Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 05-09-2012, n. 14909

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Svolgimento del processo

Con sentenza del 19/12/08 – 15/1/09 la Corte d’Appello di Reggio Calabria ha rigettato l’impugnazione proposta dall’Inps avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Locri con la quale era stato dichiarato il diritto di F.T.A. e di M.G. a vedersi rivalutato secondo gli indici Istat l’assegno da essi percepito per l’espletamento di lavori di pubblica utilità, con condanna dell’ente previdenziale a pagamento in favore di ognuno dei due dell’importo di Euro 309,87, oltre interessi legali.

A sostegno di tale decisione di rigetto la Corte territoriale ha spiegato che la norma di cui al D.Lgs. 1 dicembre 1997, n. 468, art. 8, comma 3, prevede un assegno non con riferimento allo svolgimento di lavori socialmente utili, bensì alle attività di lavori socialmente utili, in quanto dette attività concernono, secondo quanto dispone l’art. 1 dello stesso decreto, sia i lavori di pubblica utilità, finalizzati alla creazione di occupazione in nuovi bacini di impiego, sia i lavori socialmente utili, diretti alla qualificazione di particolari progetti formativi per la crescita professionale o alla realizzazione di progetti aventi obiettivi di carattere straordinario, per cui il suddetto assegno, elevato a lire 850.000 mensili dalla L. n. 144 del 1999, art. 45, comma 9, non può non riguardare anche i lavori di pubblica utilità disciplinati dal D.Lgs. n. 280 del 1997.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso l’Inps che affida l’impugnazione ad un solo articolato motivo di censura. Rimangono solo intimati la F. ed il M..

Motivi della decisione

Con un solo articolato motivo l’Inps denunzia la violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.Lgs. 1 dicembre 1997, n. 468, art. 8 e L. 17 maggio 1999, n. 144, art. 45, comma 9, con riferimento al D.Lgs. 7 agosto 1997, n. 280, art. 3, comma 3, e D.L. 1 ottobre 1996, n. 510, art. 1, comma 3, convertito con modificazioni nella L. 28 novembre 1996, n. 608 (art. 360 c.p.c., n. 3).

Sostiene il ricorrente che la Corte territoriale ha erroneamente applicato la disciplina prevista per i lavori socialmente utili, successiva al 1 gennaio 1998, alla diversa prestazione assistenziale concepita per lo svolgimento dei lavori di pubblica utilità da parte della categoria dei soggetti di cui al D.Lgs. n. 280 del 1997, ancora regolata dal D.L. n. 510 del 1996, art. 1, per cui è censurabile la decisione di riliquidare la prestazione oggetto di causa, relativa al periodo 15 marzo 1999 – 15 marzo 2000, sulla base della rideterminazione dell’importo di cui alla L. n. 144 del 1999, art. 45.

A conclusione del motivo la difesa dell’Inps formula il seguente quesito di diritto: "Voglia codesta ecc.ma Corte dichiarare se l’importo del sussidio erogato dall’Inps nel periodo dal 15 marzo 1999 al 15 marzo 2000 e previsto per lo svolgimento dei lavori di pubblica utilità da parte dei giovani delle Regioni del Mezzogiorno ai sensi del D.Lgs. n. 280 del 1997, resti fissato nella misura stabilita dal D.L. n. 510 del 1996, art. 1, comma 3, convertito in L. n. 608 del 1996, in virtù del rinvio operato dal D.Lgs. n. 280 del 1997, art. 3, comma 3, e non sia suscettibile, quindi, di adeguamento nella misura prevista dal combinato disposto del D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 8 e L. n. 144 del 1999, art. 45, comma 9, previsto specificamente per l’assegno spettante ai lavoratori socialmente utili". Il motivo è infondato.

