Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 10-10-2013) 19-02-2014, n. 7953

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1 – Con sentenza del Gup del Tribunale di Trani del 2 ottobre 2007, A.F., C.V., Ca.Ni., c.F., F.M., G.D. e S.S. sono stati ritenuti colpevoli del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1, per avere in numerose occasioni detenuto a fini di spaccio e ceduto a più persone sostanze stupefacenti di vario tipo (cocaina, hashish e marijuana), nonchè, il Ca., anche del reato di cui all’art. 337 c.p., per avere opposto resistenza ad agenti del Commissariato di polizia di Andria.

All’affermazione di responsabilità è seguita la condanna degli imputati a pene diverse, previo riconoscimento, per tutti, delle circostanze attenuanti generiche, ritenute prevalenti quanto al Ca., equivalenti per tutti gli altri, alla recidiva rispettivamente contestata, ed esclusa l’aggravante ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2, originariamente ipotizzata.

2 – Impugnata detta sentenza da tutti gli imputati, la Corte d’Appello di Bari, con sentenza del 3 aprile 2012, preso atto della rinuncia degli appellanti ai motivi d’impugnazione diversi da quelli concernenti l’entità della pena – in particolare, a quelli concernenti la declaratoria di prevalenza delle attenuanti generiche, l’esclusione della recidiva ed il riconoscimento delle attenuanti di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 e art. 114 c.p. – in parziale riforma della sentenza impugnata, ha ridotto in varia misura, tranne che nei confronti di S.S., le pene inflitte dai primi giudici, attraverso il mero contenimento della pena base nei minimi edittali, ed ha respinto tutte le altre richieste.

3 – Avverso detta decisione ricorrono gli imputati.

Tutti i ricorrenti denunciano il vizio di motivazione della sentenza impugnata in punto di mancato riconoscimento dell’ipotesi attenuata prevista dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 ed inoltre, tranne C.V., la mancata declaratoria di prevalenza delle attenuanti generiche sulla recidiva rispettivamente contestata e la mancata esclusione della stessa. c., G., S., Ca. e A. censurano anche la mancata esclusione della recidiva. Mentre F.M. denuncia, inoltre, la violazione di legge, in relazione all’art. 189 c.p.p., nonchè il diniego dell’attenuante ex art. 114 c.p..

Motivi della decisione

Tutti i ricorsi sono manifestamente infondati.

1- In tema di vizio motivazionale, questa Corte ha costantemente affermato che il vizio della mancanza o manifesta illogicità della motivazione, valutabile nella sede di legittimità, sussiste allorchè il provvedimento giurisdizionale manchi del tutto della parte motiva ovvero la medesima, pur esistendo graficamente, sia tale da non evidenziare l’iter argomentativo seguito dal giudice per pervenire alla decisione adottata. E’ stato, altresì, affermato che il vizio è presente nell’ipotesi in cui dal testo della motivazione emergano illogicità o contraddizioni di tale evidenza da rivelare una totale estraneità tra le argomentazioni adottate e la soluzione decisionale prescelta.

Orbene, nel caso di specie, le censure mosse dagli odierni ricorrenti, che essenzialmente ripropongono questioni già poste all’attenzione dei giudici del merito, che le ha attentamente esaminate e respinte, si rivelano del tutto infondate, inesistenti essendo, in realtà, i pretesi vizi motivazionali della sentenza impugnata che, viceversa, pur nella sua sinteticità, presenta una struttura argomentativa adeguata e coerente sotto il profilo logico.

Riprendendo le linee argomentative tracciate dal primo giudice a sostegno della propria decisione, alle quali hanno costantemente fatto riferimento, i giudici del gravame hanno esaminato ogni questione sottoposta al loro giudizio e, dopo avere ricostruito i fatti, hanno adeguatamente motivato le ragioni del proprio dissenso rispetto alle argomentazioni ed osservazioni difensive.

Essi hanno dunque ribadito che gli elementi probatori acquisiti non consentivano di accogliere le richieste difensive concernenti il riconoscimento delle attenuanti invocate ed un diverso e più favorevole giudizio di comparazione delle riconosciute attenuanti generiche, ritenute per tutti, come già ricordato, equivalenti alla recidiva, tranne che per il Ca., nei cui confronti ne è stata ritenuta la prevalenza.

In particolare, quanto all’ A., al c. ed al G., la corte territoriale ha motivatamente ritenuto che le molteplici condanne dagli stessi subite – anche per delitti di spaccio di stupefacenti, legittimamente ritenute indicative dell’inclinazione degli imputati a commettere tale tipologia di reati e di un sistema di vita diretto a trarre i mezzi di sussistenza da tale illecito commercio – ed inoltre, le modalità di esecuzione dell’attività di spaccio – che denunciavano chiaramente l’accurata preparazione e la sistematicità, e dunque la pericolosità, delle condotte contestate – non consentivano la formulazione di un più favorevole giudizio di comparazione tra le circostanze considerate, nè l’esclusione della recidiva.

