Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 10-10-2013) 24-10-2013, n. 43479

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

S.F. e M.P. sono stati chiamati a rispondere dinanzi al Tribunale di Catania dei seguenti reati.

S.:

-A) artt. 110 e 326 c.p. perchè, in concorso con un pubblico ufficiale rimasto ignoto, rivelava notizie coperte dal segreto istruttorie, in particolare diffondendo gli elementi indicati nella c.n.r. dell’8.2.2007 redatta dalla DIGOS di (OMISSIS) in merito all’omicidio dell’ispettore R.F.; con l’aggravante di aver agito per procurare al quotidiano per cui lavorava un indebito profitto patrimoniale, pubblicando il 9.2.2008 le notizie indebitamente ricevute nell’articolo intitolato "Il minorenne ammette: ho colpito l’agente"; in (OMISSIS);

M.:

-B) art. 57 c.p. perchè, nella sua qualità di direttore responsabile del quotidiano (OMISSIS), ometteva di esercitare il dovuto controllo così permettendo la pubblicazione delle notizie coperte dal segreto istruttorio riportate nell’articolo di cui al precedente capo di imputazione; in (OMISSIS).

Con sentenza in data 10.10.2011 il Tribunale di Catania dichiarava S.F. colpevole del reato di cui all’art. 684 c.p., così qualificato il fatto di cui al capo A) della rubrica, e M. P. del reato di cui al capo B) con riferimento al reato di cui all’art. 684 c.p. posto in essere dalla S., e condannava la S. alla pena di Euro 150,00 di ammenda e il M. alla pena di Euro 50,00 di ammenda.

Il Tribunale premetteva che la sera dell'(OMISSIS) l’imputata, quale inviata del (OMISSIS), aveva trasmesso al suo giornale frasi virgolettate tratte dall’interrogatorio, avvenuto lo stesso giorno, del giovane indiziato dell’omicidio di R. F..

Nel merito osservava che non vi era alcuna prova che la S. avesse dato un qualche contributo causale alla condotta del pubblico ufficiale rimasto ignoto che aveva rivelato notizie coperte dal segreto istruttorio.

Restava quindi, secondo il Tribunale, solo la responsabilità per aver pubblicato, anche se in termini conclusivi e molto per riassunto, brevi passaggi dell’interrogatorio del minore indagato, responsabilità che coinvolgeva anche il direttore del giornale per il mancato controllo sulla pubblicazione dell’articolo.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dei suddetti imputati, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi. Con il primo motivo ha eccepito il totale difetto di motivazione in ordine all’eccepita incompetenza per territorio del Tribunale di Catania. Ha anche impugnato l’ordinanza pronunciata all’udienza del 4.10.2010 con la quale era stata eccepita l’incompetenza per territorio, in quanto non vi era alcuna prova che la rivelazione della notizia coperta da segreto istruttorio fosse avvenuta in (OMISSIS). In particolare, all’esito dell’istruttoria dibattimentale, era emerso che non vi era prova che la S. si fosse trovata a (OMISSIS) il giorno dell’interrogatorio e la difesa aveva riproposto in sede di conclusioni l’eccezione di incompetenza, sulla quale il Tribunale non aveva risposto con la motivazione della sentenza.

Peraltro la pubblicazione dell’articolo in ordine alla ritenuta responsabilità degli imputati era avvenuta a (OMISSIS), luogo nel quale il quotidiano (OMISSIS) era stato stampato.

Con il secondo motivo di ricorso è stata dedotta la violazione dell’art. 521 c.p.p. per la mancata correlazione fra l’imputazione contestata e la sentenza.

Gli imputati erano stati condannati per un fatto diverso e nuovo rispetto a quello per il quale erano stati chiamati a rispondere davanti al Tribunale di Catania.

Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 162-bis c.p. non essendo stata data agli imputati la possibilità di richiedere l’oblazione, a seguito del fatto diverso ritenuto in sentenza. In subordine è stata sollevata questione di legittimità costituzionale sul punto.

