Cass. civ. Sez. III, Sent., 04-09-2012, n. 14813

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Svolgimento del processo
Immobiliare XX s.r.l., debitrice esecutata nell’espropriazione immobiliare n. 91797/96 del Tribunale di Roma promossa da Banca di Roma (poi XX) s.p.a., propose opposizione agli atti esecutivi, ex art. 617 cod. proc. civ., avverso il provvedimento di aggiudicazione di un’unità immobiliare, emesso dal notaio delegato in favore di M.C., il 24 giugno 2004.
Dedusse l’opponente l’irritualità della vendita all’incanto, in quanto non preceduta da valida notifica dell’avviso d’asta, per essere stata questa effettuata presso la Segreteria del Comune di Roma e non anche presso la sede sociale.
Si costituirono M.C. e XX s.p.a., contestando le avverse deduzioni.
Disattesa e una reiterata istanza dell’opponente di concessione dei termini previsti dall’art. 183 cod. proc. civ., comma 5 (nel testo applicabile ratione temporis), e la richiesta di riunione della presente opposizione con altra, avente ad oggetto il decreto di trasferimento, con sentenza del 19 ottobre 2006, il giudice adito ha rigettato l’opposizione e ha condannato l’opponente al pagamento delle spese di lite.
Avverso detta pronuncia ricorre Immobiliare XX s.r.l., formulando cinque motivi e notificando l’atto a XX s.p.a., a M. C. e a Monte dei Paschi di Siena, concessionaria del servizio riscossione tributi della Provincia di Roma.
Resistono con due distinti controricorsi XX s.p.a. e M.C.. Nessuna attività difensiva ha invece svolto l’altra intimata.
Immobiliare XX e XX s.p.a. hanno altresì depositato memoria.
Motivi della decisione
1.1 Con il primo motivo, l’impugnante denuncia violazione dell’art. 183 cod. proc. civ., comma 5, e conseguente violazione dell’art. 24 Cost., ex art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 4, articolando il seguente quesito: "se, alla luce della formulazione dell’art. 183 cod. proc. civ., comma 5 (nel testo antecedente alla riforma di cui alla L. n. 80 del 2005, come modificata dalla L. n. 263 del 2005, applicabile al presente giudizio), il giudice sia obbligato a concedere i doppi termini per il deposito di memorie contenenti precisazioni e/o modificazioni delle domande, eccezioni e conclusioni proposte, anche nel caso di richiesta proveniente da una sola delle parti in causa";
1.2 Con il secondo mezzo lamenta violazione degli artt. 39 e 273 cod. proc. civ., ex art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 4, formulando il seguente quesito: "se, secondo l’art. 273 cod. proc. civ., comma 1, il giudice deve ritenersi obbligato ad ordinare la riunione, anche di ufficio, di due procedimenti relativi alla stessa causa pendenti davanti a sè";
1.3 Con il terzo deduce violazione dell’art. 617 cod. proc. civ., in relazione all’art. 485 cod. proc. civ. e all’art. 141 cod. proc. civ., comma 2, artt. 145 e 160 cod. proc. civ., ex art. 360 cod. proc. civ., n. 3, formulando il seguente quesito: "se debbano ritenersi rispettati l’art. 485 c.p.c., art. 141 c.p.c., comma 2, artt. 145 e 160 cod. proc. civ., nel caso di notificazione dell’avviso d’asta alla società debitrice presso la Segreteria Comunale, domicilio eletto nel contratto di mutuo soltanto in via subordinata rispetto alla sede sociale e, del resto, ai soli fini dell’esecuzione del contratto stesso";
1.4 Con il quarto prospetta violazione e falsa applicazione dell’art. 617 cod. proc. civ., in riferimento all’art. 100 cod. proc. civ. e art. 24 Cost., articolando il seguente quesito: "se possa ritenersi legittimato a promuovere opposizione agli atti esecutivi, ex art. 617 cod. proc. civ., per la mancata comunicazione dell’avviso d’asta, il debitore che abbia dedotto la concreta lesione del proprio diritto a conseguire dalla vendita forzata del bene il maggior prezzo possibile, nonchè abbia dedotto la concreta lesione del proprio diritto a perfezionare le trattative bonarie già in corso con i creditori";
1.5 Con il quinto denuncia infine "violazione e falsa applicazione dell’art. 617 cod. proc. civ., in riferimento agli artt. 156, 159 cod. proc. civ. e art. 2929 cod. civ., formulando il seguente quesito: "se la nullità degli atti riguardanti il procedimento di vendita, ovvero di atti che della vendita costituiscono il presupposto si riverbera sull’atto di trasferimento e sia, quindi, opponibile all’aggiudicatario".
