Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 10-10-2013) 24-10-2013, n. 43560

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Svolgimento del processo
1. Con ordinanza deliberata il 16 gennaio 2013 e depositata il successivo 18 gennaio, il Tribunale di Nocera Inferiore, giudice dell’esecuzione, in accoglimento solo parziale dell’incidente di esecuzione proposto da M.A. avverso il provvedimento di esecuzione di pene concorrenti emesso, il 9 marzo 2012, dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Salerno, ha ricompreso la sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore in data 13/02/2003, irrevocabile l’11/12/2009, nel secondo cumulo parziale dal quale era stata erroneamente esclusa, mentre ha respinto le ulteriori richieste del M. intese all’intera detrazione dal cumulo delle pene della custodia cautelare sofferta, senza titolo, dal 16/11/1978 al 5/12/1979 e all’applicazione dell’indulto sul cumulo giuridico finale delle pene subite, anzichè su quello parziale delle sole pene condonabili.
2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto duplice ricorso per cassazione il M. personalmente e tramite uno dei suoi difensori di fiducia, avvocato XXX XXX del foro di Salerno, il quale, in data 25 settembre 2013, ha anche depositato motivi aggiunti.
2.1. Il ricorso personale del M. deduce, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), l’inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 174 c.p., comma 2, in relazione agli artt. 78 e 80 c.p., per non avere il Tribunale operato la detrazione dell’indulto dopo l’applicazione delle norme sul concorso di reati e, in particolare, per aver negato l’applicazione del beneficio sul cumulo giuridico delle pene.
2.2. Il ricorso del M., tramite l’avvocato XXX M., denuncia la violazione di legge, in relazione agli artt. 78 e 174 c.p., e il difetto di motivazione in tema di applicazione dell’indulto sul cumulo parziale delle pene anzichè su quello giuridico finale; e, anche, l’illegittimità dell’omessa detrazione dal cumulo giuridico dei periodi di detenzione senza titolo.
2.3. Nei motivi aggiunti, presentati tramite l’avvocato M. XXX, si prospetta conflitto normativo tra l’art. 174 e l’art. 78 c.p., ove interpretati nei termini sostenuti nell’ordinanza impugnata, e si eccepisce l’illegittimità costituzionale delle suddette norme, nell’applicazione operatane, in relazione agli artt. 3, 13 e 25 Cost..
3. Il Pubblico ministero presso questa Corte, nella requisitoria depositata il 17 maggio 2013, ritenendo la decisione impugnata conforme ai principi giurisprudenziali costantemente affermati, ha chiesto il rigetto dei ricorsi con i provvedimenti consequenziali.
Motivi della decisione
1. Il ricorso non merita accoglimento.
1.1. Il primo motivo, secondo cui è illegittima l’applicazione dell’indulto sul cumulo materiale delle pene, dovendo esso operare, a norma dell’art. 174, c.p., comma 2, sul cumulo giuridico finale di esse, previa applicazione del principio moderatore di cui all’art. 78 c.p., è infondato.
La giurisprudenza è costante nell’affermare che la regola di cui all’art. 174 c.p., comma 2, secondo la quale, in caso di concorso di più reati, l’indulto si applica una sola volta dopo aver cumulato le pene, opera solo alla condizione che tutte le pene siano condonabili, giacchè nessuna causa di estinzione della pena può incidere su un cumulo che comprenda pene sulle quali la stessa causa non può esplicare i suoi effetti; in tal caso, occorre procedere alla separazione delle pene condonabili e, quindi, procedere unificando le pene non condonabili con la parte di quelle condonabili che è residuata dopo l’applicazione dei benefici indulgenziali, effettuando la riduzione prevista dall’art. 78 c.p., solo all’esito di tale operazione (Sez. 1^, n. 8552 del 23/01/2013, dep. 21/02/2013, Piccolo Rv. 254929; conformi: n. 1089 del 1990, Rv. 184277; n. 1834 del 1990, Rv. 184957; n. 1306 del 1992, Rv. 190226; n. 2347 del 1993, Rv.
194617; n. 1123 del 1996, Rv. 203997; n. 19339 del 2006, Rv. 234181;
n. 43684 del 2007, Rv. 238692; n. 46279 del 2007, Rv. 238427; n. 12709 del 2008, Rv. 239377; n. 32955 del 2008, Rv. 240610; n. 5978 del 2009, Rv. 243354).
