Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 17-05-2013) 23-10-2013, n. 43345

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Svolgimento del processo

Con sentenza in data 28.2.2013 la Corte di Appello di Salerno confermava a carico di R.V. la sentenza emessa in data 26.4.12 dal Giudice monocratico del Tribunale di Nocera Inferiore, con la quale il predetto imputato era stato dichiarato responsabile dei reati di furto e resistenza, ascrittigli ai sensi dell’art. 624 bis c.p., comma 2 e art. 337 c.p., e condannato alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione, Euro 600,00 di multa.

Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore, deducendo:

1 – la violazione di legge, ai sensi dell’art. 178 c.p.p., lett. c) e art. 420 ter c.p.p., comma 5.

Al riguardo evidenziava che essendo stato comunicato al giudice l’impedimento a comparire del difensore di fiducia, era stata omessa la notifica al predetto difensore dell’avviso per l’udienza di rinvio del procedimento di primo grado.

In tal senso il ricorrente rilevava la violazione del diritto di difesa, evidenziando che il giudice aveva erroneamente ritenuto che la comunicazione della data della nuova udienza dovesse essere effettuata al difensore d’ufficio, designato all’udienza predetta.

Peraltro il ricorrente lamentava l’impossibilità di svolgere il proprio compito essendo stata fissata a distanza di breve tempo la successiva udienza di rinvio.

2 – la violazione di legge per erronea applicazione dell’art. 337 c.p..

Sul punto rilevava carenza della motivazione, in relazione alle modalità della condotta attribuita all’imputato, evidenziando che nella specie si era ritenuta configurabile la resistenza, individuata nel comportamento tenuto dall’imputato all’atto dell’arresto, mentre veniva tradotto negli uffici dei CC. per l’identificazione, e ai fini dell’art. 337 c.p. l’esistenza dell’elemento psicologico del reato.

Tali elementi apparivano inadeguati, ad avviso del difensore, essendo carente la prova del dolo, e al riguardo il ricorrente rilevava che l’imputato si trovava in stato confusionale, essendo un tossicodipendente. In tal senso evidenziava che l’imputato si era limitato a divincolarsi, senza avere intenzione di ledere l’incolumità degli agenti operanti.

3 – la violazione di legge per mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, considerando che i precedenti penali dell’imputato non avrebbero valore al fine di giustificare la negazione del beneficio.

Motivi della decisione

Il ricorso risulta privo di fondamento.

In ordine al primo motivo si osserva che il procedimento risulta trattato con il rito di cui all’art. 438 c.p.p., come dedotto dalla difesa, e che dal verbale di udienza del 20.4.2012 innanzi al giudice monocratico del Tribunale, emerge che il difensore d’ufficio aveva avanzato richiesta di rinvio del procedimento per consentire al difensore di fiducia di essere presente.

Ciò posto non si ritiene fondata la censura di nullità per violazione dell’art. 178 c.p.p., lett. c) e art. 420 ter c.p.p., comma 5, riferita alla mancata notifica dell’avviso della udienza di rinvio al difensore di fiduciaria stregua dell’orientamento giurisprudenziale di questa Corte, enunciato con sentenza S.U. n. 8285 del 9.3.2006 – RV. 232906 – (e in senso conforme Sez. 5, sent.

n. 26168 in data 8.7.10 – RV. 247897, Sez. 5, sent. 24.2/25.5.11, n. 20863 – RV. 250451) – per cui – nelle ipotesi di sospensione o rinvio dell’udienza per legittimo impedimento del difensore, "avviso è validamente recepito nella forma orale, dal difensore previamente designato in sostituzione, ai sensi dell’art. 97 c.p.p., comma 4, il quale esercita i diritti ed assume i doveri del difensore in sostituito e nessuna comunicazione è dovuta a quest’ultimo.

Secondo tali principi, nella specie, non si ravvisa la violazione della legge processuale, avendo il difensore d’ufficio formulato una richiesta di rinvio del procedimento camerale, per consentire al difensore di fiducia di intervenire, onde appare conforme al principio in precedenza menzionato la decisione della Corte territoriale in merito alla deduzione difensiva, che peraltro non risulta oggetto di eccezione rilevata prima della pronunzia della sentenza di primo grado.

Restano dunque ininfluenti gli ulteriori rilievi relativi alla brevità del termine di rinvio.

2 – Devono ritenersi ugualmente prive di fondamento le deduzioni inerenti alla inosservanza o erronea applicazione della legge penale, riferite all’art. 337 c.p..

Invero, secondo quanto si desume dal testo della sentenza impugnata l’imputato, all’atto dell’arresto eseguito a cura del CC., come da verbale, aveva opposto resistenza, sferrando calci e sputando sugli operanti.

Nell’interrogatorio il predetto si era protestato innocente, e in grado di appello la difesa aveva sostenuto che l’imputato al momento del fatto, si trovava in stato di incapacità di intendere e di volere per aver fatto uso di sostanze stupefacenti.

Tale tesi risulta rettamente disattesa dal giudice della sentenza impugnata, evidenziando l’assenza di elementi dai quali desumere lo stato di incapacità di intendere e di volere.

Pertanto deve ritenersi priva di fondamento la censura difensiva inerente alla erronea applicazione dell’art. 337 c.p., tenuto conto del principio sancito da questa Corte, Sez. 6, 4.9.2003 n. 35125, e in senso conforme Sez. 6, 5.3.2010, n. 8997, Palombo e altro -RV. 226525 – per cui l’atto di divincolarsi posto in essere da un soggetto fermato dalla polizia giudiziaria configura violenza ai fini della sussistenza del reato di cui all’art. 337 c.p. e non mera resistenza passiva.

v. altresì, per il dolo, Cass. Sez. 6, 14.3.1986, n. 2089 – Marrone, per cui nel reato di resistenza a pubblico ufficiale l’elemento psicologico consiste nella coscienza e volontà di precludere al pubblico ufficiale con una condotta minacciosa e violenta l’atto di ufficio ritenuto pregiudizievole peri propri interessi.

Infine si rileva l’inammissibilità del motivo concernente il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e degli altri benefici, essendo la motivazione in punto di determinazione del trattamento sanzionatorio adegua a e conforme ai canoni giurisprudenziali (facendo riferimento agli elementi ritenuti dal giudice di merito preclusivi della concessione dei richiesti benefici, quali i reiterati precedenti penali dell’imputato).

(v. Cass. Sez. 1 – 22.2.1990, n. 2497, Garazzini).

D’altra parte non è censurabile la valutazione compiuta dal giudice di merito, nell’ambito del potere discrezionale di definire l’entità della pena concedendo o negando le attenuanti generiche, e il beneficio della sospensione condizionale – (che trova il presupposto in una prognosi favorevole all’imputato, come tale non censurabile in questa sede. In conclusione va dunque pronunziato il rigetto del ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 17 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2013

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