T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 28-01-2011, n. 181

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con il ricorso in esame, la società A. S.p.a., originariamente costituita con capitale interamente pubblico e poi trasformatasi in società a capitale misto (mediante selezione pubblica del socio privato, operativo e temporaneo) per poter assumere, nel rispetto dell’art. 113, comma 5, lett. B) del d. lgs. 267/00, la gestione del servizio idrico integrato e del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani dopo il 31 dicembre 2006, rappresenta di essere stata oggetto di un procedimento volto ad accertare l’eventuale inosservanza della normativa per l’affidamento del servizio idrico integrato, avviato dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.

Nonostante essa avesse segnalato, a seguito della comunicazione di avvio del procedimento, l’erronea qualificazione dell’affidamento ad A. che, proprio per aver effettuato una gara pubblica per l’individuazione del socio privato, operativo e temporaneo, non avrebbe dovuto essere qualificata alla stregua di un titolare di affidamento in house, l’Autorità addiveniva alla conclusione che "le gestioni oggetto dei SII oggetto di indagine non siano conformi alle disposizioni normative e alla giurisprudenza prevalente in materia".

A. s.p.a. presentava, quindi, una motivata istanza di riesame della deliberazione n. 15/2010 che in tal senso si esprimeva e, nelle more, notificava un ricorso per l’annullamento della decisione, anche in ragione della lesione all’immagine derivante dalla pubblicazione del parere e per l’accertamento della piena efficacia del contratto di servizio in essere con l’A.T.O. di Mantova. A tal fine, sostenuta la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e l’esistenza di un interesse concreto ed attuale alla pronuncia in ragione della notevole autorevolezza del parere dell’Autorità, essa deduceva la violazione dell’art. 23 bis del D.L. 112/08, dell’art. 113, comma 5, lett b) del d. lgs. 267/00, nonché dell’art. 3 della legge n. 241/90.

Lo stesso giorno in cui provvedeva alla notifica del ricorso, A. s.p.a. riceveva la comunicazione della deliberazione n. 28 del 9 giugno 2010 con cui il Consiglio dell’Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, preso atto di quanto rappresentato dalla suddetta società, affermava comunque la permanenza di "una parziale non conformità della gestione in relazione alla durata della società non correlata alla durata dell’affidamento".

Parte ricorrente depositava, quindi, un ricorso per motivi aggiunti, avente ad oggetto la deliberazione n. 28/2010, deducendo la violazione dell’art. 23 bis del D.L. 112/08, dell’art. 113, comma 5, lett b) del d. lgs. 267/00, nonché dell’art. 3 della legge n. 241/90, in cui l’Autorità sarebbe incorsa non avendo correttamente valutato la peculiarità del titolo azionario di partecipazione del socio privato nel caso in esame. La clausola di exit, preordinata a garantire la temporaneità della partecipazione, sarebbe, secondo la ricorrente, ontologicamente connessa a tale peculiarità, derivante dal fatto che lo Statuto della società prevede espressamente che l’ambito di competenza sia quello dell’"attività oggetto dell’affidamento da parte delle competenti autorità d’ambito" e, conseguentemente, le azioni correlate "hanno diritto alla corrispondente quota finale di liquidazione nella misura del 40 %". La cessazione del rapporto con l’azionista sarebbe, quindi, naturalmente collegata alla scadenza del termine dell’affidamento.

Il 14 luglio 2010 si costituiva in giudizio l’Autorità d’Ambito, sostenendo l’infondatezza del ricorso.

Alla camera di consiglio del 15 luglio 2010, il Collegio dava atto dell’inammissibilità del ricorso per effetto della notificazione dello stesso direttamente all’Amministrazione, anziché all’Avvocatura distrettuale dello Stato, che la rappresenta ex lege. Il disposto dell’art. 1 comma 1 del r.d. n. 1611 del 1933 prevede, infatti, che spetti all’Avvocatura di Stato la rappresentanza, l’assistenza e il patrocinio in giudizio delle amministrazioni dello Stato, anche se organizzate ad ordinamento autonomo, tra le quali si annoverano anche le Autorità indipendenti (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 25 novembre 1994, n. 1716).

In ragione di ciò l’istanza cautelare veniva respinta evidenziando il mancato rispetto del principio del contradditorio.

A ciò faceva seguito il rinnovo della notifica del ricorso a mani dell’Avvocatura distrettuale dello Stato.

L’Amministrazione si costituiva, quindi, in giudizio e, con successiva memoria eccepiva l’inammissibilità del ricorso per la tardività della corretta notificazione e per la carenza di efficacia provvedimentale lesiva del provvedimento impugnato.

Parte ricorrente, al contrario, sosteneva il rispetto dei termini decadenziali per la proposizione del ricorso, con riferimento al rinnovo della notifica, stante l’inapplicabilità alla fattispecie in esame della riduzione dei termini per la proposizione del ricorso di cui al d. lgs. 53/10, nonché l’inesistenza di un termine decadenziale per la proposizione dell’autonoma domanda di accertamento dell’efficacia, sino alla naturale scadenza, del contratto di servizio.

Alla pubblica udienza del 13 gennaio 2011 la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso introduttivo deve essere dichiarato inammissibile per tardività dello stesso.

