Cass. civ. Sez. III, Sent., 04-09-2012, n. 14808

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Svolgimento del processo
Con citazione del maggio 1992 L.R. conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Messina, la XX srl, G. L., la XX Assicurazioni Spa, chiedendo il risarcimento del danno da lui patito in un sinistro stradale,a seguito del quale aveva riportato gravi lesioni. Esponeva l’attore che, nel (OMISSIS), si trovava alla guida dell’autovettura di sua proprietà, quando era violentemente investito dall’autoXXiera condotta dal G., appartenente alla XX srl e assicurata per la responsabilità civile presso la suddetta società; che il sinistro era addebitabile alla condotta del G., che aveva invaso l’opposta corsia di percorrenza, ove egli transitava. Si costituivano in giudizio i convenuti, che contestavano la domanda. Interrotto e riassunto il processo a seguito dell’intervenuta liquidazione coatta amministrativa della XX spa, si costituiva in giudizio la XX spa quale cessionaria del portafoglio assicurativo della predetta. Interveniva altresì in giudizio l’INAIL, la quale deduceva di avere corrisposto al L., in dipendenza del sinistro, la somma di L. 75.122.50 e ne chiedeva il rimborso dai responsabili dell’incidente. Con sentenza del 14.10.2002 il Tribunale accoglieva la domanda e condannava i convenuti al risarcimento del danno (biologico e patrimoniale) in favore del L., nonchè a rimborsare all’INAIL la somma erogata in dipendenza del sinistro. Con separati atti notificati nel febbraio 2003 la XX srl, il G., la XX Assicurazioni spa proponevano appello.
Si costituivano gli appellati, esclusa la XX, che proponevano appello incidentale. Riunite le impugnazioni, sospesa l’esecuzione della sentenza nei confronti dell’ INAIL, con sentenza depositata il 10 novembre 2005, la Corte di Appello di Messina attribuiva al L. ed a G.L. la responsabilità del sinistro rispettivamente in misura del 30% e del 70%; condannava la XX, il L., la XX (quest’ultima nei limiti del massimale) in solido tra loro al pagamento di somme diverse; condannava i predetti obbligati a rimborsare all’Inail la somma di Euro 38.798,00 con interessi, detraendola dalle somme di cui al capo precedente;
provvedeva al governo delle spese. Avverso la detta sentenza hanno quindi proposto ricorso principale articolato in cinque motivi, il L., ed incidentale, affidato ad un solo motivo, la XX Srl e G.L.. Resistono con controricorso la XX e l’INAIL, che ha altresì depositato memoria illustrativa.
Motivi della decisione
In via preliminare, deve rilevarsi che il ricorso principale e quello incidentale sono stati riuniti, in quanto proposti avverso la stessa sentenza.
Procedendo all’esame del ricorso principale, va osservato che la prima doglianza, svolta per erronea applicazione dell’art. 2054 c.c., comma 2, si fonda sulla considerazione che la Corte territoriale non avrebbe fatto buon governo dei principi giurisprudenziali che escludono la necessità di ulteriori indagini nell’ipotesi in cui risulta provata la responsabilità di uno dei conducenti. Tale ipotesi sarebbe appunto ricorrente nella specie in cui dagli atti del processo emerge che il G., nell’effettuare il sorpasso, invase la carreggiata opposta di percorrenza del L.. Inoltre – ed il rilievo investe la seconda doglianza articolata sotto il profilo della contraddittorietà della motivazione sul punto della presunzione di responsabilità e del riconoscimento del concorso di colpa – la Corte sarebbe incorsa in un’evidente contraddittorietà della motivazione nella parte in cui ha ritenuto la corresponsabilità dell’altro conducente, pur avendo affermato la esclusiva responsabilità del G..
