Cass. civ. Sez. V, Sent., 05-09-2012, n. 14872

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Svolgimento del processo
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo ed illustrato con successiva memoria, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio che, rigettandone l’appello, nel giudizio introdotto dalla società cooperativa a r.l. xxx – Cantina sociale xxx con l’impugnazione dell’avviso di accertamento ai fini dell’IRPEG per l’anno 2001, con il quale era stata contestata la decadenza dall’esenzione dall’imposta, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 10, per il mancato rispetto dei principi mutualistici, ha confermato il parziale accoglimento del ricorso, e, segnatamente, la spettanza dell’esenzione.
La società cooperativa contribuente resiste con controricorso.
Motivi della decisione
Con l’unico motivo, denunciando "insufficiente motivazione su un fatto decisivo e controverso per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5", l’amministrazione ricorrente censura come insufficiente la motivazione in ordine all’esclusione del fatto che attraverso la valorizzazione dei conferimenti la società aveva proceduto ad un’occulta o indiretta distribuzione degli utili ai soci, sottraendosi inoltre all’obbligo di destinare il 3% degli utili annui al fondo mutualistico di appartenenza sancito dalla L. 31 gennaio 1992, n. 59, art. 11, comma 4. In proposito, la sentenza si sarebbe limitata ad un pedissequo recepimento delle tesi difensive della società contribuente.
Il motivo è infondato.
Le società cooperative ed i loro consorzi, aderenti alle associazioni nazionali riconosciute di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo, a norma della L. 31 gennaio 1992, n. 59, art. 11, comma 4, sono tenute a "destinare alla costituzione e all’incremento di ciascun fondo costituito dalle associazioni cui aderiscono una quota degli utili pari al 3%".
Il giudice d’appello ha accertato che la cooperativa contribuente, negli esercizi nei quali ha conseguito un utile di bilancio, ha provveduto al versamento del detto contributo.
Quanto al criterio di valorizzazione dei conferimenti effettuati dai soci, il giudice di merito nella sostanza esclude un’occulta o indiretta distribuzione degli utili ai soci, atteso che al costo della materia prima, costituita nella circostanza, appunto, dalle uve conferite dai soci della cooperativa, dovevano essere sommati i contributi in conto esercizio ricevuti dalla cooperativa, alla luce del disposto del D.L. 29 dicembre 1983, n. 746, art. 7-ter, convertito nella L. 27 febbraio 1984, n. 17.
Ad una siffatta convinzione il giudice d’appello è pervenuto all’esito dell’esame del verbale di ispezione straordinaria della società contribuente effettuata dalla Direzione generale della cooperazione del Ministero del lavoro, del processo verbale di constatazione della Guardia di finanza, ad esso conseguente, e "dai rilievi dell’ufficio finanziario" formulati con "le rettifiche fiscali di cui all’avviso di accertamento contestato", che dal detto p.v.c. "traggono origine".
Con riguardo al verbale di ispezione straordinaria del Ministero del lavoro, "volta ad accertare la sussistenza dei requisiti mutualistici richiesti agli effetti fiscali", la Commissione regionale, rilevato come "i verificatori hanno espresso il giudizio finale che dall’esame della documentazione esibita nella presente ispezione è emersa una regolare gestione del sodalizio nel rispetto dei principi mutualistici", ha ulteriormente osservato che "tale giudizio, a parere del collegio contribuisce a superare talune perplessità manifestate dagli stessi ispettori nelle premesse del verbale in questione, che, invece, hanno costituito per l’ufficio finanziario le ragioni della decadenza delle agevolazioni di cui al D.P.R. n. 601 del 1973, art. 10 e quindi della ripresa fiscale che ne è derivata".
Nei confronti dell’accertamento di fatto, analitico ed immune da vizi logici, compiuto dal giudice d’appello, l’amministrazione ricorrente non ha formulato censure idonee.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in complessivi Euro 8.000, ivi compresi Euro 100 per esborsi.
Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2012.
Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2012

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