Con il quarto motivo è stato dedotto il vizio di motivazione della sentenza, poichè erano state pubblicate notizie non coperte dal segreto istruttorio, nell’ambito del legittimo esercizio del diritto di cronaca, e quindi non era sussistente la responsabilità degli imputati.

Motivi della decisione

Non è fondato il motivo di ricorso con il quale si contesta la competenza territoriale del Tribunale di Catania.

La questione della competenza territoriale, tempestivamente sollevata dalla difesa degli imputati, è stata risolta dal Tribunale prima dell’apertura del dibattimento – ovviamente in relazione al delitto di cui all’art. 326 c.p. – sulla base del capo di imputazione e degli elementi offerti dalle parti per decidere la suddetta questione.

Correttamente il Tribunale ha individuato il luogo di consumazione del reato contestato in quello in cui il pubblico ufficiale aveva rivelato il contenuto della comunicazione giudiziaria redatta dalla DIGOS di (OMISSIS), e, alla stregua di quanto risultava dal capo di imputazione, dal fascicolo del dibattimento e degli atti indicati dalle parti, ha ritenuto che il luogo di consumazione del reato dovesse essere individuato in (OMISSIS).

Nel ricorso si sostiene che, alla stregua di quanto emerso nel corso della istruttoria dibattimentale, non poteva essere individuato in (OMISSIS) il locus commissi delicti, ma secondo la costante giurisprudenza di questa Corte per il principio della "perpetuatio jurisdictionis" la questione relativa alla competenza per territorio non può essere proposta oltre i limiti temporali costituiti dalla conclusione dell’udienza preliminare o, se questa manchi, dal compimento per la prima volta dell’accertamento della costituzione delle parti nel corso degli atti introduttivi al giudizio, sicchè restano privi di rilievo eventuali, successivi, eventi istruttori o decisori, di significato diverso rispetto ai dati prima valutati ai fini della fissazione della competenza per territorio (V. Sez. 6 sentenza n. 33435 del 4.5.2006, Rv. 234347).

E’ stato anche precisato che l’accertamento per la prima volta della costituzione delle parti determina, nel giudizio, il momento oltre il quale le questioni di competenza territoriale non possono più essere rilevate, neppure se i presupposti per porre le stesse emergono nel corso del dibattimento, fatta eccezione per il solo caso in cui la questione, ritualmente proposta o rilevata, non sia stata ancora decisa (V. Sez. 2 sentenza n. 24736 del 26.3.2010, Rv. 247745).

Pertanto, ai fini della determinazione della competenza per territorio, nessun rilievo poteva essere dato agli elementi emersi durante l’istruttoria dibattimentale e neppure alla derubricazione del delitto contestato nella contravvenzione di cui all’art. 684 c.p..

E’ invece fondato il secondo motivo di ricorso, poichè nel caso in esame non vi è correlazione tra il fatto contestato (rivelazione del contenuto della menzionata comunicazione di notizia di reato) e quello ritenuto in sentenza (pubblicazione dell’interrogatorio del minore indagato), essendo diverso l’oggetto del reato. La sentenza, quindi, deve essere annullata e gli atti dovrebbero essere trasmessi al Pubblico Ministero di Milano in ordine al reato di cui all’art. 684 c.p..

Risulta, peraltro, che per detto reato è già maturata (in data 11.4.2013) la prescrizione massima (anni 4 + 1 + sospensione dei termini della prescrizione dal 2.5.2011 al 4.7.2011), ma questa Corte, ai sensi dell’art. 129 c.p.p., comma 2, ritiene che gli imputati debbano essere assolti nel merito, poichè per il disposto dell’art. 114 c.p.p., u.c. è sempre consentita la pubblicazione del contenuto di atti – come l’interrogatorio dell’indagato – non coperti dal segreto istruttorie e dalla motivazione della sentenza impugnata e dal contenuto dell’articolo risulta che nello stesso è stato pubblicato il contenuto dell’interrogatorio, non integrando la pubblicazione parziale dell’atto solo una brevissima frase riportata tra virgolette.

Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2013.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2013

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