Sia l’una che l’altra censura, che vanno trattate congiuntamente per l’intima connessione che le connota, sono inammissibili. A riguardo, mette conto di sottolineare che le ragioni di doglianza come risulta di ovvia evidenza dal loro stesso contenuto e dalle espressioni usate, non evidenziano effettive carenze o contraddizioni nel percorso motivazionale della sentenza impugnata bensì concernono la valutazione della realtà fattuale, come è stata operata dalla Corte di merito e, riproponendo l’esame degli elementi fattuali già sottoposti ai giudici di seconde cure e da questi disattesi, mirano ad un’ulteriore valutazione delle risultanze processuali, che non è consentita in sede di legittimità. Ciò premesso, considerato che la valutazione degli elementi di prova e l’apprezzamento dei fatti attengono al libero convincimento del giudice di merito, deve ritenersi preclusa ogni possibilità per la Corte di cassazione di procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso l’autonoma valutazione delle risultanze degli atti di causa. Con la conseguenza che deve ritenersi inammissibile la doglianza mediante la quale la parte ricorrente avanza, nella sostanza delle cose, un’ulteriore istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione. (cfr. Cass. n. 9233/06).
Passando all’esame del terzo motivo, fondato sull’erronea valutazione delle prove documentali, va evidenziato che, ad avviso del ricorrente, sarebbe stata erroneamente detratta dalle spese sostenute la ricevuta del giugno 1991 relativa a spese odontoiatriche, riconducibili all’evento anche se la ricevuta venne rilasciata dopo qualche settimana dall’applicazione. La Corte di merito avrebbe infatti dovuto affermare "che devono essere rimborsate al danneggiato tutte le spese, anche per quelle effettuate in epoca (relativamente) successiva al sinistro, purchè in stretto rapporto eziologico all’evento", (così nel quesito).
Anche tale censura è inammissibile, dovendosi tener presente che il ricorrente non ha minimamente osservato l’onere della specifica indicazione degli atti processuali e dei documenti su cui aveva fondato il ricorso, ai sensi dell’art. 366, n. 6, previsto dalla norma a pena di inammissibilità. Ciò, in quanto ha omesso di specificare nel ricorso stesso in quale sede processuale i documenti cui accenna sarebbero stati prodotti. Ed appena il caso di chiarire che indicare un documento significa, necessariamente, oltre che specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, dire dove è rintracciabile nel processo.. (cfr. Cass. ord. 29279/08). Sul punto, le Sezioni Unite hanno ribadito che la specifica indicazione richiesta postula che si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito, e, in ragione dell’art. 369 cod. proc. civ., comma 2, n. 4, che esso sia prodotto in sede di legittimità (Sez. Un. 28547/08, 23019/07).
Merita invece accoglimento, per quanto di ragione, il quarto motivo con cui il ricorrente ha lamentato l’erronea valutazione dei danni ed il difetto di motivazione in merito a tre distinti profili, riguardanti, rispettivamente: a) la riduzione del 20% (scarto tra vita fisica e lavorativa) b) la riduzione dell’ulteriore 30% e) l’applicazione del danno morale nella misura di 1/3 del danno biologico. La Corte di appello avrebbe in effetti applicato una riduzione del 20% per lo scarto tra vita fisica e vita lavorativa ed una ulteriore decurtazione del 30% sulla somma finale senza esplicitarne le ragioni, per cui dalla motivazione della sentenza non sarebbe possibile comprendere la ratio del criterio adottato. Avrebbe inoltre determinato erroneamente il danno morale.
Il primo ed il secondo dei tre profili sono fondati. A riguardo, vale la pena di premettere che, secondo l’orientamento ormai consolidato di questa Corte, "in tema di liquidazione dei danni patrimoniali da invalidità permanente in favore del soggetto leso o da morte in favore dei superstiti, ove il giudice di merito utilizzi il criterio della capitalizzazione del danno patrimoniale futuro, adottando i coefficienti di capitalizzazione della rendita fissati nelle tabelle di cui al R.D. 9 ottobre 1922, n. 1403, egli deve adeguare detto risultato ai mutati valori reali dei due fattori posti a base delle tabelle adottate, e cioè deve tenere conto dell’aumento della vita media e della diminuzione del tasso di interesse legale e, onde evitare una divergenza tra il risultato del calcolo tabellare ed una corretta e realistica capitalizzazione della rendita, prima ancora di "personalizzare" il criterio adottato al caso concreto, deve "attualizzare" lo stesso, o aggiornando il coefficiente di capitalizzazione tabellare o non riducendo più il coefficiente a causa dello scarto tra vita fisica e vita lavorativa (Cass. n. 4186/2004, 15738/2010).
