Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 05-09-2012, n. 14916

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
Con sentenza n. 3119/07 il Tribunale di Roma rigettava la domanda proposta da B.C. diretta ad ottenere l’accertamento della nullità del termine – 5/31 maggio 1999 – apposto al contratto stipulato con la Società XXX, con conseguente declaratoria della sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dalla data dell’assunzione e condanna della controparte al ripristino del rapporto nonchè al pagamento delle retribuzioni medio tempore maturate oltre accessori.
Avverso tale decisione il B. proponeva appello per ottenerne l’integrale riforma.
La società appellata si costituiva, chiedendo il rigetto del gravame.
Con sentenza del 18 aprile – 13 settembre 2007, l’adita Corte d’appello di Roma, rilevato che gli elementi probatori acquisiti inducevano a ritenere configurabile la risoluzione del rapporto di lavoro per mutuo consenso – come eccepito dalla società – rigettava l’impugnazione.
Per la cassazione di tale pronuncia ricorre il B. con numerose censure depositando anche memoria ex art. 378 c.p.c..
Resiste XXX S.p.A. con controricorso.
Motivi della decisione
1. Con il ricorso in esame, articolato in più motivi, la ricorrente, denunciando violazione dell’art. 1372 c.c., vizio di motivazione e poi, ancora, violazione o falsa applicazione degli artt. 2729, 2697 c.c., ed ancora violazione degli artt. 416, 112 e 437 c.p.c., contesta, sotto vari profili, l’accertamento dei fatti e l’apprezzamento della loro rilevanza, posti dalla Corte d’appello di Roma, a base della decisione.
2. la giurisprudenza di questa Corte (cfr., ex plurimis, Cass., n. 16287/2011; Cass. n. 23554/2004) ritiene che nel giudizio instaurato per il riconoscimento di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato (sul presupposto dell’illegittima apposizione al contratto di un termine finale scaduto) è configurabile la risoluzione del rapporto per mutuo consenso ove sia accertata – per il tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto, nonchè, per le modalità di tale conclusione, per il comportamento tenuto dalla parti e per altre eventuali circostanze significative – una chiara e certa comune volontà di porre fine ad ogni rapporto lavorativo; la valutazione del significato e della portata di tali elementi compete al giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se non sussistono vizi logici o errori di diritto;
3. al riguardo è stato peraltro reiteratamente affermato che la mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto non può ritenersi sufficiente a far ritenere la sussistenza dei presupposti della risoluzione del rapporto per mutuo consenso (cfr., ex plurimis, Cass,, nn. 20390/2007; 26935/2008; 65/2011; 5887/2011); inoltre la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di rilevare che non appaiono indicative di una intenzione risolutoria l’accettazione del TFR e la mancata offerta della prestazione, trattandosi di "comportamenti entrambi non interpretabili, per assoluto difetto di concludenza, come tacita dichiarazione di rinunzia ai diritti derivanti dalla illegittima apposizione del termine" (cfr., Cass., n. 15628/2001, in motivazione), ovvero la condotta di "chi sia stato costretto ad occuparsi o comunque cercare occupazione dopo aver perso il lavoro per cause diverse dalle dimissioni" (cfr., Cass., n. 839/2010, in motivazione, nonchè, in senso analogo, Cass., n. 15900/2005, in motivazione);
4. deve pertanto convenirsi che la motivazione addotta dalla Corte territoriale va considerata insufficiente, in quanto è principalmente fondata su un fatto (il mero decorso del tempo – circa tre anni e mezzo – tra la cessazione del contratto a termine e la formulata contestazione) di per sè giuridicamente non rilevante e risulta accompagnata dalla valorizzazione di circostanze non suscettibili di essere interpretate come sintomatiche di una chiara e certa volontà di entrambe le parti di considerare definitivamente chiuso il rapporto lavorativo, quali l’accettazione delle competenze di fine rapporto e la stipulazione di un unico contratto a termine di brevissima durata (26 giorni).
Per quanto precede, il ricorso va accolto, con conseguente cassazione della impugnata decisione e rinvio alla stessa Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, per il riesame da effettuarsi alla luce del sopra riportato principio di diritto.
La stessa corte provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 20 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *