Cass. civ. Sez. VI – 2, Sent., 05-09-2012, n. 14888

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Svolgimento del processo

Con sentenza del 9/9/2010 la Corte di Appello di Palermo, riformava parzialmente la sentenza di primo grado che aveva deciso su una controversia civile relativa all’accertamento delle opere necessario per le parti comuni di un edificio e al riparto delle relative spese;

compensava per metà le spese del grado e condannava gli appellati G.A. e A.A. al pagamento della restante metà in favore degli appellanti A.C.F.I. e D.G.; poneva le spese di CTU per due terzi a carico degli appellati e per un terzo a carico degli appellanti.

G.A. e A.A., affermando di essere stati ammessi al patrocinio a spese dello Stato nel giudizio di appello propongono ricorso per Cassazione, affidato a due motivi, avverso la suddetta sentenza limitatamente alle statuizioni con le quali sono poste a loro carico le spese di CTU e le spese del giudizio di appello.

Motivi della decisione

Con il primo motivo i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 131 (T.U. delle spese di giustizia) e con il secondo motivo la violazione dell’art. 133 dello stesso D.P.R..

I ricorrenti sostengono che per la disposizione dell’art. 131 cit.

non avrebbero dovuto subire condanna al pagamento delle spese del giudizio in quanto tali spese dovrebbero essere poste a carico dell’erano anche in caso (come quello di specie) di soccombenza dalla parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato; sostengono che per la disposizione dell’art. 133 cit. la sentenza "avrebbe dovuto porre a carico degli appellati, odierni resistenti, la metà delle spese legali nonchè la quota pari ad un terzo delle spese di CTU, disponendone il pagamento a favore dello Stato".

2. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza di entrambi i motivi.

2.1 La censura concernente l’applicazione dell’art. 131 T.U.S.G. è manifestamente infondata in quanto l’art. 131, nel disporre che gli onorari e le spese dovute al difensore sono anticipate dall’erario, si riferisce agli onorari e alle spese dovute al difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato (che vengono liquidate al difensore a prescindere dalla dall’eventuale compensazione disposta in sentenza) e non agli onorari e spese dovuti al difensore della parte non ammessa.

2.2 Con riferimento alle spese di CTU, la disposizione che ne prevede la prenotazione a debito (art. 131, comma 3 T.U.S.G.) non attiene al (e non inficia il) dispositivo della sentenza che pone a carico della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato le spese di CTU (nella specie, nella misura di due terzi) in quanto la stessa norma stabilisce che la prenotazione a debito avvenga non di ufficio, ma a domanda dell’interessato (nella specie il CTU)e non esclude che il giudice possa (e anzi debba)individuare la parte processuale tenuta al pagamento nei confronti del CTU. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 287 del 2008, ha affermato (chiarendo la funzione della norma) che il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 131, comma 3, nel disciplinare il procedimento di liquidazione degli onorari dell’ausiliario, prevede la prenotazione a debito (con conseguente pagamento da parte dell’erano) quale rimedio residuale e proprio al fine di evitare che il diritto alla percezione dell’onorano venga pregiudicato dall’impossibile ripetizione dalle parti processuali.

La norma, in sostanza, consente al CTU di richiedere il pagamento direttamente all’erario nel caso in cui "non è possibile la ripetizione dalla parti a carico della quale sono poste le spese processuali o dalla stessa parte ammessa per vittoria della causa o per revoca dell’ammissione"; a seguito della richiesta, pertanto, l’erario annoterà la spesa a futura memoria ai fini dell’eventuale successivo recupero (v. art. 3 lett. s TUSG).

La censura concernente l’applicazione dell’art. 133 T.U.S.G è incomprensibile nella parte in cui si afferma che la sentenza avrebbe dovuto porre a carico degli appellati, odierni resistenti, la metà delle spese legali nonchè la quota pari ad un terzo delle spese di CTU, in quanto gli appellati non sono gli "odierni resistenti" e neppure sono individuabili i "resistenti", posto che gli intimati non si sono costituiti.

In ogni caso, la censura è inammissibile in quanto apoditticamente, senza la benchè minima motivazione, vi si afferma che l’art. 133 TUSG sarebbe stato erroneamente applicato e che la Corte di Appello avrebbe dovuto condannare A.C. e D.G. "al pagamento delle spese del grado di appello e del presente giudizio in favore dello Stato"; inoltre, non essendo stata posta a carico dei predetti A. e D. la rifusione di spese processuali a favore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, non era neppure applicabile l’art. 133 T.U.S.G. che, quindi, il giudice di appello correttamente non ha applicato.

3. In conclusione, il ricorso può essere trattato in Camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c., per essere dichiarato inammissibile in considerazione della manifesta infondatezza.

Considerato che il ricorso è stato fissato per l’esame in camera di consiglio, che sono state effettuate le comunicazioni alle parti costituite e la comunicazione al P.G..

Considerato che il collegio ha condiviso e fatto proprie le argomentazioni e la proposta del relatore quanto alla manifesta infondatezza dei motivi di ricorso che per tale ragione deve essere rigettato;

Che nulla va statuito in tema di spese in mancanza di costituzione degli intimati.

P.Q.M.

La Corte di cassazione rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 8 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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