Ciò premesso, mette conto di aggiungere che l’intera motivazione della sentenza, sul punto, consta soltanto dell’affermazione che il danno di Euro 192.799,00, "per il naturale scarto tra vita fisica e vita lavorativa va abbattuto del 20% e quindi ridotto a euro 154.239,00…..e che-dato che tale somma attiene ad un danno di natura permanente, come quella liquidata a titolo di danno biologico, per evitare duplicazione di poste e un’indebita locupletazione del danneggiato la somma medesima va abbattuta ulteriormente del 30%..".
Ciò posto, risulta di ovvia evidenza come la Corte territoriale si sia limitata ad una proposizione tanto stringata quanto generica evitando di prendere in considerazione i principi di diritto stabiliti in materia da questa Corte e comunque omettendo di spiegare le ragioni per cui avesse deciso di discostarsene. Ciò, senza inoltre esplicitare in maniera chiara ed esauriente le ragioni del proprio convincimento circa la necessità di ridurre del 30% il danno patrimoniale per effetto della contemporanea liquidazione del danno biologico.
Ora, è appena il caso di sottolineare che sussiste il vizio di motivazione, sotto il profilo dell’omissione e/o dell’insufficienza, dedotto dal ricorrente, quando nel ragionamento del giudice di merito sia rinvenibile come nella specie traccia evidente del mancato o deficiente esame di profili decisivi. Ne consegue che nella specie l’omesso esame di tali aspetti inficia la correttezza del ragionamento svolto dalla Corte di merito e ne determina la sua censurabilità.
Appare invece esente da censure la liquidazione del danno morale nella misura di un terzo del danno biologico. Ed invero, la liquidazione effettuata sulla base della comparazione con la misura del risarcimento del danno biologico, deve ritenersi corretta essendo volta a rispettare l’esigenza di una razionale correlazione tra l’entità oggettiva del danno biologico e le sofferenze psichiche subite. Del resto, questa Corte già avuto modo di statuire, recentemente, che nulla vieta che il danno morale sia liquidato in proporzione al danno biologico (cfr. Cass. n. 702/010).
Resta da esaminare l’ultima doglianza, con cui il ricorrente principale ha lamentato che la condanna della resistente XX spa, gestione autonoma del FGVS e quale impresa cessionaria della XX in l.c.a., non può essere limitata al massimale, in relazione agli interessi, alla rivalutazione ed alle spese processuali. Ed infatti, preso atto del suo colpevole ritardo, la Corte avrebbe dovuto condannarla al pagamento oltre il detto massimale.
La doglianza è parzialmente fondata in quanto il massimale non può riguardare interessi, rivalutazione – e spese processuali – successivi al termine dello spatium deliberarteli della società posta in l.c.a..
A riguardo, deve tenersi presente che, come ha già avuto modo di statuire questa Corte, "in tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli, il danneggiato il quale domandi la condanna dell’assicuratore del responsabile al pagamento di interessi e rivalutazione sul massimale, a causa del colpevole ritardo nell’adempimento delle proprie obbligazioni, non è tenuto a provare l’imputabilità a titolo di colpa di tale ritardo, ma deve provare soltanto l’inutile decorso dello "spatium deliberandi" stabilito dalla L. 22 dicembre 1969, n. 990, art. 22 (ed oggi dall’art. 145 cod. ass.). Sarà, invece, onere dell’assicuratore che intenda sottrarsi alla responsabilità per "mala gestio", dimostrare che il ritardo non è imputabile a propria colpa. L’assicuratore……, ove ritardi colposamente il pagamento della somma dovuta a titolo di risarcimento in favore del terzo danneggiato (incorrendo così nell’ipotesi di cosiddetto mala gestio impropria), è tenuto alla corresponsione degli interessi sul massimale ed, eventualmente, del maggior danno ex art. 1224 cod. civ., comma 2 (che può consistere anche nella svalutazione monetaria). Tale responsabilità, tuttavia, può comportare la responsabilità ultramassimale dell’assicuratore solo per gli interessi o la rivalutazione, ma non per il capitale, rispetto al quale il limite del massimale è insuperabile. (Cass. n. 19919/2008).
