Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 10-10-2013) 24-10-2013, n. 43553

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza in data 22.1.2013 il Tribunale di sorveglianza di Bologna respingeva le istanze avanzate da S.M. di affidamento in prova ai servizi sociali, detenzione domiciliare o semilibertà in relazione alla pena residua di sei mesi di reclusione per il reato di omicidio colposo. Il Tribunale premetteva che l’istante è una appartenente alla Polizia di Stato condannata, insieme a tre colleghi, per aver provocato colposamente la morte del giovane A.F. cagionandogli lesioni nel trattenerlo, dopo che lo stesso, probabilmente in conseguenza dell’uso di sostanze stupefacenti, era in stato di agitazione psicofisica ed aveva accennato ad una reazione con una mossa di karatè.

Metteva in evidenza, oltre alla gravità del fatto, l’assenza nella S. di concreti segni di pentimento e di consapevolezza degli errori commessi nonchè gli ostacoli frapposti all’accertamento dei fatti durante il processo.

Il Tribunale di sorveglianza riteneva di non poter individuare qualsivoglia elemento di meritevolezza atto a sostenere la concessione e poi la corretta fruizione, ai fini rieducativi, dei benefici richiesti, essendo mancata una consapevole rilettura di quanto commesso, tenuto conto anche della sua qualità di pubblico ufficiale.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore, chiedendone l’annullamento per erronea interpretazione delle norme relative ai benefici richiesti e per illogicità della motivazione.

Il Tribunale di sorveglianza aveva descritto la personalità della ricorrente in modo che non corrispondeva affatto alla realtà; in particolare era stato male interpretato il suo silenzio, che non aveva il significato di un’assoluta protesta di innocenza, ma solo la negazione di un orrido pestaggio e un profondo rispetto dell’istituzione giudiziaria e della famiglia del ragazzo.

Non era stato tenuto conto che la S. era stata condannata per un delitto colposo, e quindi non erano giustificate le considerazioni del Tribunale di sorveglianza sulla mancata positiva evoluzione della personalità della ricorrente. Il Tribunale di sorveglianza aveva preso in esame solo la gravità del fatto per il quale la S. era stata condannata, ma non aveva considerato la condotta irreprensibile serbata dalla stessa sia prima che dopo la commissione del reato. Immotivatamente aveva rinunciato ad acquisire la relazione UEPE, formata da personale specializzato, relazione che avrebbe potuto fornire dati utili ai fini della decisione.

Erroneamente aveva ritenuto che la S. avrebbe dovuto mostrare di avere già compiuto un processo di revisione critica del suo comportamento, poichè bastava, per essere ammessa ai benefici richiesti, un avvio del suddetto processo che si sarebbe potuto completare proprio nel periodo in cui fosse stata ammessa a scontare la pena con misure alternative alla detenzione in carcere.

Con un secondo motivo di ricorso è stata dedotta la mancanza di motivazione sulla richiesta di detenzione domiciliare, misura che poteva essere negata solo se fosse stato ravvisabile il pericolo di recidiva.

Preliminarmente rileva questa Corte che dagli atti risulta che S.M. ha terminato di scontare la pena di cui trattasi in data 20.7.2013, e quindi è venuto meno l’interesse della ricorrente ad ottenere una decisione da questa Corte, avendo già scontato interamente la pena.

Pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesserai senza onere di spese e sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse. Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2013.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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