Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 10-10-2013) 24-10-2013, n. 43478

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
1. Con sentenza pronunciata il 14 dicembre 2012 la Corte di appello di Messina, in parziale riforma della sentenza emessa il 9 aprile 2009 dal Tribunale della sede, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di D.F. per la contravvenzione di cui all’art. 697 cod. pen. (illecita detenzione di munizioni calibro 9 caricate con gas), così derubricata già in primo grado l’originaria imputazione di detenzione di munizioni da guerra (capo b), per essere il reato, accertato il (OMISSIS), estinto in virtù di prescrizione; mentre ha confermato la penale responsabilità del D. per il delitto di cui alla L. n. 895 del 1967, artt. 2 e 7 (capo a), per avere illecitamente detenuto nel proprio ufficio, omettendo di denunciarne il possesso, una pistola lanciarazzi semiautomatica, marca XXX, "mod. 85 auto", calibro 9, matricola "(OMISSIS)", come accertato in (OMISSIS).
Conseguentemente la pena di mesi quattro di reclusione ed Euro 100,00 di multa inflitta in primo grado per il ritenuto reato continuato è stata ridotta, escluso l’aumento per il reato satellite di cui al predetto capo b), a quella di mesi quattro di reclusione ed Euro 80,00 di multa, considerate le doppie attenuanti (quella prevista dalla L. n. 895 del 1967, art. 5 e le attenuanti generiche) già riconosciute dal primo giudice.
A ragione della decisione la Corte di appello, per quanto di interesse in questa sede, ha osservato: a) la natura di arma comune da sparo della pistola lanciarazzi detenuta, senza averne fatto denuncia, dall’imputato ai sensi della L. 18 aprile 1975, n. 110, art. 2, comma 3; b) l’irrilevanza ai fini dell’esclusione della pistola dal novero delle armi comuni da sparo dell’assenza del cosiddetto "tromboncino" ovvero dell’apposito aggeggio che consente l’inserimento del razzo da lanciare, atteso che le norme incriminatrici speciali in materia di armi puniscono le specifiche condotte in esse previste, tra cui l’illecita detenzione, anche se avente per oggetto solo "parti di armi" atte all’impiego, come quella in esame; c) la non apprezzabilità dell’invocato errore dell’imputato sulla natura di arma della pistola detenuta in presenza della chiara disposizione di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 2, comma 3 che espressamente qualifica la pistola lanciarazzi come arma comune da sparo.
La Corte ha, infine, precisato che la richiesta di oblazione con restituzione della pistola in sequestro, avanzata dall’appellante subordinatamente alla derubricazione del reato alla contravvenzione prevista dall’art. 697 cod. pen., era preclusa dalla confermata natura delittuosa del reato.
2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il D. personalmente, il quale articola tre motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo denuncia il vizio di motivazione nel triplice profilo previsto dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), nonchè, ai sensi della lett. b) dello stesso art. 606, la violazione delle regole di valutazione della prova di cui all’art. 192 cod. proc. pen..
Il ricorrente premette le risultanze delle deposizioni testimoniali di S.F. e Sc.Sa., i quali, all’udienza del 6/03/2009 davanti al Tribunale di Messina, dichiararono di aver acquistato la pistola de qua in Francia, dov’era liberamente venduta come pistola giocattolo, e di averne fatto dono al D.; rileva che lo Sc. avrebbe escluso la presenza di "un altro pezzo" sulla pistola, inteso come il predetto "tromboncino"; richiama la testimonianza del verbalizzante, maresciallo F., secondo il quale fu lo stesso D., nel corso della perquisizione di natura tributaria eseguita presso il suo ufficio, a dichiarare di possedere una pistola a salve acquistata in Francia, effettivamente ritrovata dagli operanti in un armadio.
Sottolinea, soprattutto, il parere del consulente tecnico nominato dal pubblico ministero il quale avrebbe escluso la potenzialità offensiva della pistola, giacchè priva dell’aggeggio (il suddetto tromboncino) per l’inserimento e lancio del razzo, e avrebbe attribuito ad essa la sola idoneità a fare rumore e a consentire la fuoriuscita di gas lacrimogeno.
