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, nonchè le circostanze di fatto che potevano condurre, se adeguatamente considerate, ad una diversa decisione e dovendo il ricorso medesimo contenere, in sè, tutti gli elementi che diano al giudice di legittimità la possibilità di provvedere al diretto controllo della decisività dei punti controversi e della correttezza e sufficienza della motivazione della decisione impugnata (ex plurimis: Cass. 31 maggio 2011, n. 11984; Cass. 20 gennaio 2003, n. 732).
3. Con il terzo motivo di ricorso si deduce l’esistenza e regolarità del titolo esecutivo del creditore intervenuto M.S..
In particolare si rileva che il creditore intervenuto era legittimato da titolo giudiziale, notificato al debitore in forma esecutiva; si deduce che ai fini della validità dell’intervento è sufficiente la mera deduzione dell’esistenza del titolo o, anche, l’esistenza di prova documentale; si evidenzia, infine, che nel primo grado del giudizio venne esibita copia autentica del titolo suddetto al solo fine di certificare la conformità della copia depositata con l’atto di intervento.
3.1. Anche il presente motivo è inammissibile per violazione dell’esigenza di specificità imposta dall’art. 366 cod. proc. civ., n. 4. La norma richiede, da un lato, la puntuale indicazione della ragione per cui il ricorso è proposto (e, quindi – considerata la tassatività dei motivi del ricorso per Cassazione – l’indicazione di uno dei motivi tra quelli espressamente previsti dall’art. 360 cod. proc. civ., alla luce del quale il motivo è proposto) e, dall’altro, la illustrazione del motivo e, cioè, sia l’individuazione del punto della decisione oggetto di critica, sia l’esposizione delle considerazioni in relazione al motivo espressamente indicato che giustificano – almeno a parere della parte ricorrente – la cassazione della sentenza dei giudici del merito. In sostanza l’onere della specifica indicazione nel ricorso dei motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza impugnata può ritenersi adempiuto solo quando, attraverso lo svolgimento delle argomentazioni sia possibile individuare l’oggetto e il contenuto delle censure proposte. In particolare, nel caso che il motivo di ricorso sia formulato in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3 – seppure l’indicazione espressa delle norme di diritto su cui il motivo si fonda non costituisce requisito autonomo, avendo la funzione di chiarire il contenuto del motivo – occorre pure sempre che il contenuto dello stesso motivo consenta, senza il sussidio di altre fonti, l’immediata e pronta individuazione delle questioni da risolvere, cosicchè devono ritenersi inammissibili quei motivi che non precisino in alcuna maniera in che cosa consista la violazione di legge che avrebbe portato alla pronuncia di merito che si sostiene errata, o che si limitino ad una affermazione apodittica non seguita da alcuna dimostrazione, senza l’indicazione della discrasia fra la ratio decidendi della sentenza impugnata e il principio di diritto che alla Suprema corte si chiede di affermare.
Orbene, nella fattispecie, non solo non è individuato il motivo (tra quelli previsti dall’art. 360 cod. proc. civ.) in relazione al quale è svolta la censura, ma neppure risulta chiarito, nella successiva esposizione, la natura della doglianza, limitandosi parte ricorrente a richiamare precedenti giurisprudenziali e opinioni dottrinali in punto di validità dell’atto di intervento.
Gli unici argomenti di una certa concretezza svolti con il motivo all’esame – e, cioè, il fatto che la fotocopia semplice depositata in sede esecutiva era sufficiente ai fini della validità dell’intervento e che, in sede di opposizione era stato esibito anche l’originale – si rivelano palesemente inammissibili: il primo, in quanto privo di correlazione con le ragioni della decisione, nella quale non è stata affermata l’invalidità dell’intervento, ma la sua inidoneità ai fini della procedibilità dell’esecuzione, una volta che il creditore principale aveva rinunciato alla stessa; il secondo, perchè denuncia un vizio di percezione di un fatto da parte del giudice, come tale da far valere con l’azione revocatoria ex art. 395 cod. proc. civ., n. 4.
4. Con il quarto motivo di ricorso si denuncia inammissibilità dell’istanza ex art.487 cod. proc. civ.. Al riguardo parte ricorrente deduce che il provvedimento di assegnazione – quale atto conclusivo della procedura – non era nè reclamabile, nè revocabile.
4.1. Il motivo è inammissibile perchè privo di conferenza con il decisum, posto che – nel caso di specie – l’ordinanza di assegnazione non è stata revocata ex art. 487 cod. proc. civ., con ordinanza del giudice dell’esecuzione, ma è stata annullata con sentenza dal giudice dell’opposizione.
La consolidata giurisprudenza di questa Corte ha statuito che la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al decisum della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 cod. proc. civ., n. 4, con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio (ex plurimis, Cass. 7 novembre 2005, n, 21490; Cass. 24 febbraio 2004, n. 3612). L’inconferenza del motivo comporta che l’eventuale accoglimento della censura risulta, comunque, privo di rilevanza nella fattispecie, in quanto inidoneo a risolvere la questione decisa con la sentenza impugnata (Cass. S.U. 12 maggio 2008, n. 11650; Cass. S.U. 19 settembre 2008, n. 23860).
In conclusione il ricorso principale va rigettato.
Resta, di conseguenza, assorbito il ricorso incidentale condizionato.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale condizionato; condanna parte ricorrente principale al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 1.200,00 (di cui Euro 200,00 per spese) oltre rimborso spese generali e accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 14 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2012

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