Cons. Stato Sez. VI, Sent., 31-01-2011, n. 710

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
Con ricorso al Tribunale amministrativo del Lazio, sede di Roma, xxx s.p.a. in persona del legale rappresentante impugnava la deliberazione in data 29 maggio 2003 con la quale l’Autorità garante della concorrenza e del mercato a conclusione del procedimento n. A/303 le aveva irrogato una sanzione di 880.000 euro avendo ravvisato una violazione grave dell’art. 3 delle legge 10 ottobre 1990, n. 287.
Lamentava violazione e falsa applicazione, sotto due profili, degli artt. 3 e 7 della richiamata legge n. 287, violazione dell’art. 14 del D. Lgs. 18/1999, eccesso di potere, violazione e falsa applicazione, sotto diversi profili, dell’art. 15 della legge 287/1990.
Chiedeva quindi l’annullamento del provvedimento impugnato.
Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo del Lazio, sede di Roma, Sezione I, accoglieva in parte il ricorso, annullando il punto b) del provvedimento impugnato relativo al calcolo della sanzione amministrativa, e respingendolo per il resto.
Avverso la predetta sentenza insorge l’Autorità garante della concorrenza e del mercato in persona del Presidente contestando gli argomenti sulla cui base il ricorso di primo grado è stato accolto in parte e chiedendo la sua riforma e l’integrale rigetto del medesimo ricorso.
Si è costituita in giudizio xxx s.p.a. in persona del legale rappresentante chiedendo il rigetto dell’appello e proponendo appello incidentale improprio, con il quale chiede la riforma della sentenza gravata e l’integrale accoglimento del ricorso di primo grado.
Si è costituita in giudizio A. s.p.a. chiedendo l’accoglimento dell’appello principale ed il rigetto dell’appello incidentale.
Le parti hanno depositato memoria.
La causa è stata assunta in decisione alla pubblica udienza del 10 dicembre 2010.
Motivi della decisione
1. La controversia riguarda il comportamento serbato da xxx s.p.a., odierna appellante incidentale (appello incidentale improprio), nel periodo immediatamente successivo all’entrata in vigore del D. Lgs. 13 gennaio 1999, n. 18, il quale, nel dare attuazione alla direttiva 96/67/CE, ha aperto il mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti agli operatori privati.
La suddetta Società è concessionaria esclusiva della gestione dell’Aeroporto di Bologna.
Giustamente il primo giudice rileva come per ciò stesso detenga un monopolio legale e posizione dominante nella gestione e messa a disposizione delle infrastrutture aeroportuali, utilizzate dai gestori di servizi a terra.
Fino all’entrata in vigore della nuova normativa è stata anche concessionaria esclusiva dei servizi a terra.
Solo a seguito dell’entrata in vigore del D. Lgs. n. 18/1999 si è quindi trovata ad affrontare la concorrenza di altri operatori nella gestione dei servizi di cui si tratta.
Secondo l’Autorità appellante la Società ha abusato della posizione dominante della quale godeva costituendo una nuova società di gestione insieme ad un partner privato ed adottando comportamenti ostruzionistici di fronte alla richiesta di un nuovo operatore di accesso alle strutture aeroportuali per svolgervi servizi di assistenza a terra; di conseguenza con il provvedimento oggetto del giudizio ha inflitto alla Società odierna appellante incidentale una sanzione dell’importo di Euro 880.000.
La Società contesta la qualificazione dei suddetti comportamenti e comunque l’entità della sanzione; le diverse problematiche devono essere affrontate separatamente.
Il primo giudice ha respinto quasi tutte le contestazioni dedotte, accogliendo solo quelle relative all’entità della sanzione irrogata.
La sentenza di primo grado è stata gravata d’appello dalla Società, che chiede l’integrale accoglimento dell’impugnazione, e dall’Autorità, che chiede il suo integrale rigetto.
2. La Società appellante incidentale ha mantenuto una posizione di controllo ed influenza determinante nella Società di "handling" costituita con un soggetto distinto, nella quale detiene il 40% del capitale sociale.
Non può essere revocato in dubbio il fatto che ai sensi dello statuto societario l’appellante incidentale detiene un sostanziale potere di veto nelle assemblee sociali, in quanto lo stesso statuto prevede che le deliberazioni assembleari vengano assunte con la maggioranza del 65%, rendendo quindi decisivo il voto dell’appellante incidentale, pur essendo questi socio minoritario.