2 Va premesso che, in ragione della data della sentenza impugnata (successiva al 2 marzo 2006 e antecedente al 4 luglio 2009), e in base al comb. disp. del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 27, comma 2 e L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58, il ricorso deve ritenersi soggetto, quanto alla sua formulazione, alla disciplina di cui all’art. 360 cod. proc. civ., e segg., nel testo risultante dal menzionato D.Lgs. n. 40 del 2006. In base a tali norme, e segnatamente, in base all’art. 366 bis cod. proc. civ., nei casi previsti dall’art. 360, comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5, l’illustrazione della censura va completata con la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione. (Cass., sez. un., 12 maggio 2008, n. 11652).
3 Passando quindi all’esame dei motivi di ricorso, sono infondate le critiche svolte nel primo.
Occorre muovere dalla considerazione che l’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 4, nel consentire la denuncia di vizi di attività del giudice che comportino la nullità della sentenza o del procedimento, non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce soltanto l’eliminazione del pregiudizio concretamente subito dal diritto di difesa della parte in dipendenza del denunciato errar in procedendo, di talchè, ove il ricorrente non indichi la specifica lesione subita, il lamentato vulnus procedurale non acquista rilievo idoneo a determinare l’annullamento della sentenza impugnata (confr. Cass. civ. 12 settembre 2009, n. 18635).
Con particolare riguardo al processo esecutivo, è poi stato affermato che, pur essendo incontestabile che il diritto del cittadino al giusto processo, ai sensi dell’art. 111 Cost., deve essere soddisfatto attraverso il contraddittorio tra le parti in ogni fase processuale in cui si discuta e si debba decidere di diritti sostanziali o di posizioni comunque giuridicamente protette, è tuttavia necessario tener conto del correlato e concreto interesse delle parti stesse ad agire, a contraddire o ad opporsi per realizzare in pieno il diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost..
In tale prospettiva è stato quindi affermato che, non potendosi configurare un generico ed astratto diritto al contraddittorio, è inammissibile l’impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare a fondamento dell’impugnazione stessa le ragioni per le quali tale lesione abbia comportato l’ingiustizia del processo stesso, causata dall’impossibilità di difendersi a tutela di quei diritti o di quelle posizioni giuridicamente protette (confr. Cass. civ., 20 novembre 2009, n. 24532).
In sostanza, tutti i rilievi concernenti l’osservanza delle regole processuali, ivi comprese quelle volte a garantire il rispetto del principio del contraddittorio, soggiacciono al principio dell’interesse al gravame, e cioè alla verifica dell’utilità concreta derivabile alla parte dall’eventuale accoglimento del mezzo azionato (confr. Cass. civ. 23 maggio 2008, n. 13373), il che comporta che l’impugnante deve indicare specificamente il pregiudizio arrecato alle proprie attività difensive dalla invocata nullità processuale (confr. Cass. civ. 4 giugno 2007, n. 12952).
3 Venendo al caso di specie, la ricorrente neppure allega quale incombente processuale – e, segnatamente, quale non preclusa attività deduttiva volta a modificare o precisare la domanda – le sarebbe stata in concreto impedita dalla mancata concessione dei termini ai sensi dell’art. 183 cod. proc. civ., nel testo ratione temporis applicabile. Ne deriva che le censure sono inammissibili per carenza di interesse.
4 Privo di pregio è anche il secondo motivo: a prescindere dal rilievo della non perfetta identità del petitum delle due controversie che, a giudizio dell’esponente, avrebbero dovuto essere riunite, con conseguente applicabilità dell’art. 274 cod. proc. civ., piuttosto che dell’art. 273 cod. proc. civ., è giurisprudenza assolutamente consolidata di questa Corte, dalla quale non v’è ragione di discostarsi, che i provvedimenti di riunione e separazione di cause costituiscono esercizio di un potere discrezionale del giudice di merito, hanno natura ordinatoria e si fondano su valutazioni di mera opportunità, con la conseguenza che essi non sono sindacabili in sede di legittimità e non comportano, per gli effetti che ne discendono sullo svolgimento dei processi (riunione o separazione degli stessi), alcuna nullità (confr. Cass. civ. 15 maggio 2007, n. 11187; Cass. civ. 17 maggio 2004, n. 9336). 5 Si prestano a essere esaminati congiuntamente, in quanto intrinsecamente connessi, il terzo e il quarto motivo di ricorso.
