Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 10-10-2013) 03-02-2014, n. 5096

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 12/6/2012 la Corte di appello di Catania ha confermato la sentenza del 15/6/2010 del Tribunale di Catania, sez. dist. di Paternò, che ha condannato il sig. D.C., previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di sei mesi di reclusione e 300,00 Euro di multa perchè colpevole del reato previsto dall’art. 349 c.p..
2. Avverso tale decisione il sig. D.C. propone ricorso, in sintesi lamentando:
a. Errata applicazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. b) e vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e) per avere la Corte di appello omesso di dare risposta alla questione, già proposta al giudice di primo grado, circa l’irritualità della notificazione dell’avviso ex art. 415 bis c.p.p. al Difensore di fiducia, vizio comportante nullità insanabile ex art. 178 c.p.p., lett. c);
b. Carenza di motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. e) in ordine alla lamentata insussistenza di prove del reato contestato.
Motivi della decisione
1. Osserva preliminarmente la Corte che il vizio conseguente alla omessa notificazione dell’avviso ex art. 415 bis c.p.p. alla parte o al difensore comporta una nullità a regime intermedio (per tutte:
Sez. 6, n.1043/2013 del 20/12/2012, xxx) e può formare oggetto di ricorso in questa sede soltanto se è stata ritualmente e tempestivamente eccepita in sede di merito. Ora, la sentenza della Corte di appello affronta nel merito la questione e non ne segnala la mancata rilevazione in primo grado, così che il motivo di ricorso può ritenersi correttamente proposto, per quanto risulti non fondato.
2. E, infatti, come emerge dagli atti e come lo stesso Avv. xxx ha osservato in sede di conclusioni, è pacifico che l’individuazione del difensore cui indirizzare l’avviso ex art. 415 c.p.p. era corretta nel momento in cui l’avviso stesso fu sottoscritto e quindi trasmesso per la comunicazione ai destinatari; è altrettanto pacifico che la data di notificazione dell’atto e la data di nomina del difensore di fiducia coincidono. Ciò impone di escludere che sussistano i presupposti che fondano l’obbligo per l’ufficio giudiziario di procedere a nuova notificazione al difensore nelle more nominato. L’esame della giurisprudenza in materia impone di considerare che l’obbligo per l’ufficio di notificare l’atto anche, o solo, al difensore di fiducia nominato nelle more nasce quando la nomina di quest’ultima abbia luogo successivamente alla firma dell’avviso di chiusura delle indagini da parte del pubblico ministero, con indicazione del solo difensore d’ufficio, ma prima del momento in cui l’atto viene materialmente inviato per la notificazione. In tal senso deve essere letta la motivazione della sentenza di Sez. 5, n.43763 del 21/11/2008, rv 241807, ove si legge:
"… già dalla lettera dell’art. 415 bis c.p.p., comma 1 ("… il p.m. fa notificare…") si intende che non è possibile scindere la deliberazione personale del magistrato del p.m. di chiudere le indagini, per sè provvisoria e revocabile, dall’esecuzione da parte del suo ufficio della comunicazione ai soggetti legittimati a riceverla. E se l’indagato nomina un difensore di fiducia prima che l’avviso gli sia notificato, lo stesso avviso deve essere notificato anche a tale difensore, ancorchè nel disporne la notifica dell’avviso il p.m. abbia indicato quale altro destinatario, oltre all’indagato, un difensore di ufficio".
3. Ancora più esplicita appare la motivazione della sentenza di Sez. 3, n.20931 del 11/372009, P.M. in proc. xxx, ove si legge: "deve rilevarsi che principio generale del sistema processuale è che gli avvisi e le comunicazioni debbono essere fatte dall’autorità giudiziaria al difensore che già risulti assegnato d’ufficio alla parte o da questa nominato, dovendosi in caso contrario procedere per la prima volta alla nomina di un difensore d’ufficio; una volta rispettate queste garanzie, non sussiste per l’autorità giudiziaria alcun obbligo di rinnovazione dell’atto e della sua comunicazione e notificazione. Sul punto si richiama l’esplicita disposizione contenuta nell’art. 548 c.p.p., comma 2. Nel caso in esame, il provvedimento emesso dal Pubblico ministero in applicazione dell’art. 415 bis c.p.p. è stato redatto e depositato in segreteria anteriormente al deposito della nomina del difensore di fiducia, così che correttamente indicava come destinatario il difensore d’ufficio, unico difensore al momento incaricato di assistere l’indagato.
"Se, dunque, l’atto del Pubblico ministero era corretto e corretto il conseguente ordine di notificazione all’indagato e al difensore d’ufficio, non sussiste alcuna invalidità sopravvenuta che possa correlarsi alla nomina di un diverso difensore di fiducia avvenuta successivamente, ancorchè in epoca anteriore al perfezionarsi della procedura di notificazione.
"Principio simile è stato affermato da questa Corte con riferimento ad una diversa comunicazione (emissione del decreto di fissazione dell’udienza seguito da deposito di nomina del difensore) per la quale appaiono operare i medesimi aspetti problematici (Prima Sezione Penale, sentenza n. 14699 del 1-8 Aprile 2008, Conte). In conclusione, considerata la decisione appena citata e richiamata in via analogica la disposizione contenuta nell’art. 548 c.p.p., comma 2, la Corte ritiene che erroneamente l’ordinanza impugnata abbia ritenuto sussistere un vizio radicale degli atti procedimentali e disposto la restituzione al Pubblico ministero". Il motivo di ricorso dev’essere, dunque, rigettato.
4. Va, poi, considerato generico il secondo motivo di ricorso, che deduce in termini aspecifici la inadeguatezza della motivazione di appello, senza indicare quali profili di censura sarebbero stati ignorati dai giudicanti. Posto che la motivazione della sentenza impugnata non risulta del tutto carente nè priva di logicità, se rapportata alla motivazione offerta dai primi giudici e alla semplicità della fattispecie storica, il motivo di ricorso va dichiarato inammissibile.
5. Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2013.
Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2014

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