L’appellante incidentale sostiene l’irrilevanza della clausola statutaria, giudicandola nulla per contrasto con norma imperativa (art. 2369, terzo comma, c.c.).
La tesi non può essere condivisa.
Il primo giudice ha rilevato come le parti non abbiano affatto contestato l’operatività della clausola, che ha quindi pacificamente regolato la vita della Società, e tale affermazione sfugge ai rilievi mossi dall’appellante incidentale.
L’eventuale nullità della clausola ha infatti un significato solamente formale, posto che la stessa era pacificamente operativa ed accettata dalle parti all’epoca dei fatti di causa.
Il significato della clausola, palesemente rivolto ad attribuire alla Società appellante un’influenza ben superiore a quella conseguente alla quota di capitale sottoscritta, è poi confermato dai patti parasociali, con i quali le parti si sono impegnate a incontrarsi almeno quindici giorni prima delle assemblee ordinarie e straordinarie per discutere preventivamente gli argomenti all’ordine del giorno e cercare una posizione condivisa.
Afferma, in conclusione, il Collegio che giustamente l’Autorità ed il primo giudice hanno visto un’influenza determinante nella posizione della Società appellante all’interno della Società di "handling" costituita dopo l’apertura alla concorrenza di tali servizi.
Di conseguenza, correttamente l’Autorità ha ritenuto che la costituzione della suddetta Società non abbia fatto venir meno la posizione dominante dell’appellante incidentale nel mercato dei servizi a terra.
A questo proposito, è bene osservare come giustamente l’Autorità abbia individuato il mercato nella globalità dei servizi aeroportuali a terra, essendo irrilevante che solo in relazione ad alcuni di questi – quelli offerti da A. – si sia in concreto posto un problema di concorrenza, all’epoca dei fatti di causa.
Altrettanto giustamente poi l’Autorità ha individuato nei comportamenti posti in essere nei confronti della Società costituita il parametro alla stregua del quale verificare i comportamenti della Società appellante incidentale nei confronti degli altri concorrenti, o meglio dell’unica concorrente presentatasi in quella fase.
La sentenza di primo grado deve quindi essere confermata sul punto.
3. La Società appellante incidentale sostiene di non aver posto in essere alcun comportamento discriminatorio nei confronti dell’unico soggetto ad essa estraneo propostosi per la gestione dei servizi liberalizzati nell’ambito dell’Aeroporto di Bologna.
Neanche questa censura può essere condivisa.
Deve essere condivisa l’argomentazione con la quale l’appellante incidentale contesta l’ascrizione ad abuso della sua posizione dominante il ritardo con il quale si sono concluse le trattative per il passaggio del personale al nuovo imprenditore.
Osserva al riguardo il Collegio come non appaia affatto inverosimile che trattative del contenuto di quelle di cui ora si discute risultino complicate ed abbiano lunga durata, essendo invece verosimile che i dipendenti e le loro organizzazioni resistano all’ipotesi del trasferimento da un’organizzazione ascrivibile al settore pubblico, che offre quindi le relative garanzie, seppure attenuate dalla configurazione giuridica in termini privatistici del datore di lavoro, ad un’organizzazione integralmente privata, oltre tutto di proprietà estera.
Di conseguenza, l’ascrizione di tale ritardo a comportamenti ostruzionistici dell’appellante incidentale necessita di adeguata dimostrazione, che nella specie è mancata.
Invece, il provvedimento impugnato deve essere condiviso laddove ravvisa abuso di posizione dominante nell’ingiustificato allontanamento del banco della concorrente dalla zona partenze e nel pesante intervento posto in essere dall’appellante incidentale su un cliente della suddetta impresa.
Quanto all’allontanamento del banco della concorrente dalla zona partenze, deve essere rilevato come l’appellante incidentale non abbia in alcun modo precisato quali sarebbero i lavori che avrebbero imposto tale soluzione logistica, palesemente dannosa per l’imprenditore.
L’appellante incidentale non può poi sminuire la rilevanza di un fatto gravissimo quale la spedizione ad un cliente della concorrente di una lettera nella quale venivano espressi pesanti giudizi al suo riguardo.
L’appellante sostiene che si sia trattato della reazione a comportamenti aggressivi della concorrente ma il fatto, non provato, non può comunque giustificare un simile intervento da parte della concessionaria del servizio pubblico.
