Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 10-10-2013) 03-02-2014, n. 5203

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. Con sentenza pronunciata il 4.7.2012 il tribunale di Fermo, in composizione monocratica, condannava D.R.R., imputato dei reati di cui agli artt. 81 cpv. e 612, c.p. (capo a); art. 81 cpv.
c.p., art. 595 c.p., commi 1 e 3 (capo b); artt. 81 cpv. e 660, c.p. (capo c), commessi, secondo la prospettazione accusatoria in danno di A.S. e di L.E., alle pene ritenute di giustizia, oltre al risarcimento dei danni derivanti dai reati in favore della costituita parte civile A.S., liquidati in Euro 30.000,00, mandando assolto l’imputato esclusivamente dall’episodio di molestie ricompreso nel capo C) dell’imputazione, commesso in danno del L.E., marito dell’ A..
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore di fiducia, lamentando la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata, in quanto: 1) non vi è alcuna certezza, non essendo stata svolta al riguardo nessun accertamento peritale, che la scrittura apposta sulle buste sequestrate e sui CD regalati dal D. R. alla R. sia riconducibile all’imputato; 2) appare insufficiente a fondare l’ipotesi accusatoria il contenuto della deposizione della teste P.N., poichè nessuna delle foto della A. riportate sui volantini in possesso del D.R., cui ha fatto riferimento la P., è stata rinvenuta all’esito della perquisizione effettuata dalle forze di polizia presso l’abitazione dell’imputato, nel corso della quale quest’ultimo ha peraltro consegnato una scheda contenente altre foto del "preciso tenore, ma nessuna esattamente corrispondente a quelle divulgate".
3. Il ricorso del D.R. non può essere accolto, per l’inammissibilità dei motivi su cui si fonda.
Le censure rappresentate dal ricorrente, infatti, oltre ad essere del tutto generiche, si risolvono in una mera rilettura, peraltro parziale e frammentaria, degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, sulla base di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, senza individuare vizi di logicità tali da evidenziare la sussistenza di ragionevoli dubbi, ricostruzione e valutazione, quindi, precluse in sede di giudizio di Cassazione (cfr. Cass., sez. 1, 16.11.2006, n. 42369, De Vita, rv.
235507; Cass., sez. 6, 3.10.2006, n. 36546, xxx, rv. 235510;
Cass., sez. 3, 27.9.2006, n. 37006, Piras, rv. 235508).
Ed invero non può non rilevarsi come il controllo del giudice di legittimità, pur dopo la novella dell’art. 606 c.p.p., ad opera della L. n. 46 del 2006, si dispiega, pur a fronte di una pluralità di deduzioni connesse a diversi atti del processo, e di una correlata pluralità di motivi di ricorso, in una valutazione necessariamente unitaria e globale, che attiene alla reale esistenza della motivazione ed alla resistenza logica del ragionamento del giudice di merito, essendo preclusa al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (cfr. Cass., sez. 6, 26.4.2006, n. 22256, Bosco, rv. 234148).
Il tribunale, peraltro, con motivazione approfondita e immune da vizi, ha evidenziato come dal complesso delle risultanze processuali (costituite dalle dichiarazioni delle persone offese; dall’esame dei tabulati telefonici relativi alle utenze in uso alla A. ed al D.R.; dalle diverse deposizioni testimoniali, dai documenti acquisiti e dalla deposizione del consulente tecnico S.), risulti che l’imputato abbia minacciato e molestato ripetutamente l’ A., offendendo, altresì, l’onore e la reputazione di quest’ultima e di suo marito, diffondendo nel territorio dei comuni di (OMISSIS), anche spedendole per posta a destinatari sconosciuti alle persone offese, diverse fotografie ritraenti la donna i "seminuda ed in atteggiamenti intimi".
Va rilevato, in particolare che le concordanti dichiarazioni delle persone offese, sulla cui credibilità soggettiva ed attendibilità intrinseca della loro narrazione dei fatti nessuna doglianza è stata avanzata dal ricorrente, sarebbero da sole sufficienti ad affermare la penale responsabilità del D.R.; tali dichiarazioni, peraltro, sono supportate da una serie di riscontri, che, pur non necessari, forniscono innegabile consistenza all’assunto accusatorio.
Nel corso della perquisizione presso l’abitazione dell’imputato, infatti, venivano acquisite foto dello stesso tenore di quelle distribuite nel comune di (OMISSIS) ed una busta simile a quelle utilizzate per spedire le fotografie compromettenti a diversi cittadini del suddetto comune; inoltre il consulente tecnico ha accertato come provenienti dalla stessa mano la scritta posta su di un CD regalato dal D.R. alla A. e le "scritte contenute nelle foto", riproducenti il nome di A.S., per cui appare conforme alle più elementari regole della logica induttiva, desumere che sia stato proprio il D.R. a spedire le buste contenenti le fotografie innanzi indicate, risultando del tutto superfluo disporre al riguardo un accertamento peritale.
4. Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso proposto nell’interesse del D.R. va, dunque, dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento, nonchè in favore della cassa delle ammende di una somma a titolo di sanzione pecuniaria, che appare equo fissare in Euro 1000,00, tenuto conto della evidente inammissibilità del ricorso, facilmente evitabile, attraverso la conoscenza di orientamenti consolidati da tempo nella giurisprudenza di legittimità, dal difensore del ricorrente, che, quindi, non può ritenersi immune da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
5. L’imputato va, altresì, condannato alla rifusione, in favore della parte civile costituita, delle spese del presente giudizio di legittimità, che, ai sensi del D.M. Giustizia 20 luglio 2012, n. 140, "Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni regolarmente vigilate dal Ministero della giustizia, si fissano in complessivi Euro 900,00, oltre accessori come per legge.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende, nonchè alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, liquidate in complessivi Euro 900,00 oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2013.
Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2014

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