Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 10-10-2013) 31-01-2014, n. 4960

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1- L.Y. ricorre per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, del 24 aprile 2012, che lo ha ritenuto colpevole del reato di guida senza patente, mai conseguita, e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, lo ha condannato alla pena di 2.000,00 Euro di ammenda.

L’imputato è stato controllato da agenti della Polizia di Stato alla guida di un’auto privo di documenti di riconoscimento;

nell’occasione, lo stesso ha esibito una patente di guida albanese risultata falsa.

2 – Deduce il ricorrente:

a) violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, essendosi la decisione di condanna basata su una prova irritualmente acquisita. Il riferimento è ai risultati delle indagini eseguite per verificare l’autenticità della patente di guida albanese esibita dall’imputato, che, secondo il ricorrente, non avrebbero potuto essere acquisiti al fascicolo del dibattimento, non essendosi provveduto in detta sede ad escutere la persona che le aveva eseguite;

b) vizio di motivazione in punto di determinazione della pena e di mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della stessa.

Motivi della decisione

I motivi di ricorso proposti sono manifestamente infondati.

1- L’odierno ricorrente è stato sorpreso, senza documento di riconoscimento, a guidare un’autovettura benchè privo di patente italiana e di qualsiasi altro documento, anche estero, abilitativo, essendo emersa la falsità di quello esibito, secondo quanto accertato, fin dalle prime fasi delle indagini, dal servizio di polizia scientifica.

A proposito di tale accertamento, i cui risultati il L. non ha mai concretamente contestato, osserva la Corte che non risulta che lo stesso si sia opposto alla loro acquisizione agli atti, nè che abbia chiesto dichiararsene l’inutilizzabilità nei termini esposti nel ricorso.

Risulta, invero, dall’esame degli atti di causa, ai quale la Corte ha ritenuto di accedere per accertare le contestate modalità di acquisizione dell’atto in questione, che l’imputato ha chiesto, peraltro in termini del tutto generici ed ipotetici, che venisse dichiarata l’inutilizzabilità di detto accertamento nel caso in cui fossero emerse violazioni delle garanzie di difesa dell’imputato, con preciso riferimento all’ipotesi in cui l’accertamento stesso fosse stato eseguito senza il previo avviso al difensore (violazioni, peraltro, insussistenti, essendo stato il L. ritualmente avvisato, all’atto del sequestro del documento, della facoltà di farsi assistere da un difensore; assistenza alla quale ha rinunciato, con conseguente nomina di un difensore d’ufficio).

L’inutilizzabilità dell’acquisizione, quindi, è stata rilevata, non solo in via di mera ipotesi, ma anche per ragioni del tutto diverse da quella prospettata davanti a questa Corte. In realtà, nella sede dibattimentale nulla l’imputato ha opposto rispetto alle modalità – che oggi contesta – di acquisizione del documento contenente i risultati delle verifiche tecniche eseguite dalla Polizia, di guisa che qualsiasi eventuale irritualità che, sotto tale aspetto, si possa essere verificata, deve ritenersi ormai sanata perchè tardivamente proposta.

2- Analoga manifesta infondatezza presentano le altre doglianze, ove si consideri, quanto all’entità della pena inflitta, che il riconoscimento delle attenuanti generiche non necessariamente implica l’irrogazione di una pena base nei minimi edittali, diversi essendo, nei due casi, i parametri di riferimento; comunque, deve rilevarsi che la pena base è stata individuata in misura appena superiore ai minimi edittali e che la stessa è stata ancor più contenuta grazie alle attenuanti generiche.

Non risulta, infine, che l’imputato abbia chiesto il beneficio della sospensione condizionale della pena, di guisa che egli non può, in questa sede, lamentarsi della mancata concessione di un beneficio mai richiesto, non potendosi in proposito rilevare alcuna violazione di legge nè vizio di motivazione.

3 – Alla manifesta infondatezza dei motivi proposti, consegue declaratoria di inammissibilità del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo determinare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2013.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2014

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