In conclusione, afferma il Collegio che le gravi circostanze accertate a carico dell’appellante incidentale impongono di condividere l’operato dell’Autorità laddove individua abuso di posizione dominante nel suo comportamento; la parziale condivisione delle ragioni dell’appellante incidentale non consente di escludere l’abuso, ma verrà tenuta presente nella discussione relativa alla valutazione della sua gravità.
4. Il Collegio deve quindi affrontare la problematica relativa all’entità della sanzione, riguardo alla quale entrambe le parti muovono critiche alla sentenza di primo grado.
Al riguardo, non può essere condiviso l’assunto dell’appellante incidentale secondo il quale il comportamento seguito non può essere considerato abuso grave della posizione dominante in quanto i fatti di causa si collocano nella fase di prima applicazione del D. Lgs. 13 gennaio 1999, n. 18, nella quale si sono dovute affrontare inevitabili incertezze applicative.
Osserva al riguardo il Collegio come l’intervento nei confronti di un cliente di una concorrente costituisca così palese violazione degli obblighi di correttezza da escludere qualsiasi scusabilità dell’errore.
La gravità del comportamento è ulteriormente sottolineata dal fatto che esso è stato posto in essere dalla concessionaria dell’Amministrazione, quindi da un soggetto che nonostante la sua configurazione privatistica partecipa dei poteri autoritativi di quest’ultima e che, come quest’ultima, è assoggettata all’obbligo di imparzialità.
L’appellante incidentale in quanto concessionaria è responsabile della gestione delle strutture aeroportuali, e fino alla liberalizzazione gestiva in regime di monopolio i servizi aeroportuali a terra.
Nonostante ciò, una volta intervenuta la loro apertura alla libera concorrenza ha costituito una società con un soggetto terzo mantenendovi una posizione dominante, ha posto ostacoli logistici all’attività dell’unica concorrente presentatasi sul mercato ed è intervenuta sui clienti di quest’ultima.
Sulla base di tali elementi afferma il Collegio la gravità del suo comportamento.
Inoltre, deve essere condiviso l’appello principale nella parte in cui sostiene che la sanzione deve essere commisurata alla somma del fatturato dell’appellante incidentale e della Società nella quale ha conservato l’influenza dominante.
Invero, nonostante le due Società siano rimaste distinte, la posizione di controllo ed influenza determinante conservata dall’appellante incidentale impone di considerarle unitariamente, al fine di quantificare la sanzione.
L’affermazione di fondo dell’appello principale deve quindi essere condivisa.
Non può invece essere condivisa l’affermazione dell’appellante incidentale secondo la quale nella specie deve essere applicato l’art. 15 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, nel testo previgente l’entrata in vigore della novella introdotta con legge 5 marzo 2001, n. 57, o meglio l’osservazione è irrilevante.
Invero, considerato il contenuto dell’attività svolta dall’appellante incidentale, deve presumersi che il suo fatturato di fatto coincida, quanto meno per la massima parte, con quello relativo ai prodotti oggetto dell’intesa o dell’abuso di posizione dominante, e la stessa appellante incidentale nel proporre l’argomento non ha quantificato, nemmeno approssimativamente, le differenze conseguenti all’applicazione dei due diversi sistemi.
Osserva peraltro il Collegio che la gravità del comportamento dell’appellante incidentale risulta accertata in relazione a solo due degli elementi raccolti dall’Autorità, costituiti dall’episodio dello spostamento del banco e dall’intervento sul cliente della concorrente.
Inoltre, il comportamento che il Collegio non ritiene ascrivibile ad abuso di posizione dominante è quello che ha provocato il maggior ritardo nell’accesso al mercato della concorrente.
Sulla base di tali elementi il Collegio, facendo uso del sindacato pieno spettante al giudice amministrativo in ordine alla verifica della congruità della sanzione pecuniaria antitrust, in particolare alla stregua della lettera l) dell’articolo 133, c.p.a., determina in Euro 300.000 (trecentomila) l’entità della sanzione a carico dell’appellante incidentale.
5. In conclusione, l’appello principale e quello incidentale devono essere accolti in parte, nei termini di cui sopra.
Le spese devono essere integralmente compensate fra le parti, in considerazione della complessità della controversia.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
definitivamente pronunciando, accoglie in parte, nei termini di cui in motivazione, l’appello principale e quello incidentale determinando la sanzione in Euro 300.000 (trecentomila); per l’effetto riforma la sentenza di primo grado.
Compensa integralmente spese ed onorari del giudizio fra le parti costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Coraggio, Presidente
Rosanna De Nictolis, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere, Estensore
Gabriella De Michele, Consigliere

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