Cass. civ. Sez. I, Sent., 04-09-2012, n. 14779

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Svolgimento del processo
Con citazione notificata il 12.1.1999, la società XXX S.p.A., in concordato preventivo, conveniva in giudizio il Comune di Lamezia Terme onde ottenere il pagamento della rata di saldo con interessi moratori, del corrispettivo relativo ai lavori di costruzione di opere stradali, di cui al contratto stipulato l’8.05.1980.
Con sentenza del 22.04.2002, il Tribunale di Lamezia Terme, accogliendo, nel contraddittorio delle parti, la domanda introduttiva, condannava l’ente convenuto a pagare alla società attrice la somma di Euro 7.943,92, pari a L. 15.281.100, con Iva ed interessi anche anatocistici.
Con sentenza del 31.08.2004 – 26.05.2005, la Corte di appello di Catanzaro, in accoglimento del gravame del Comune, respingeva la domanda proposta dal Concordato preventivo della XXX S.p.A., compensando per intero le spese processuali di entrambi i gradi di merito.
La Corte territoriale esponeva che il Comune aveva contestato sia l’an che il quantum della pretesa creditoria azionata dal Concordato, dolendosi con i primi due motivi del gravame del fatto che la domanda fosse stata accolta nonostante l’assenza di qualsiasi riscontro documentale del vantato credito ed essendo di contro emerso che tutti i lavori contabilizzati erano stati pagati e sostenendo pure che il preteso saldo avrebbe dovuto trovare riscontro in documentazione attestante lo stato finale o il collaudo dei lavori ovvero in un accertamento tecnico, invece non richiesto dalla controparte, ed ancora che il credito residuo era stato inizialmente determinato in misura coincidente con le ritenute di garanzia, così pervenendo ad una quantificazione arbitraria e priva di riferimenti concreti. La Corte distrettuale rilevava ulteriormente che con il terzo ed il quarto motivo di appello l’ente aveva denunciato il vizio di ultrapetizione con riguardo all’attribuzione della revisione prezzi, non richiesta nè quantificata dalla controparte.
Tanto osservato, riteneva che:
– in aderenza alle previsioni del contratto d’appalto stipulato dalle parti ed invocato dalla parte attrice a sostegno della pretesa creditoria, emergeva provato che l’appaltatore aveva eseguito i lavori ricompresi nel secondo SAL, mentre non risultavano redatti gli stati di avanzamento e lo stato finale dei lavori, da cui la domanda introduttiva traeva titolo;
– inoltre, era stato acquisito il documento redatto il 9.02.1999, dal direttore generale del Comune di Lamezia Terme, da cui emergeva testualmente che il Direttore dei Lavori, in data 18.05.1998, aveva trasmesso la relazione sullo stato dei lavori dalla quale si evinceva che essi erano stati sospesi alla data del 2 SAL, ossia l’8.02.1982, e che non risultava approvata alcuna perizia di variante;
– tale documento per un verso confortava l’assunto del Comune appellante e, per altro verso, data l’indicata mancanza della perizia di variante, evidenziava che l’eventuale esecuzione di lavori non trovava genesi in un rapporto contrattuale;
– pertanto, l’appello del Comune doveva essere accolto e la domanda avanzata dal concordato respinta.
Avverso questa sentenza il Concordato preventivo XXX ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi e notificato al Comune di Lamezia Terme, che ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
A sostegno del ricorso il Concordato preventivo XXX denunzia:
1. "Violazione o falsa applicazione delle norme di diritto, violazione delle norme di cui all’art. 2697 c.c., in riferimento agli artt. 2699 e 2700 c.c. e 1988 c.c.. Violazione della normativa in materia di Lavori Pubblici sino al 31.12.1981 ed in particolare del R.D. 25 maggio 1895, artt. 3, 38, 58, L. 3 gennaio 1978, art. 19, L. n. 741 del 1981, art. 5".
Il ricorrente deduce che è pacifico che l’appalto sia stato formalizzato attraverso un regolare contratto e che nel corso del rapporto il Direttore dei Lavori abbia proceduto alla compilazione degli stati di avanzamento e quindi dei certificati di pagamento, autorizzando la corresponsione delle somme ivi indicate, ed ancora che dagli stati di avanzamento risulta la quantità del lavoro effettuato e dai richiamati certificati il totale delle somme dovute dall’ente pubblico, quindi la mancata corresponsione della somma di L. 4.655.704 ed inoltre (in base al certificato 2 bis) un ulteriore mancato pagamento di L. 10.725.093 rispetto alla maggior revisione prezzi riconosciuta con Delib. Giunta Municipale 8 giugno 1982, n. 174. Sostiene che la documentazione esibita proviene dal Committente ed in particolare dal Direttore dei lavori, soggetto particolarmente qualificato e nominato dalla Pubblica Amministrazione, e che, quindi, erroneamente la Corte di Appello non ha ritenuto provato il compimento dei lavori di cui si è chiesto il pagamento, sotto il profilo della configurabilità in base alla certificazione esibita quantomeno di un riconoscimento di debito, natura questa che rivestiva anche la delibera della Giunta Comunale con la quale si liquidava la somma dovuta per revisione prezzi.
2. "Violazione dell’art. 2697 c.c. – art. 116 c.p.c.. Omessa insufficiente e contraddittoria motivazione".
Si duole che i giudici d’appello non abbiano dato alcun significato alla circostanza dell’assoluta genericità della contestazione del Convenuto, che non aveva elencato un solo fatto che avesse messo in dubbio la quantificazione dei lavori eseguiti e certificati dagli stati di avanzamento nè proceduto ad alcuna contestazione di possibili vizi degli stessi. Aggiunge che del tutto irrilevante ed inutile avrebbe dovuto considerarsi la dichiarazione generale del Comune.
I due motivi del ricorso, che connessi consentono esame unitario, non meritano favorevole apprezzamento.
Essi, infatti, si sostanziano in inammissibili, generiche e non pertinenti critiche avverso l’impugnata sentenza, inidonee a scalfire le ragioni poste dai giudici di merito a sostegno dell’accoglimento dell’appello del Comune, essenzialmente ed irreprensibilmente ricondotte, con argomentazioni puntuali, logiche ed aderenti sia al dettato normativo, anche in tema di ripartizione ed assolvimento dell’onere probatorio, e sia alle emerse risultanze istruttorie, contrastate da apodittici e non decisivi rilievi, alla riscontrata mancata dimostrazione da parte del Concordato preventivo della sussistenza di un suo residuo credito per la specifica voce azionata, ossia per saldo del corrispettivo dei lavori appaltati, credito la cui esistenza il Comune aveva contestato pure con l’atto di appello.
Conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con condanna del Concordato preventivo XXX, soccombente, al pagamento, in favore del controricorrente Comune di Lamezia Terme, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il Concordato preventivo XXX a rimborsare al Comune di Lamezia Terme le spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 11 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2012

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