Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 10-10-2013) 24-10-2013, n. 43571

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 19 marzo 2013 il G.U.P. del Tribunale di Catanzaro dichiarava non luogo a procedere nei confronti delle imputate M.N. e S.C. in ordine al reato di cui alla L. n. 895 del 1967, artt. 2 e 7, loro contestato perchè, in concorso, detenevano illegalmente presso l’abitazione un fucile da caccia cal. 12, recante matricola n. (OMISSIS) e n. 20 cartucce a palla cal. 12, di proprietà del defunto congiunto G. S., in (OMISSIS).

1.1 Osservava il Giudice che l’arma e le munizioni, già di proprietà di S.G., rispettivamente coniuge e padre dell’imputate, il quale le aveva detenute nell’abitazione familiare dopo averne fatto regolare denuncia, quindi acquisite dalle sue eredi dopo la di lui morte, erano state da costoro conservate nell’erroneo convincimento della legalità di tale detenzione e nell’ignoranza delle prescrizioni di cui all’art. 38 T.U.L.P.S..

Riteneva dunque rilevante la condizione psicologica delle imputate, perchè integrante un errore sul fatto costituente reato, frutto di errore su legge diversa da quella penale ai sensi dell’art. 47 c.p., u.c..

2.Avverso detta pronuncia ha interposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Catanzaro, il quale lamenta inosservanza ed erronea applicazione della legge penale: l’errore in cui erano incorse le imputate ricadeva sul contenuto precettivo di norma integratrice di disposizione di legge penale, come tale irrilevante e privo di efficacia scriminante.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato e va accolto.

1.1 presupposti di fatto della vicenda processuale sono pacifici: a S.G., legittimo proprietario e detentore legale di fucile e munizioni, erano succedute "iure hereditatis" la moglie e la figlia, con lui residenti nella stessa abitazione, all’interno della quale erano conservate anche l’arma ed il munizionamento, senza che costoro avessero presentato nel termine di legge la prescritta denuncia all’autorità di Pubblica Sicurezza.

1.1 Invero, la norma di cui all’art. 38 T.U.L.P.S. impone a chiunque abbia la disponibilità di un’arma e delle relative munizioni a qualunque titolo, – quindi anche in via temporanea e per conto di terzi, a prescindere dall’appartenenza in forza di un diritto reale o personale di godimento, di farne denuncia all’autorità di polizia, onde consentirle di acquisire precisa cognizione della presenza di armi, del luogo conservazione e dell’identità del detentore nell’ambito territoriale di competenza.

I medesimi principi, dettati dalla "ratio" perseguita dalla previsione normativa, funzionale ad assicurare la costante possibilità di controllo ed apprensione delle armi denunciate, conservano validità anche nei riguardi di quanti abbiano acquisito detti dispositivi a titolo derivativo per effetto di un atto del precedente titolare, imponendo anche a costoro l’obbligo della denuncia, sebbene l’arma fosse stata già denunciata dal dante causa, insorgendo l’obbligo personale sin dal momento della materiale e concreta disponibilità dei beni.

1.2 In tal senso si è espresso il costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità (Cass. sez. 1^, n. 8051 del 24/6/1982, Matera, rv. 155110; sez. 1^. n. 11595 del 30/5/1986, Squillacioti, rv. 174084; sez. 1^, n. 6587 del 24/1989, Mignone, rv. 181207; sez. 6^ n. 22413 del 13/5/2008, Messina, rv. 240360) ed indicazioni interpretative analoghe si traggono anche dalla giurisprudenza costituzionale.

Invero, anche la Corte delle leggi con la sentenza n. 166/1982 ha escluso il vizio di incostituzionalità delle norme di cui al combinato disposto del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 38, della L 2 ottobre 1967, n. 895, artt. 2 e 7, della L. 14 ottobre 1974, n. 497, artt. 10 e 4, per contrasto con l’art. 3 Cost. e ha riconosciuto che l’equiparazione della sanzione penale, stabilita per l’omissione originaria della denuncia di un’arma, a quella imposta per l’omessa reiterazione della denuncia nel luogo di nuova residenza in caso di trasferimento dell’arma, non è irragionevole e non viola il principio di eguaglianza, in quanto le condizioni oggettive e soggettive delle due violazioni non divergono in ragione dei motivi di ordine pubblico ad esse sottesi, richiedenti che siano sempre noti chi detiene l’arma ed il luogo in cui la detiene, onde consentire un tempestivo intervento di controllo.