Circostanze, viceversa, non rinvenute con riguardo al Ca., nei cui confronti già il primo giudice aveva dichiarato la prevalenza delle predette attenuanti, mentre il giudice del gravame ha escluso la recidiva per la natura contravvenzionale del precedente registrato a carico dello stesso. Di guisa che le censure in proposito articolate da detto ricorrente si presentano manifestamente infondate.

Analoghe considerazioni ha svolto la corte territoriale nei confronti del S., molteplici procedimenti penali sono stati legittimamente ritenuti ostativi alle invocate declaratorie di prevalenza e di esclusione della recidiva, avendo la medesima corte legittimamente ritenuto non significativa, nel senso inteso dal ricorrente, l’unicità dello specifico precedente registrato, in considerazione delle modalità dei fatti, ritenute indicative di un’accurata preparazione della condotta contestata, contrastante con la tesi della occasionalità della stessa.

Considerazioni ugualmente svolte nei confronti del F., pure raggiunto da molteplici e specifiche condanne, giustamente ritenute indicative della sistematicità delle condotte delittuose contestate e dunque della pericolosità del soggetto, tale da non consentire più favorevoli giudizi comparativi o l’esclusione della recidiva contestata.

2- Manifestamente infondate si presentano, altresì, le censure concernenti il mancato riconoscimento dell’ipotesi attenuata prevista dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5.

In proposito, il giudice del gravame ha rilevato che i ricorrenti costituivano un gruppo di spacciatori sistematicamente dediti allo spaccio di sostanze stupefacenti, che tale attività illecita essi esercitavano in maniera professionale e che da essa ricavavano introiti non indifferenti, come accertato attraverso le video riprese che hanno registrato frequenti passaggi di denaro dall’uno all’altro componente il gruppo di spacciatori.

In particolare, sono stati segnalati:

– il concorso di più persone nell’attività di spaccio;

– la diversa qualità della droga trafficata (cocaina e marijuana);

– la sistematicità delle condotte, molte delle quali direttamente osservate dagli inquirenti, ritenuta indicativa di una non trascurabile potenzialità diffusiva dell’attività di spaccio, oltre che di costanti rapporti con i circuiti delinquenziali dediti all’illecito traffico;

– le modalità delle stesse, caratterizzate da una certa suddivisione dei compiti, dall’attenta preparazione delle attività di spaccio e dalla predisposizione di nascondigli in luoghi non direttamente riconducibili agli imputati.

Circostanze che sono state giustamente ritenute manifestazioni di una condotta delittuosa non riconducibile nell’alveo della minima offensività, nei termini intesi dalla norma richiamata.

3 – F.M. denuncia, ancora: a) l’inutilizzabilità delle riprese videoregistrate, dalla cui visione i giudici del merito avrebbero tratto la prova della responsabilità dell’imputato, avendone i giudici disposto l’acquisizione senza avere eseguito alcun esame di ammissibilità e senza avere previamente interpellato le parti; b) il mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 114 c.p..

Orbene, quanto alla prima delle richiamate censure, osserva la Corte che nessun esame di ammissibilità i giudici del merito avrebbero dovuto eseguire e nessun "interpello" avrebbe dovuto essere rivolto alle parti, posto che i mezzi di prova contestati facevano parte del fascicolo del PM, legittimamente acquisito dallo stesso giudice, avendo tutti gli imputati, compreso il F., optato per il giudizio abbreviato. Non aveva ragione alcuna, quindi, il giudice, di disporre la specifica formale acquisizione delle riprese audiovisive, inserite nel fascicolo del PM, integralmente doverosamente acquisito, nè di "sentire le parti", nella specie gli imputati, che, avendo scelto il giudizio abbreviato, e dunque di essere giudicati allo stato degli atti, avevano implicitamente richiesto l’integrale acquisizione del fascicolo del PM. Quanto all’attenuante prevista dall’ari. 114 c.p., il giudice del gravame ha motivatamente ritenuto che la stessa non potesse riconoscersi all’odierno ricorrente, posto che la condotta allo stesso contestata non poteva essere considerata marginale, e quindi, nel complessivo contesto delittuoso disvelato dall’attività investigativa, di minima importanza, in considerazione della sua costante presenza sui luoghi dove avveniva l’attività di spaccio e del ruolo attivo dallo stesso svolto in quanto incaricato di ritirare il denaro provento dell’illecita attività, come attestato dalle numerose e significative video riprese. Giudizio del tutto condivisibile, oltre che coerentemente motivato, al quale il ricorrente ha opposto solo generiche censure.

4 – Alla manifesta infondatezza dei ricorsi consegue la declaratoria d’inammissibilità degli stessi, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo determinare in Euro 1.000,00 ciascuno.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2013.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2014

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