Tale lettura giurisprudenziale non è stata smentita, contrariamente all’assunto del ricorrente, dalla sentenza a sezioni unite di questa Corte n. 36837 del 15/07/2010, dep. il 15/10/2010 (imp. XXX), la quale risolve la diversa questione giuridica del concorso di cause estintive, escludendo la contestuale applicazione dell’indulto e della sospensione condizionale della pena per la prevalenza attribuita a quest’ultimo beneficio sul primo.
Il passaggio motivazionale della suddetta decisione in cui si sottolinea che l’indulto si ripartisce su tutte le pene cumulate, a norma dell’art. 174 c.p.p., comma 2, previa esclusione dal cumulo delle pene già eseguite, estinte e non eseguibili per qualsiasi causa, non sottintende un cumulo comprensivo anche di pene non condonabili.
E al riguardo va precisato che, in tema di indulto da applicare nel concorso di più reati, la limitazione del cumulo alle pene condonabili non determina il denunciato conflitto normativo tra l’art. 78 c.p. e art. 174 c.p., comma 2, poichè il provvedimento indulgenziale opererà pur sempre sulla pena determinata in base alle norme che disciplinano il concorso di reati e, dunque, nel rispetto dei limiti degli aumenti delle pene principali di cui all’art. 78 c.p., commi 1 e 2, (c.f.r., sul punto, la recente sentenza di questa Corte n. 8552 del 2013, Rv. 254929, cit.).
1.2. Parimenti infondato è il secondo motivo.
Il provvedimento impugnato ha fatto corretta applicazione della regola posta dall’art. 657 c.p.p., comma 4, rispondente ad ovvie esigenze di prevenzione criminale, secondo cui non è fungibile con la pena da eseguire per un reato, il periodo trascorso in custodia cautelare "sine titulo" per altri delitti commessi in precedenza, essendo computabile solo la custodia cautelare subita o le pene espiate senza titolo dopo la commissione del reato per il quale deve essere determinata la pena da eseguire (c.f.r., tra le molte, Sez. 1^, n. 20332 del 11/05/2006, dep. 14/06/2006, XXX, Rv. 234444).
1.3. E’, infine, manifestamente infondata la prospettata questione di illegittimità costituzionale degli artt. 174 e 78 c.p., i quali, ove interpretati e applicati nel senso sostenuto nell’ordinanza impugnata, si porrebbero in contrasto con gli artt. 3, 13 e 25 Cost., richiamati dal difensore nei motivi aggiunti.
Il criterio di applicazione dell’indulto a pene concorrenti, delle quali non tutte possono fruire del beneficio (criterio secondo cui si procede a cumuli parziali rispettivamente delle pene cui l’indulto è applicabile e di quelle cui non è applicabile, quindi si applica il beneficio alle prime e si procede, infine, al cumulo delle pene cosi residuate con le altre cui il beneficio non è stato applicato), può in effetti comportare il risultato che la somma finale delle pene non condonabili e di quelle residue dopo l’applicazione del condono superi il limite XXX di cui all’art 78 c.p., imponendo la riduzione della pena complessiva entro il tetto degli anni trenta, senza ulteriore riduzione; ma tale effetto non determina alcuna violazione dei principi costituzionali di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, inviolabilità della libertà personale e legalità della pena, per pretesa vanificazione del trattamento di clemenza in caso di cumulo parziale e disparità di trattamento tra condannati che beneficiano dell’indulto sull’intera pena da espiare e quelli che ne fruiscono solo parzialmente, considerata la diversità dei presupposti che impongono di procedere a cumulo parziale anzichè ad un unico cumulo giuridico, salva l’applicazione anche al primo, come si è detto, delle norme concernenti il concorso dei reati, ai sensi dell’art. 174, comma 2 in relazione all’art. 71 c.p. e segg., essendo la differenza giustificata dalla sussistenza o meno delle condizioni per l’applicazione del beneficio indulgenziale a tutte o solo ad una parte delle pene concorrenti per l’esistenza di reati esclusi dal provvedimento di clemenza.
2. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere, quindi, rigettato con la condanna del ricorrente, a norma dell’art. 616 c.p.p., comma 1, al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2013.
Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2013

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