Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 05-09-2012, n. 14914

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con sentenza del 22/6 – 18/7/07 la Corte d’appello di Lecce, pronunziando sull’impugnazione proposta da S.S., operaio agricolo a tempo determinato e titolare di pensione VO, avverso la sentenza del Tribunale di Brindisi dell’1/12/03, ha accolto parzialmente il gravame ed ha dichiarato il diritto dell’appellante alla riliquidazione della pensione in godimento sulla base delle retribuzioni medie giornaliere per gli operai agricoli a tempo determinato relative ai cinque anni precedenti il pensionamento come rilevate, del D.P.R. n. 488 del 1968, ex art. 28, coi decreti ministeriali pubblicati, per ognuno dei predetti cinque anni, nell’anno immediatamente successivo. Conseguentemente, la Corte ha condannato l’Inps al pagamento dei ratei differenziali di pensione maturati nel decennio precedente ogni rispettivo ricorso amministrativo, maggiorati degli accessori di legge.

Nel pervenire a tale decisione la Corte di merito ha spiegato che aveva errato il primo giudice a respingere la domanda per effetto dell’applicazione della norma di cui alla L. n. 457 del 1972, art. 3, come interpretata dalla L. n. 144 del 1999, art. 45, comma 21, in quanto la stessa non si riferiva ai trattamenti pensionistici, ma alla diversa ipotesi delle prestazioni temporanee di indennità di malattia e di maternità, per cui la retribuzione pensionabile non doveva essere calcolata con riferimento alla retribuzione media dell’anno precedente, cioè in base al metodo di calcolo adottato dall’Inps, bensì sulla scorta del diverso criterio delle retribuzioni giornaliere medie per gli operai agricoli a tempo determinato risultanti, per ognuno dei cinque anni precedenti il pensionamento, dai Decreti Ministeriali pubblicati nell’anno immediatamente successivo, così come enunciato in sentenza.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso l’Inps, che affida l’impugnazione ad un solo articolato motivo.

Resiste con controricorso S.S..

L’ente ricorrente deposita, altresì, memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Con un solo articolato motivo di censura l’Inps denunzia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, artt. 5 e 28, della L. 8 agosto 1972, n. 457, art. 3, della L. 17 maggio 1999, n. 144, art. 45, comma 21, del D.Lgs. 16 aprile 1997, n. 146, art. 4, tutti in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3.

A conclusione del motivo l’ente ricorrente formula il seguente quesito di diritto: "Dica la suprema Corte se, in materia di liquidazione dei trattamenti pensionistici in favore dei lavoratori agricoli a tempo determinato, trovi applicazione la L. n. 457 del 1972, art. 3, così come interpretato dalla L. n. 144 del 1999, art. 45, comma 21, che prevede l’utilizzo, come parametro di calcolo, della retribuzione media convenzionale individuata dall’apposito Decreto Ministeriale previsto dal D.P.R. n. 488 del 1968, art. 28, con riferimento all’anno precedente la liquidazione medesima".

Il ricorso è fondato.

Invero, la L. 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2 (cioè la legge finanziaria 2010 contenente "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato"), al quinto comma recita testualmente quanto segue:- "la L. 8 agosto 1972, n. 457, art. 3, comma 3, si interpreta nel senso che il termine ivi previsto del 30 ottobre per la rilevazione della media tra le retribuzioni per le diverse qualifiche previste dai contratti collettivi provinciali di lavoro ai fini della determinazione della retribuzione media convenzionale da porre a base per le prestazioni pensionistiche e per il calcolo della contribuzione degli operai agricoli a tempo determinato è il medesimo di quello previsto alla citata L. n. 457 del 1972, art. 3, comma 2, per gli operai a tempo indeterminato".

A sua volta, la L. 8 agosto 1972, n. 457, art. 3, comma 2 (legge concernente i miglioramenti ai trattamenti previdenziali ed assistenziali, nonchè le disposizioni per l’integrazione del salario in favore dei lavoratori agricoli) stabilisce quanto segue: "Per i salariati fissi l’ammontare della retribuzione, comprensiva del salario base, della contingenza, delle indennità in natura e fisse, è costituito dalla media della retribuzione prevista per ciascuna qualifica dai contratti collettivi provinciali vigenti al 30 ottobre dell’anno precedente".

