T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 28-01-2011, n. 180

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con il ricorso in esame, ritualmente notificato e depositato, il sig. S.G. evidenzia in punto di fatto come, con nota del 21 maggio 2010, la Legione Carabinieri Lombardia, Stazione di Manerbio avesse informato il Comune di stare procedendo, a carico del sig. S.G., per i reati di cui agli artt. 336 c.p. (violenza a pubblico ufficiale) e 340 c.p. (interruzione di un ufficio di servizio pubblico o di pubblica utilità), aggravati dall’abuso di poteri o violazione di doveri inerenti ad una pubblica funzione. In ragione di ciò la stessa Stazione dei Carabinieri invitava il Comune a valutare l’opportunità di emettere, in via preventiva, un decreto di sospensione dell’assegnazione dell’arma di servizio.

Sulla scorta di tale segnalazione, il medesimo giorno, il Sindaco riteneva che ragioni di garanzia della sicurezza pubblica e personale dell’Agente Istruttore S. giustificassero la sospensione immediata dell’assegnazione dell’arma di servizio.

Ravvisando l’illegittimità di tale provvedimento, il ricorrente lo ha impugnato deducendo:

– violazione degli artt. 7 e 8 della legge n. 241/90;

– difetto assoluto di motivazione e istruttoria;

– erronea valutazione della sussistenza dei presupposti di pericolo, di fatto inesistenti;

– violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 5 della legge n. 65/1986, dell’art. 6 e dell’art. 20 del D.M. 4 marzo 1987, n. 145 e dell’art. 5 del regolamento comunale: disposizioni, queste, che consentirebbero comunque al ricorrente di poter portare, senza licenza, le armi necessarie allo svolgimento del servizio, non essendo in alcun modo venuti meno i presupposti previsti dalla legge a tal fine. In ogni caso le norme richiamate non prevedono, secondo il ricorrente, alcuna possibilità per il Sindaco di sospendere l’assegnazione dell’arma;

– violazione dei principi in materia cautelare, secondo cui dovrebbe essere fissato un termine alla efficacia dei provvedimenti aventi tale natura.

In sede cautelare questo Tribunale ha ritenuto meritevole di positivo apprezzamento quanto dedotto con il secondo motivo di ricorso, in ordine alla carenza di motivazione del provvedimento impugnato e, conseguentemente, ha sospeso gli effetti del medesimo.

In vista della pubblica udienza il Ministero della Difesa si è limitato ad una formale costituzione in giudizio, senza esplicare alcuna specifica difesa, mentre il Comune ha depositato, il 10 settembre 2010 una nota nella quale si dà atto di stare provvedendo al riesame del proprio provvedimento.

Alla pubblica udienza del 13 gennaio 2011 la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti costituite, è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso merita accoglimento.

Nel provvedimento del Sindaco impugnato, infatti, non si dà atto del fatto che sia stata svolta autonoma attività istruttoria e la stessa motivazione si esaurisce nel mero richiamo della nota informativa dei Carabinieri. Quest’ultima segnala, peraltro, solo la contestazione degli addebiti al ricorrente, senza rappresentare lo svolgimento dei fatti e le circostanze in cui è stato posto in essere il comportamento ritenuto penalmente rilevante, circostanze dalla cui conoscenza e valutazione non si può, invece, prescindere ai fini di valutare l’affidabilità nell’uso delle armi del soggetto abilitato a portarle.

Ne discende che il richiamo alla suddetta nota informativa non può essere ritenuto di per sé sufficiente a motivare il provvedimento cautelare censurato.

Tale obbligo motivazionale appare ancora più forte in quanto si consideri, come già evidenziato in sede cautelare, che, nell’adozione del provvedimento impugnato, il Sindaco ha rivendicato un potere generale di controllo sul perdurare delle condizioni di affidabilità dell’agente di polizia municipale, munito di armi, avente carattere autonomo, il cui esercizio richiedeva, quindi, un’adeguata istruttoria e motivazione.

In altre parole, nel caso di specie non trattandosi di un ritiro dell’autorizzazione all’uso dell’arma conseguente alla revoca del porto d’armi – nel qual caso il ritiro stesso risulterebbe obbligatorio ed automatico – bensì di una valutazione discrezionale della permanenza delle condizioni di affidabilità nell’uso delle armi, il censurato provvedimento richiedeva necessariamente una seppur minima e sintetica motivazione.

Non avendo, l’Amministrazione, provveduto ad eliminare tale vizio formale del procedimento, nonostante l’invito al riesame formulato in sede cautelare, il provvedimento non può che essere annullato a causa della carenza di adeguata motivazione.

Le spese del giudizio seguono l’ordinaria regola della soccombenza nei confronti del Comune – e a favore del ricorrente -, atteso che l’illegittimità dedotta non è imputabile all’attività del Ministero della Difesa, anch’esso intimato e nei cui confronti esse possono, invece, trovare compensazione.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.

Condanna il Comune di Bagnolo Mella al pagamento delle spese del giudizio, a favore del ricorrente, nella misura di Euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre ad IVA, C.P.A. e rimborso forfetario delle spese, nonché al rimborso del contributo unificato dallo stesso anticipato ai sensi del comma 6 bis dell’articolo 13 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 13 gennaio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Calderoni, Presidente

Stefano Tenca, Primo Referendario

Mara Bertagnolli, Primo Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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