Invero, di recente questa Corte (Cass. Sez. 6-Lav. Ordinanza n. 28540 del 22/12/2011), nel l’affronta re la questione in esame, ha espressamente statuito che "in tema di lavori socialmente utili, il D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 1 fornisce una definizione di portata generale dei lavori socialmente utili (l.s.u.), comprensiva delle varie attività che hanno per oggetto la realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva, nonchè dei lavori di pubblica utilità mirati alla creazione di occupazione in particolari bacini d’impiego, in conformità all’intento demandato dalla legge delega – consistente nella revisione dell’intera disciplina dei lavori socialmente utili – e in vista di una configurazione unitaria di tutte le attività ivi descritte che ha, successivamente, trovato consolidamento nella nuova disciplina dettata in materia dal D.Lgs. n. 81 del 2000. Ne consegue che il rapporto tra il disposto di cui al D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 2 – che delinea i settori di attività per i "progetti di lavoro di pubblica utilità" – e quello di cui al D.Lgs. n. 280 del 1997, art. 3 – diretto ad individuare i "lavori di pubblica utilità" in funzione della "creazione di occupazione" in uno specifico bacino di impiego – si configura in termini di specificazione di intenti generali in ambiti territoriali determinati, all’interno di una medesima tipologia di attività e di una medesima finalità del legislatore, connessa ad obiettivi di tutela dalla disoccupazione e di inserimento dal lavoro, sicchè l’incremento dell’assegno, nella misura e nei termini determinati dalla L. n. 144 del 1999, art. 45, comma 9, trova applicazione anche per i lavori di pubblica utilità previsti dal D.Lgs. n. 280 del 1997. (Principio affermato ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., comma 1)." Tale principio, dal quale non c’è motivo di discostarsi, era stato espresso anche in precedenza con la sentenza n. 1461 del 21/01/2011 della Sezione Lavoro di questa Corte.

In quest’ultima decisione si era, infatti, spiegato che la L. 24 giugno 1997, n. 196, recante norme in materia di promozione dell’occupazione, aveva previsto, agli artt. 22 e 26, la delega al Governo, rispettivamente, per la revisione della disciplina sui lavori socialmente utili, di cui al D.L. 1 ottobre 1996, n. 510, art. 1, comma 1, convertito, con modificazioni, nella L. 28 novembre 1996, n. 608, e per la definizione di un piano straordinario di lavori di pubblica utilità e di borse di studio a favore di giovani inoccupati del Mezzogiorno.

La delega era stata poi attuata con l’emanazione di due successivi decreti legislativi: il D.Lgs. 7 agosto 1997, n. 280, recante norme in materia di interventi a favore di giovani inoccupati nel Mezzogiorno; il D.Lgs. 1 dicembre 1997, n. 468, recante la revisione della disciplina sui lavori socialmente utili. In particolare, il D.Lgs. n. 280 del 1997, art. 3, definisce i settori nei quali sono attivati i lavori di pubblica utilità (servizi alla persona, salvaguardia e cura dell’ambiente e del territorio, sviluppo rurale e dell’acquacoltura, recupero e riqualificazione degli spazi urbani e dei beni culturali), stabilendo la durata massima di dodici mesi per i relativi progetti e rinviando per le modalità di attuazione a quelle stabilite dal D.L. n. 510 del 1996, art. 1, (che, fra l’altro, ha previsto a carico dell’INPS un sussidio non superiore a L. 800.000 mensili). Inoltre, il D.Lgs. n. 468 del 1997, all’art. 1, definisce come lavori socialmente utili le attività che hanno per oggetto la realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva, mediante l’utilizzo di particolari categorie di soggetti, e ne distingue le diverse tipologie, prevedendo "lavori di pubblica utilità mirati alla creazione di occupazione, in particolare in nuovi bacini di impiego, della durata di 12 mesi", "lavori socialmente utili mirati alla qualificazione di particolari progetti formativi volti alla crescita professionale in settori innovativi, della durata massima di 12 mesi", "lavori socialmente utili per la realizzazione di progetti aventi obiettivi di carattere straordinario, della durata di 6 mesi", "prestazioni di attività socialmente utili da parte di titolari di trattamenti previdenziali";

all’art. 2, in particolare, vengono definiti i settori nei quali sono attivati i lavori di pubblica utilità e se ne specificano gli ambiti in relazione alla cura della persona, all’ambiente e al territorio, allo sviluppo rurale, montano e idrico, al recupero e alla riqualificazione degli spazi urbani e dei beni culturali; l’art. 13, infine, dispone l’abrogazione di tutte le disposizioni in contrasto con il decreto, con particolare riguardo a quelle contenute nel D.L. n. 510 del 1996, art. 1, convertito nella L. n. 608 del 1996.