La suddetta norma di interpretazione autentica ha anche superato il vaglio di legittimità costituzionale, in quanto con sentenza n. 257 del 2011 (G.U. n. 42 del 5/10/2011) la Corte costituzionale ha affermato quanto segue: "Nel caso in esame, la norma censurata non è illegittima sulla base dei rilievi in precedenza svolti. In particolare, si deve qui ribadire che essa: a) ha affermato un principio già presente nell’ordinamento per gli operai agricoli a tempo determinato, sia pure limitatamente alla liquidazione delle prestazioni temporanee (L. n. 144 del 1999, art. 45, comma 21); b) ha enucleato una delle possibili opzioni ermeneutiche dell’originario testo normativo; c) ha superato una situazione di oggettiva incertezza di tale testo, evidenziata dai diversi indirizzi interpretativi (di cui sopra si è dato conto); d) non ha inciso su situazioni giuridiche definitivamente acquisite, non ravvisabili in mancanza di una consolidata giurisprudenza dei giudici nazionali. Non è sostenibile, dunque, che la disposizione de qua abbia inteso realizzare una illecita ingerenza del legislatore nell’amministrazione della giustizia, allo scopo d’influenzare la risoluzione di controversie. Essa, in realtà, ha fatto propria una soluzione già individuata dalla più recente giurisprudenza di legittimità, nell’esercizio di un potere discrezionale in via di principio spettante al legislatore e nel quale non è dato ravvisare profili di irragionevolezza. La finalità di superare un conclamato contrasto di giurisprudenza, essendo diretta a perseguire un obiettivo d’indubbio interesse generale qual è la certezza del diritto, è configurabile come ragione idonea a giustificare l’intervento interpretativo del legislatore".

D’altra parte, ancor prima dell’emanazione della norma di cui alla L. 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, comma 5, che ha interpretato la L. 8 agosto 1972, n. 457, art. 3, comma 3, si era affermato (Cass. Sez. Lav. n. 2531 del 30/1/2009) che "in tema di pensione di vecchiaia degli operai agricoli a tempo determinato, la retribuzione pensionabile per gli ultimi anni di lavoro va calcolata applicando il D.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, art. 28 e, dunque, in forza della determinazione operata anno per anno da D.M. sulla media delle retribuzioni fissate dalla contrattazione provinciale nell’anno precedente, ciò trovando conferma – oltre che nella impossibilità di rinvenire un diverso e più funzionale sistema di calcolo, che non pregiudichi l’equilibrio stesso della gestione previdenziale di settore – anche nella disposizione di cui alla L. 17 maggio 1999, n. 144, art. 45, comma 21, che, nell’interpretare autenticamente la L. 8 agosto 1972, n. 457, art. 3, concernente le prestazioni temporanee in favore dei lavoratori agricoli, ha inteso estendere ai lavoratori agricoli a tempo determinato l’applicazione della media della retribuzione prevista dai contratti collettivi provinciali vigenti al 30 ottobre dell’anno precedente prevista per i salariati fissi, così da ricondurre l’intero sistema ad uniformità, facendo operare, ai fini del calcolo di tutte le prestazioni, le retribuzioni dell’anno precedente".

Da ultimo questa Corte ha avuto modo di affrontare la questione di cui trattasi (Cass. Sez. Lav. n. 2509 del 21/2/2012) alla luce della suddetta norma di interpretazione autentica della disposizione in esame statuendo quanto segue: – "In tema di trattamenti pensionistici degli operai agricoli a tempo determinato, la retribuzione pensionabile per gli ultimi anni di lavoro va calcolata applicando il D.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, art. 28, e, dunque, in forza della determinazione operata anno per anno da D.M., sulla media delle retribuzioni fissate dalla contrattazione provinciale nell’anno precedente. Ciò trova conferma oltre che nell’impossibilità di rinvenire un più funzionale sistema di calcolo che non pregiudichi l’equilibrio della gestione previdenziale di settore, anche nelle disposizioni della L. 17 maggio 1999, n. 144, art. 45, comma 21, e della L. 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, comma 5, che, nell’interpretare autenticamente la L. 8 agosto 1972, n. 457, art. 3, concernente il calcolo della retribuzione da porre a base delle prestazioni temporanee, pensionistiche e della misura della contribuzione previdenziale, ha inteso estendere ai lavoratori agricoli a tempo determinato l’applicazione della media della retribuzione prevista dai contratti collettivi provinciali vigenti al 30 ottobre dell’anno precedente prevista per i salariati a tempo indeterminato, così da ricondurre l’intero sistema a uniformità, finalità valutata ragionevole anche dalla Corte costituzionale nella pronuncia del 30 settembre 2011 n. 257".

Il ricorso va, pertanto, accolto.

Ne consegue che la sentenza impugnata va cassata senza rinvio, potendo essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, ultimo periodo, sulla base della norma di interpretazione autentica di cui sopra, senza che siano necessari all’uopo accertamenti di fatto, per cui la domanda del S. va rigettata.

Nulla va disposto in ordine alle spese di questo giudizio a norma dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo vigente prima delle modifiche apportate dalla L. n. 326 del 2003, atteso che il ricorso introduttivo fu depositato il 30/6/2003.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 10 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2012

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