1.3 Da tali autorevoli rilievi discende che anche nella vicenda in esame ricorrevano le medesime esigenze di ordine pubblico che pretendono nell’autorità di polizia la chiara, costante ed immediata conoscenza, oltre che del luogo di detenzione, anche della persona del detentore dell’arma.

1.4 Nè può essere fondatamente ritenuta l’ignoranza circa il dovere di denuncia gravante sull’erede detentore, atteso che, quanto all’elemento psicologico, la norma incriminatrice richiede il dolo generico, ovvero la coscienza e la volontà della condotta, l’avere coscientemente l’arma a disposizione per un tempo apprezzabile, restando confinati sul piano dell’irrilevanza i motivi dell’azione (Cass., sez. 1^, n. 12911 del 19/12/2000, Bortoluzzi, rv. 218441;

sez. 1^, n. 18013 del 10/3/2004, PG in proc. Tambosi, rv. 227978;

sez. 1^, n. 15880 del 16/1/2007, Pizzino, rv. 236207; sez. 1^, n. 7906 del 12/06/2012, Omacini, rv. 255193).

1.5 La contraria opinione espressa dal G.U.P. è frutto di erronea interpretazione ed applicazione della norma di cui all’art. 47 c.p., u.c.: nel caso in esame l’ignoranza delle imputate non ha riguardato un mero dato di fatto, come avrebbe potuto accadere qualora non fossero mai state a conoscenza della presenza nell’abitazione del fucile e delle munizioni, perchè occultate in luogo inaccessibile e noto solo al loro dante causa, quanto piuttosto l’obbligo di presentare nuova denuncia, una volta divenute proprietarie di quei dispositivi.

In questo caso esse hanno ignorato un obbligo, prescritto da norma integratrice della legge penale: con tale locuzione si qualificano pacificamente la disposizioni di altri settori giuridici "che intervengano nell’area di rilevanza penale di un fatto umano, escludendola, riducendola o comunque modificandola in senso meliorativo per l’agente; e, ciò, quand’anche la nuova norma non rechi testuale statuizione in tal senso ma, comunque, regoli significativamente il fatto in termini incompatibili con la precedente disciplina penalistica ovvero incidenti, per il nuovo caso regolato, nella struttura della norma incriminatrice o, quanto meno, sul giudizio di disvalore in essa espresso" (Cass. sez. 5^, n. 8045 del 2/3/2005, Battaglia ed altri, rv. 230567; nonchè sez. 2^ n. 46669 del 23/11/2011, PG in proc Masi, rv. 252194; sez. 3^, n. 9482 dell’1/2/2005, Pitrella, rv. 231228).

L’art. 38 T.U.P.L.S. interviene a sancire e regolamentare con una previsione specifica e di chiarissimo contenuto un requisito temporale, incidente sull’obbligo di denuncia, imposto a chiunque sia detentore di arma e tale prescrizione, consentendo di posporre sino a settantadue ore l’adempimento rispetto all’acquisizione dell’arma, condiziona la possibilità di ravvisare il reato, perchè incide su uno degli elementi oggettivi della fattispecie, ossia la mancata presentazione della denuncia all’autorità di p.s..

Pertanto, del tutto correttamente il ricorrente ne indica la natura di norma sostanziale, integratrice del precetto penale (Cass., sez. 1^, n. 7862 del 24/6/1982, Cornerei, rv. 155026), dal momento che la condotta omissiva sanzionata può ravvisarsi in tanto in quanto non siano rispettate le prescrizioni delle leggi di pubblica sicurezza che regolano la denuncia quanto al suo contenuto ed alle modalità ed ai tempi di presentazione. Ne consegue che non può sostenersi la mancata conoscenza degli obblighi di legge quale errore scusabile, trattandosi di errore ricadente su norma integratrice del precetto penale (Cass. sez. 1^, n. 1028 del 12/11/1982, Lomartire, rv. 157301;

sez. 1^, n. 8241 del 05/07/1983, Barberis, rv. 160656; sez. 1^, n. 10805 del 10/6/1986, Marigliano, rv. 173937; sez. 1^, n. 3601 del 28/09/1992, Paparo, rv. 192538).

La sentenza impugnata non si è attenuta a questi principi e va dunque annullata con rinvio per la rinnovazione del giudizio, che dovrà tenere conto dei superiori rilievi.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al G.U.P. del Tribunale di Catanzaro.

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2013.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2013

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