La ricognizione normativa consente di rilevare la portata e gli effetti della successiva disposizione della L. 17 maggio 1999, n. 144, art. 45, comma 9, (recante misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all’occupazione e della normativa che disciplina INAIL, nonchè disposizioni per il riordino degli enti previdenziali), secondo cui "dal 1 gennaio 1999, l’assegno per i lavori socialmente utili è stabilito in L. 850.000 mensili". Infatti, i "lavori socialmente utili" comprendono le varie attività che hanno per oggetto la realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva, secondo la definizione generale del D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 1, e comprendono, in virtù del secondo comma del medesimo articolo, anche i lavori di pubblica utilità mirati alla creazione di occupazione in particolari bacini di impiego. Com’è evidente, la definizione contenuta nel D.Lgs. n. 468 del 1997 ha una portata generale, come anche le diverse tipologie di attività ivi descritte, secondo gli intenti specificamente demandati dalla legge di delega, consistenti nella revisione dell’intera disciplina dei lavori socialmente utili dapprima dettata dal richiamato del D.L. n. 510 del 1996, art. 1, convertito nella L. n. 608 del 1996, (espressamente abrogato dal D.Lgs. n. 468 del 1997), e secondo una configurazione unitaria di tutte le descritte attività che, infine, ha trovato consolidamento nella nuova disciplina delle "attività socialmente utili" dettata dal D.Lgs. 28 febbraio 2000, n. 81, (recante integrazioni e modifiche della disciplina dei lavori socialmente utili a norma della L. n. 144 del 1999, art. 45, comma 2).

Ciò spiega la sovrapponibilità dei settori di attività previsti per i "progetti di lavoro di pubblica utilità" dal D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 2, e quelli oggetto di "lavori di pubblica utilità" secondo il D.Lgs. n. 280 del 1997, art. 3, siccome quest’ultima disposizione – corrispondendo ad una precisa intenzione del legislatore, manifestata nella legge di delega (L. n. 196 del 1997, art. 26) – mira alla "creazione di occupazione" in uno specifico bacino di impiego, così come previsto, in generale, dal richiamato del D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 1, comma 2. Consegue, da questo rilievo, che il rapporto fra le due previsioni di "lavori di pubblica utilità" – contenute nei due decreti legislativi attuativi delle deleghe di cui alla L. n. 196 del 1997 – si pone in termini di specificazione di intenti generali in ambiti territoriali determinati, all’interno di una medesima "tipologia" di attività e di una medesima finalità del legislatore, connessa ad intenti di tutela dalla disoccupazione e di inserimento nel lavoro.

Con questi presupposti, l’incremento dell’assegno – nella misura e nei termini determinati dalla L. n. 144 del 1999, art. 45, comma 9, trova applicazione anche per i lavori di pubblica utilità previsti dal D.Lgs. n. 280 del 1997, in quanto "lavori socialmente utili" secondo la definizione fissata dal Legislatore al D.L. n. 468 del 1997, art. 1, comma 2, lett. a).

La configurazione di una identità strutturale dei lavori di pubblica utilità previsti nei due decreti legislativi toglie ogni rilievo all’argomento utilizzato dall’Istituto ricorrente in relazione ad un asserito rinvio "statico" – contenuto nel D.Lgs. n. 280 del 1997, – alle modalità di attuazione previste nel D.L. n. 510 del 1996, convertito nella L. n. 608 del 1996; e, d’altra parte, l’intento del Legislatore di riferirsi, quanto alle predette modalità, non già ad una determinata disciplina, ancorchè poi abrogata, ma alla disciplina normativa così come eventualmente modificata nel tempo, è reso evidente, sul piano sistematico, dalla mancanza di alcuna ragione che possa giustificare la eventuale disparità di trattamento fra prestazioni relative a progetti aventi uguale funzione e identico contenuto. Infine, la norma transitoria dettata dal D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 13, u.c., che – come sottolinea l’Istituto – limita l’applicazione del decreto ai progetti presentati dopo la sua entrata in vigore, non configura certamente un intento di discrimine fra prestazioni relative a disposizioni che si inseriscono in un unico sistema, attuato mediante decreti legislativi quasi coevi, e, anzi, per i profili strettamente economici la disposizione è del tutto irrilevante, poichè il diritto dei lavoratori si fonda, nella specie, su progetti presentati ai sensi del D.Lgs. n. 280 del 1997, ai quali, peraltro, stante la medesima natura della prestazione di "lavori di pubblica utilità", si applica il medesimo trattamento economico, ivi compreso l’incremento, per il 1999, previsto dalla successiva disposizione della L. n. 144 del 1999.

Pertanto, il ricorso va rigettato.

Non va adottata alcuna statuizione sulle spese del presente giudizio in mancanza di costituzione degli intimati.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 10 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2012
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