In sede cautelare, il Collegio aveva ritenuto, in ossequio al principio di cui all’art. 73, comma 3 del Nuovo codice del processo amministrativo – il quale prevede che "Se ritiene di porre a fondamento della sua decisione una questione rilevata d’ufficio, il giudice la indica in udienza dandone atto a verbale" – che, ravvisandosi i presupposti per dichiarare inammissibile il ricorso proposto, in quanto rivolto avverso un provvedimento dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e fornitura, ma notificato presso il domicilio reale e non presso l’Avvocatura di Stato -, dell’esistenza di tale pregiudiziale in rito dovesse essere data comunicazione alle parti, ancorchè non fosse ancora entrato in vigore il d. lgs. 104/10.

A seguito di ciò, parte ricorrente ha provveduto ad effettuare una nuova notifica del ricorso il 21 luglio 2010, sostenendo la tempestività della stessa, in considerazione del momento in cui parte ricorrente avrebbe avuto piena conoscenza della deliberazione n. 28 del Consiglio dell’Autorità, emanata in via di autotutela il 9 giugno 2010.

La tesi non può trovare accoglimento, posto che è la stessa ricorrente a sostenere che la deliberazione adottata in sede di riesame sia autonomamente lesiva (facendo così decorrere nuovi termini per l’impugnazione del solo provvedimento sopravvenuto). In effetti, in ragione di ciò, il Collegio ritiene che non possa comunque ravvisarsi alcun interesse concreto ed attuale alla pronuncia sulla prima decisione dell’Autorità (la n. 15 del 2010), dal momento che le conclusioni della stessa sono state superate dalla successiva deliberazione n. 28/2010 che, in esito al riesame, ha confermato solo uno dei tre rilievi originariamente mossi avverso l’affidamento che vede titolare del contratto la odierna ricorrente.

Ne discende che il ricorso introduttivo sarebbe comunque improcedibile.

Il ricorso avverso il provvedimento di secondo grado, invece, deve ritenersi tempestivo, considerato che, come dalla stessa ricorrente affermato all’ultimo capoverso di pagina 2 del ricorso per motivi aggiunti, essa ha ricevuto comunicazione della deliberazione n. 28 del 9 giugno lo stesso giorno della notifica del ricorso introduttivo e cioè il 14 giugno 2010.

È pur vero che a tale data era già entrato in vigore il d. lgs. 53/10, che indicava in trenta giorni dalla conoscenza del provvedimento il termine per la notificazione del ricorso. Ciononostante la notificazione correttamente effettuata non può ritenersi tardiva, in quanto la richiamata disposizione, nel breve periodo della sua vigenza, poteva trovare applicazione con riferimento solo a controversie aventi ad oggetto la specifica materia degli appalti pubblici, cui quella in esame non risulta in effetti riconducibile.

Si può peraltro prescindere da un più approfondito esame della questione, atteso che il ricorso risulta inammissibile sotto il diverso profilo della carenza di lesività del provvedimento censurato, il quale non risulta essere idoneo ad incidere sul permanere degli effetti del contratto in essere.

Il Collegio ritiene, a tale proposito, di poter condividere la giurisprudenza maggioritaria secondo cui gli atti impugnati non avrebbero contenuto provvedimentale, ma di mera manifestazione di giudizio, che la legge consentirebbe alla stessa Autorità, nell’esercizio del generale potere di vigilanza attribuito a quest’ultima sul sistema dei Lavori Pubblici (così TAR Lazio, III, 16.6.2004, n. 5816, il cui contenuto è ripreso dalla sentenza del medesimo Tribunale n. 3804 del 2009). In altri termini, nel caso di specie, avente ad oggetto l’affidamento della gestione del servizio idrico integrato, quindi, essendosi, l’Autorità si è limitata ad esprimere sostanzialmente un proprio "avviso" sulla vicenda, ovvero un parere, in quanto tale incapace di recare direttamente ed immediatamente alcun pregiudizio alla ricorrente, come confermato dal fatto che nessuna sanzione risulta comminata a suo carico: pertanto, la domanda giudiziale risulta priva del necessario interesse concreto, diretto e attuale alla sua proposizione, non essendo mai stata messa in dubbio la permanenza, allo stato degli atti, del contratto in essere. In definitiva, la sola conseguenza riconducibile all’inosservanza dei rilievi formulati dall’Autorità consiste esclusivamente nell’inevitabile assunzione di responsabilità, da parte del concessionario della gestione e nelle sedi competenti, in ordine al mantenimento dei rapporti in essere, nonostante le diverse indicazioni ricevute.

Il ricorso, quindi, risulta essere impropriamente anticipatorio della domanda che avrebbe potuto essere tempestivamente proposta – in presenza di tutte le condizioni dell’azione, e potrà ancora essere proposta al verificarsi del presupposto -, censurando in tal caso anche la legittimità del parere in questione, laddove sulla scorta di quest’ultimo o in ragione di analoghe considerazioni, il concedente ambito territoriale dovesse incidere, con propri provvedimenti, sull’affidamento alla ricorrente.

Riassuntivamente, pertanto, dichiarato inammissibile il ricorso introduttivo, anche il ricorso per motivi aggiunti deve essere dichiarato inammissibile, ancorchè per le diverse ragioni ora esposte.

Sussistono comunque giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio, attesa la particolarità della questione e la sua parziale novità.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara sia il ricorso introduttivo, che il successivo ricorso per motivi aggiunti, inammissibili.

Dispone la compensazione delle spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 13 gennaio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Calderoni, Presidente

Stefano Tenca, Primo Referendario

Mara Bertagnolli, Primo Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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