Secondo il ricorrente, quindi, gli elementi istruttori come sopra raccolti avrebbero imposto l’esclusione della pistola dal novero delle armi comuni da sparo e, proprio perchè priva fin dall’origine di tale natura, non avrebbero giustificato la sua qualificazione come parte di arma atta all’impiego, al punto che lo stesso Procuratore generale presso la Corte di merito aveva concluso, in accoglimento dell’appello, per l’assoluzione dell’imputato.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), la violazione di legge per non avere la Corte territoriale riconosciuto l’errore di fatto in cui era incorso il D. nel ritenere la pistola de qua un’arma giocattolo, non assimilabile ad un’arma comune da sparo e, quindi, non soggetta all’obbligo di denuncia, secondo il prudente apprezzamento di tutti gli elementi entrati nella sua cognizione ed incidenti sulla sua determinazione.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la mancanza di motivazione in relazione alla richiesta subordinata di oblazione e restituzione dell’arma sequestrata, previa derubricazione del reato contestato alla contravvenzione prevista dall’art. 697 cod. pen..
Motivi della decisione
1. Il ricorso non merita accoglimento.
1.1. Il primo motivo è infondato.
Questa Corte ha già ritenuto che la pistola lanciarazzi è arma comune da sparo, anche se priva di tromboncino, potendo questo essere facilmente reperito e fissato nell’apposita filettatura della canna (Sez. 2, n. 4990 del 12/01/1985, dep. 21/05/1985, Nunerotto, Rv.
169344; Sez. 1, n. 2902 del 12/10/1981, dep. 18/03/1982, Ascenzi, Rv.
152824; Sez. 1, n. 10701 del 19/05/1980, dep. 22/10/1980, Magrone, Rv. 146284).
Non escludono tale qualificazione le modalità di acquisizione della pistola da parte dell’imputato (dono ricevuto dagli amici, S. e Sc., che l’avrebbero acquistata in Francia), e, neppure, le osservazioni del consulente tecnico del pubblico ministero riferite allo stato dell’arma al momento del sequestro, priva dell’aggeggio per l’inserimento e il lancio dei razzi, essendo essa comunque idonea all’impiego come pistola lanciarazzi, ove agevolmente integrata con la componente mancante, secondo il corretto rilievo della Corte di merito (in senso conforme, v. Sez. 1, n. 236 del 06/04/1984, dep. 10/01/1985, Aligante, Rv. 167337).
1.2. Il secondo motivo è manifestamente infondato, avendo la Corte di merito correttamente escluso la ricorrenza dell’errore sul fatto costituente il reato, ai sensi dell’art. 5 cod. pen., sulla base del chiaro testo della L. 18 aprile 1975, n. 110, art. 2, comma 3 che espressamente qualifica la pistola lanciarazzi come arma comune da sparo non assimilabile alla pistola giocattolo.
L’errore inevitabile sulla legge penale, di cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 368 del 1988 ed ai successivi sviluppi giurisprudenziali fino all’arresto delle sezioni unite di questa Corte, sussiste per il comune cittadino ogni qualvolta egli abbia assolto, con il criterio dell’ordinaria diligenza, al cosiddetto "dovere di informazione", attraverso l’espletamento di qualsiasi utile accertamento per conseguire la conoscenza della legislazione vigente in materia e la sua ignoranza derivi da un comportamento positivo degli organi amministrativi o da un complessivo pacifico orientamento giurisprudenziale, da cui l’agente abbia tratto il convincimento della correttezza dell’interpretazione normativa e, conseguentemente, della liceità del comportamento tenuto (Sez. U, n. 8154 del 10/06/1994, dep. 18/07/1994, Calzetta, Rv. 197885; Sez. 1, n. 25912 del 18/12/2003, dep. 09/06/2004, Grazanti, Rv. 228235).
Tali condizioni sono palesemente inesistenti nel caso di specie, come ineccepibilmente ritenuto dalla Corte di merito sulla base del chiaro testo normativo, già sopra ricordato, che equipara la pistola lanciarazzi alle armi comuni da sparo.
1.3. Anche il terzo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza.
La Corte di merito non ha ignorato l’istanza di oblazione e la richiesta di dissequestro e restituzione della pistola.
Essa postulava l’accoglimento della domanda dell’appellante di derubricare il contestato delitto di cui alla L. n. 895 del 1967, artt. 2 e 7 con successive modifiche, alla fattispecie contravvenzionale prevista dall’art. 697 cod. pen.; ma tale riqualificazione è stata esclusa dalla Corte territoriale che ha correttamente confermato la natura di delitto del reato come sopra contestato, restando così vanificata l’istanza di oblazione.
2. Alla luce delle osservazioni che precedono (infondatezza del primo motivo e manifesta infondatezza delle altre censure) il ricorso deve essere respinto, con la condanna del ricorrente, a norma dell’art. 616 c.p.p., comma 1, al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2013.
Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2013

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