Passando all’esame del ricorso incidentale proposto dalla XX e dal G.L., va rilevato che la doglianza, articolata per violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 c.c., comma 2, art. 2697 c.c., nonchè per insufficienza e/o contraddittorietà della motivazione sul punto della presunzione di responsabilità e del riconoscimento del concorso di colpe, si fonda sulla tesi che non può trovare applicazione l’art. 2054 c.c., comma 2, qualora uno dei conducenti (il sig. G.L., nella specie) abbia fornito la prova contraria in esso prevista e, di contro, risulti accertata la responsabilità esclusiva dell’altro conducente (nella specie il L.). Nè la Corte avrebbe motivato adeguatamente in ordine all’attribuzione della responsabilità concorsuale nella misura del 30% in capo al L. e del 70% in capo al G.L..
Sia il primo che il secondo profilo di doglianza sono infondati.
Quanto al primo, si deve sottolineare che la tesi dei ricorrenti si fonda in realtà su presupposti assolutamente indimostrati, che sono anzi smentiti dalle risultanze probatorie. Ed invero, come ha evidenziato la Corte di merito, la responsabilità del G. L. era emersa dalle risultanze processuali in maniera assolutamente certa, non potendosi dubitare – così scrivono i giudici di merito – che "chi intenda eseguire una manovra di sorpasso ed occupare, se pure parzialmente (a quel che risulta per cm 30-40), l’opposta mezzeria (in presenza tra l’altro di striscia continua di demarcazione) sia preventivamente tenuto a verificare se essa sia sgombra da veicoli e, in caso contrario, ad arrestare la marcia e ad accordare loro la dovuta precedenza".
Ad onta della sicura responsabilità del G.L., non si poteva però ritenere esente da rimproveri il comportamento dell’altro conducente, il L..
Ciò, in considerazione del mancato compimento, da parte sua, di una possibile manovra di emergenza e della velocità, forse eccessiva, avuto riguardo alle condizioni di tempo e di luogo. Potendo quindi ravvisarsi un concorso di colpa dell’attore, se pure di ridotta entità, i relativi gradi di colpe potevano essere ragionevolmente determinati nel 70% per il conducente dell’autoXXiera e nel 30% per l’altro conducente.
Tutto ciò premesso, risulta pertanto evidente come la Corte di Appello, contrariamente all’assunto dei ricorrenti incidentali, abbia argomentato adeguatamente sul merito della controversia con una motivazione sufficiente, logica, non contraddittoria e rispettosa della normativa in questione. Da ciò deriva anche l’infondatezza del sub motivo, attinente al preteso vizio di motivazione con riferimento alla quantificazione delle responsabilità. Ed invero, deve osservarsi a riguardo che il giudizio riguardante l’attribuzione delle percentuali di colpa è il risultato di una valutazione di fatto, rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito, la quale, tradottasi in termini aritmetici, è insindacabile in sede di legittimità, se non esclusivamente sotto il profilo di una motivazione intrinsecamente contraddittoria, nel senso che l’espressione percentuale dell’apporto causale colposo stabilita dal giudice del merito sia incompatibile con le osservazioni logiche che la sorreggono. Ma tale ipotesi non ricorre assolutamente nella specie, avendo la Corte posto l’apporto causale della condotta di guida del L. su un livello di responsabilità assai più modesto rispetto a quello dell’altro conducente e definendolo espressamente di ridotta entità.
Alla stregua di tutte le pregresse considerazioni, devono essere accolti, per quanto di ragione, il quarto ed il quinto motivo del ricorso principale mentre vanno dichiarati inammissibili gli altri motivi del medesimo ricorso e va rigettato quello incidentale. Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere cassata, in relazione al ricorso ed ai motivi accolti. Con l’ulteriore conseguenza che, occorrendo un rinnovato esame da condursi nell’osservanza dei principi richiamati, la causa va rinviata alla Corte di Appello di Messina, in diversa composizione, che provvedere anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.
P.Q.M.
La Corte decidendo sui ricorsi riuniti accoglie, nei termini di cui in motivazione, il quarto ed il quinto motivo del ricorso principale, dichiara inammissibili i restanti motivi e rigetta il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione, con rinvio della causa alla Corte di Appello di Messina, in diversa composizione, che provvedere anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2012

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