Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 10-10-2013) 05-03-2014, n. 10515

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Catania, con ordinanza resa all’udienza camerale del giorno 6.10.2011 liquidava a S.P. la somma di Euro 7.000,00 a titolo di riparazione per l’ingiusta detenzione sofferta in regime di custodia in carcere perchè sospettato dei delitti di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 74, da cui era stato assolto dal Tribunale di Catania con sentenza del 7.06.2007, esecutiva il 19.01.2008. Avverso la sopra indicata ordinanza proponeva ricorso per Cassazione S.P. e concludeva chiedendone l’annullamento.

Il ricorrente censurava la sentenza impugnata per violazione di legge e mancanza e manifesta illogicità della motivazione in relazione agli artt. 314 e 315 c.p.p., perchè la somma indicata pari ad Euro 7.000,00 a titolo di riparazione per l’ingiusta detenzione subita era stata fissata senza alcuna motivazione reale, senza indicare alcun parametro per fissare il valore degli elementi ritenuti indennizzabili, senza tenere in considerazione le ulteriori sofferenze personali e gli ulteriori danni patiti dall’istante per la perdita di chances lavorative a causa della privazione della libertà personale durante il lungo periodo di carcerazione Si contestavano poi le considerazioni espresse nell’ordinanza impugnata a proposito delle numerose condanne e dei numerosi precedenti anche gravi e specifici, in quanto venivano diversamente valutati i giorni di carcerazione, a seconda che si trattasse di un incensurato ovvero di un pregiudicato. Si lamentava in sostanza il difetto di motivazione in ordine ai criteri e all’iter logico seguiti per giungere alla valutazione finale dell’indennità liquidata.

L’Avvocatura Generale dello Stato in rappresentanza del Ministero dell’Economia e delle Finanze produceva tempestiva memoria in cui dichiarava di condividere integralmente le conclusioni del Procuratore generale di questa Corte.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato nei limiti di cui in motivazione. Nella fattispecie di cui è causa è pacifico che tra le parti ricorrano tutti gli elementi richiesti dall’art. 314 c.p.p. perchè sia riconosciuto il diritto di S.P. ad ottenere un’equa riparazione per la custodia cautelare subita e che il richiedente non vi abbia in alcun modo dato causa per dolo o colpa grave. Si discute quindi solamente dell’entità della somma da corrispondere e delle varie voci che possono contribuire a quantificare al meglio l’indennizzo.

La giurisprudenza di legittimità ha fornito in proposito una indicazione di massima ed ha affermato che la liquidazione dell’indennizzo previsto a titolo di riparazione per l’ingiusta detenzione va disancorata da soli criteri o parametri rigidi e deve al riguardo procedersi anche con criteri equitativi.

I richiamati criteri di equità riguardano ovviamente non la prova dei danni patiti, ma la mera quantificazione dell’indennizzo spettante a fronte della loro variegata natura.

In definitiva la liquidazione dell’indennizzo previsto a titolo di riparazione per l’ingiusta detenzione va disancorata da criteri o parametri rigidi e deve, al riguardo, procedersi con equità, valutandosi la durata della custodia cautelare e, non marginalmente, le conseguenze personali, familiari, patrimoniali, morali, dirette o mediate, che siano derivate dalla privazione della libertà. A tal riguardo, dato di partenza della valutazione indennitaria, che va necessariamente tenuto presente quantomeno come dato di partenza, è costituito dal parametro aritmetico costituito dal rapporto tra il tetto massimo dell’indennizzo di cui all’art. 315 c.p.p., comma 2, e il termine massimo della custodia cautelare di cui all’art. 303 c.p.p., comma 4, espresso in giorni, moltiplicato per il periodo, anch’esso espresso in giorni, di ingiusta detenzione subita, dovendosi poi procedere alla liquidazione dell’indennizzo, entro il tetto massimo del quantum liquidabile, con apprezzamento di tutte le conseguenze pregiudizievoli che la durata della custodia cautelare ingiustamente subita ha determinato per l’interessato (Cass. Sez. 4A sent. N. 30317 del 21/06/2005, Rv. 232025).

Tanto premesso si osserva che, accanto alla prevalente giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le altre, Cass., Sez. 4, Sent. n. 34673 del 22.06.2010, Rv. 248083), per la quale "è legittima la riduzione della somma giornaliera computata come frazione aritmetica di quella massima liquidabile per legge, dell’indennizzo dovuto a titolo di riparazione per l’ingiusta detenzione a soggetto pregiudicato, data, per esso, la minore afflittività della privazione della libertà personale, riconducibile sia al minore discredito che l’evento comporta per una persona la cui immagine sociale è già compromessa, sia al fatto che la sua dimestichezza con l’ambiente carcerario rende meno traumatica l’ingiusta privazione della libertà", esiste altra giurisprudenza orientata a valorizzare il carattere non risarcitorio della riparazione a fronte della ingiustizia della riparazione in sè e per sè.

Pertanto, premesso che in linea di massima il giudice deve adottare il criterio matematico, purtuttavia, dovendosi valutare l’entità della riparazione spettante in relazione al grado della ingiustizia della detenzione cautelare, qualora il giudice della riparazione intenda andare al di sotto della somma di Euro 235,82 per ogni giorno di detenzione carceraria, dovrà enunciare i motivi per cui intende discostarsi da tale criterio, non già adottando una motivazione di stile, ma enunciando specificatamente le ragioni, non essendo sufficiente un generico richiamo a pregresse carcerazioni. Nella fattispecie di cui è causa invece la Corte territoriale si limita ad evidenziare quali circostanze che hanno determinato la forte riduzione dell’indennizzo da Euro 235,82 a Euro 100 per ogni giorno di detenzione carceraria la circostanza che lo S., all’epoca della detenzione, aveva già subito diverse carcerazioni ed aveva numerosi precedenti penali anche specifici, senza fornire alcuna chiarificazione sulla incidenza di tali carcerazioni e delle condanne sopra indicate sulla ingiustizia da riparare.

Nella fattispecie di cui è processo il provvedimento impugnato non ha in conclusione esplicitato i motivi che l’hanno portato a liquidare una somma tanto inferiore al criterio aritmetico nella sua massima estensione. Questo Collegio è consapevole dell’esistenza di un diverso orientamento giurisprudenziale (cfr, Cass., SU, sent. n. 24287 del 9.05.2001), ma non lo ritiene persuasivo, nè costituzionalmente orientato. L’ordinanza impugnata deve essere pertanto annullata con rinvio alla Corte di Appello di Catania cui demanda anche il regolamento delle spese tra le parti per questo giudizio.

Si osserva infine che è errato il mero calcolo della somma liquidata in Euro 7.000,00 a fronte di giorni 72, e non 70, di detenzione, essendosi la Corte territoriale riferita al periodo 16.07.2003- 25.09.2003 ed alla somma di Euro 100,00 giornaliere.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Catania per nuovo esame.

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2013.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2014

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