Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 10-10-2013) 24-10-2013, n. 43574

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con ordinanza resa il 18 giugno 2013 il Tribunale di Catanzaro, costituito ai sensi dell’art. 309 c.p.p., dichiarava inammissibile il riesame proposto nell’interesse di S.D. avverso l’ordinanza resa dal G.I.P. di quello stesso Tribunale che in data 2 maggio 2012 gli aveva applicato la misura della custodia in carcere.

1.1 Il Tribunale fondava la decisione sul rilievo della già avvenuta precedente proposizione di istanza di riesame avverso lo stesso provvedimento cautelare, in un momento successivo oggetto di una dichiarazione di rinuncia da parte del difensore, ragione per la quale il gravame era stato dichiarato inammissibile, il che ne aveva precluso la riproposizione per la già intervenuta consumazione della facoltà di impugnazione.

2.Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’indagato a mezzo del suo difensore, il quale lamenta l’erronea applicazione dell’art. 591 c.p.p., comma 1 lett. d), e manifesta illogicità della motivazione: il Tribunale non aveva considerato che l’originaria istanza di riesame era stata oggetto di rinuncia, non all’udienza di trattazione del procedimento, ma con istanza trasmessa a mezzo fax il 15/6/2012 e che il difensore non aveva presenziato alla successiva udienza senza avere quindi potuto prendere conoscenza dell’ordinanza che aveva dichiarato inammissibile il riesame, mai nemmeno notificatagli.

Inoltre, ha rilevato che la precedente declaratoria di inammissibilità era preclusa dalla mancata dichiarazione di rinuncia proveniente dall’indagato.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va dunque respinto.

1.L’ordinanza impugnata ha correttamente rilevato che l’istanza di riesame nell’interesse del S. era stata presentata per la seconda volta contro il medesimo provvedimento, impositivo della stessa misura coercitiva, dopo che la precedente era stata oggetto di rinuncia da parte del difensore. Ebbene, il ricorso conferma tale presupposto, ma sostiene che la rinuncia non sarebbe intervenuta all’udienza di trattazione del gravame, celebrata davanti al Tribunale, ma con dichiarazione scritta fatta pervenire in cancelleria: non si vede però quale rilevanza possa rivestire la modalità di espressione della volontà di rinunciare all’impugnazione proposta, che è comunque intervenuta e che, ai sensi dell’art. 591 c.p.p., ne ha determinato l’inammissibilità, dichiarata con ordinanza.

Inoltre, tale provvedimento non è mai stato contestato mediante proposizione ricorso per cassazione, nè immediatamente dopo la sua pronuncia, nè in seguito quando il difensore ne aveva comunque preso cognizione.

1.1 Per tale ragione non è consentito sostenere in questa sede l’invalidità e l’inefficacia della rinuncia perchè non proveniente dall’indagato personalmente, questione che avrebbe dovuto farsi valere con il previsto mezzo d’impugnazione, tempestivamente proposto, contro la prima ordinanza dichiarativa di inammissibilità.

1.2 Il ricorrente propugna la tesi, secondo la quale la rinunzia del difensore alla richiesta di riesame non precluderebbe all’indagato l’esercizio in un secondo momento dello stesso diritto d’impugnare il medesimo provvedimento: al contrario, nell’ordinamento processuale vige il principio di unicità dell’impugnazione, nel senso che, qualora il mezzo di gravame sia stato proposto da uno dei soggetti legittimati, sia l’indagato, oppure il suo difensore, e quando l’autorità competente abbia reso una decisione al riguardo, si è già conseguito l’effetto perseguito dall’impugnazione ed il relativo diritto si è consumato, non essendo più ammesso all’altro soggetto legittimato di esercitarlo nuovamente; in altri termini, l’ordinamento non può consentire che quando il gravame, che investa la sentenza emessa nel giudizio di cognizione, oppure il provvedimento cautelare, abbia sortito l’effetto di provocare una decisione che riguarda la posizione dell’indagato o imputato, non già l’interesse del suo difensore, lo stesso possa essere reiterato (Cass. sez. 6^, n. 2490 del 22/06/1995, Emanuello, rv. 202774; sez. 1^, n. 4563 del 30/6/1999, Lonoce, rv. 214034; sez. 2^, n. 19835 del 19/04/2006, Barbaro, rv. 234655). Come autorevolmente affermato da S.U. n. 6026 del 31/01/2008, Huzuneanu, Rv. 238472, che ha escluso la possibilità che, proposta l’impugnazione dal difensore, di fiducia o di ufficio, nell’interesse dell’imputato contumace o latitante, una volta intervenuta la relativa decisione, questi possa ottenere la restituzione nel termine per proporre a sua volta impugnazione, la duplicazione dei gravami, interposti dalla pluralità di soggetti legittimati, darebbe luogo ad una situazione incompatibile con l’esigenza di garantire la "ragionevole durata" al processo e quindi contraria, sia al disposto dell’art. 111 Cost., che dell’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

Per le considerazioni svolte il ricorso è infondato e va respinto con la conseguente condanna del proponente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2013.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2013

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