Le censure con essi formulate sono destituite di fondamento per le ragioni che seguono.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che l’elezione di domicilio effettuata dal debitore, all’atto della stipula del contratto di mutuo fondiario, ai sensi del R.D. n. 646 del 1905, art. 43, comma 1, applicabile anche dopo la sua espressa abrogazione ad opera del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 161, ai sensi del comma 6 di tale disposizione, rimane valida ed efficace anche per la notificazione di qualsivoglia atto sia del processo esecutivo che di opposizione allo stesso (come la notifica dell’atto di riassunzione della causa di opposizione agli atti esecutivi, a seguito di rinvio disposto dalla Corte di Cassazione), nonchè per la prosecuzione del giudizio in conseguenza del verificarsi di un evento interruttivo, atteso che il comma 2 del citato art. 43, R.D. n. 646 del 1905, stabilisce espressamente che presso il domicilio eletto nel contratto debba eseguirsi la notifica di ogni altro atto o sentenza, quand’anche contumaciale (confr. Cass. civ. 9 giugno 2010, n. 13824;
Cass. civ. 25 maggio 2010, n. 12702).
6 Quanto poi ai rilievi volti a sostenere il travisamento della linea difensiva dell’opponente – per avere il giudice di merito motivato la scelta decisoria adottata sull’assunto che la doglianza relativa alla insufficienza del prezzo base d’asta dell’immobile pignorato, adottato dal giudice dell’esecuzione in aderenza alla perizia del c.t.u., doveva essere dedotta con opposizione agli atti esecutivi, ex art. 617 cod. proc. civ., entro cinque giorni dal deposito della perizia o, al più, entro cinque giorni dalla notifica alla debitrice del primo avviso d’asta, avvenuto presso la sede della società il 13 marzo 2003 – laddove le critiche erano, in realtà, riferite all’illegittimo ribasso di un quinto del prezzo base indicato dall’esperto, ribasso operato dal notaio, dopo che l’asta del 10 giugno 2003 era andata deserta, la deduzione è gravemente carente sotto il profilo dell’autosufficienza, non avendo l’impugnante ottemperato all’onere di indicare i punti sensibili degli scritti difensivi in cui siffatte considerazioni erano state svolte, nè la loro esatta allocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte.
Non è superfluo in proposito ricordare che le sezioni unite di questa Corte, pur avendo chiarito che l’onere del ricorrente, di cui all’art. 369 cod. proc. civ., comma 2, n. 4, così come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 7, di produrre, a pena di improcedibilità del ricorso, "gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda" è soddisfatto, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, mediante la produzione dello stesso, e, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo d’ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione, presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata e restituita al richiedente munita di visto ai sensi dell’art. 369 cod. proc. civ., comma 3, hanno tuttavia precisato che resta ferma, in ogni caso, l’esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ex art. 366 cod. proc. civ., n. 6, del contenuto degli atti e dei documenti sui quali il ricorso si fonda, nonchè dei dati necessari al loro reperimento (confr. Cass. civ. 3 novembre 2011, n. 22726).
Del tutto nuove sono infine le deduzioni in ordine alla esistenza di trattative per la sistemazione stragiudiziale dell’intera posizione debitoria, asseritamente compromesse dalla mancata notifica dell’ordinanza di vendita alla debitrice.
7 Il quinto motivo, infine, è inammissibile, atteso che il quesito che lo conclude non è conforme alla rigorosa giurisprudenza maturata al riguardo ed applicabile anche dopo l’abrogazione dell’art. 366-bis cod. proc. civ. (per tutte, v. espressamente Cass. 27 gennaio 2012, n. 1194).
Questa Corte ha invero chiarito che la funzione propria del quesito di diritto, da formularsi a pena di inammissibilità del motivo proposto, è di far comprendere al giudice di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare (confr. Cass. civ. 25 marzo 2009, n. 7197). Di qui l’enucleazione, come fondamentale criterio di scrutinio della corretta formulazione del quesito stesso, della sua conferenza, rispetto alla fattispecie dedotta in giudizio, nonchè della sua rilevanza, ai fini della decisione del ricorso (confr. Cass. civ. 4 gennaio 2011).
Invece nella fattispecie il quesito, per come formulato, è del tutto astratto e privo dei necessari, idonei riferimenti ai fatti di causa e alla regola di diritto asseritamente errata applicata dal giudice del merito.
8 In definitiva il ricorso deve essere rigettato. Segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la Immobiliare XX s.r.l. al pagamento delle spese di giudizio, liquidate, per ciascuna delle resistenti in complessivi Euro 3.200,00 (di cui Euro 3.000,00 per onorari), oltre I.V.A. e C.P.A., come per legge.
Così deciso in Roma, il 14 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2012

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