Cons. Stato Sez. VI, Sent., 31-01-2011, n. 697

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con ricorso al Tribunale amministrativo della Lombardia, sede di Brescia, il prof. N.B. impugnava il provvedimento in data 24 novembre 2000 con il quale il Rettore magnifico dell’Università di Brescia gli aveva negato la possibilità di continuare ad esercitare attività professionale extramuraria dopo la chiamata a ricoprire il posto di ruolo di sua spettanza a seguito della vittoria del concorso a professore associato per il settore scientifico disciplinare "malattie odontostomatologiche" indetto con D.M. 22 dicembre 1995 e 29 febbraio 1996.

Lamentava violazione dell’art. 5, commi 7, 8, 10 e 12 del D. Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, ovvero incostituzionalità delle medesime disposizioni per contrasto con gli artt. 3, 41 e 77 della costituzione.

Con ulteriore ricorso impugnava il decreto in data 23 gennaio 2003 con il quale il Rettore magnifico dell’Università di Brescia dopo avere differito per tre volte l’entrata in servizio, e dopo averlo diffidato a prendere servizio, preso atto della mancata presa in servizio lo ha dichiarato decaduto.

Lamentava violazione e falsa applicazione dell’art. 9, terzo comma del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, e contraddittorietà, chiedendo quindi l’annullamento del provvedimento impugnato.

Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo della Lombardia, sede di Brescia, riuniva e respingeva i ricorsi.

Avverso la predetta sentenza insorge il prof. N.B. contestando le argomentazioni che ne costituiscono il presupposto e chiedendo la sua riforma e l’accoglimento dei ricorsi di primo grado.

Si è costituita in giudizio l’Avvocatura generale dello Stato per il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e per l’Università di Brescia, chiedendo il rigetto dell’appello.

La causa è stata assunta in decisione alla pubblica udienza del 10 dicembre 2010.

Motivi della decisione

1. L’appello è infondato.

L’appellante ha vinto un concorso per diventare professore associato presso l’Università di Brescia.

La relativa chiamata gli è stata notificata in data 27 ottobre 2000.

Egli ha accettato la nomina, dichiarando di optare per il regime a tempo definito, con lo svolgimento di attività libero – professionale extramuraria, ritenendo applicabile alla sua situazione l’art. 5, commi settimo ed ottavo, del D. Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517.

L’Università gli negava tale possibilità; avviava peraltro un contraddittorio con l’appellante, alcuni atti del quale hanno comportato l’insorgere di contenzioso, al fine di discutere l’esatta portata della normativa da applicare, nel frattempo consentendo il differimento dell’entrata in servizio.

L’Università in data 27 novembre 2002 con il provvedimento impugnato in primo grado ha chiuso l’interlocuzione diffidando l’odierno appellante a prendere servizio, con regime a tempo pieno.

Non avendo l’appellante preso servizio lo ha dichiarato decaduto, con il secondo provvedimento impugnato.

2. La controversia concerne in primo luogo lo scioglimento dell’apparente antitesi fra l’ottavo ed il dodicesimo comma dell’art. 5 del D. Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517.

Ai sensi dell’ottavo comma appena citato "entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto i professori e i ricercatori universitari, in servizio alla predetta data ovvero che saranno nominati in ruolo a seguito di procedure di reclutamento indette prima della predetta data, esercitano o rinnovano l’opzione ai sensi e per gli effetti di cui al comma settimo. In assenza di comunicazione entro il termine, si intende che abbia optato per l’attività assistenziale esclusiva".

Il dodicesimo comma dispone che "i professori e i ricercatori universitari nominati in ruolo successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto possono svolgere unicamente l’attività assistenziale esclusiva; gli interessati possono optare per l’attività libero professionale extramuraria nei casi ed alle condizioni di cui ai commi decimo ed undicesimo".

E’ pacifico che l’appellante non si torva nella situazione di cui ai richiamati commi decimo ed undicesimo.

Egli peraltro ritiene che il regime transitorio dettato dal quinto comma sia applicabile anche alla sua situazione, in quanto il concorso che ha portato alla sua assunzione era stato bandito assai prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo di cui ora si discute.

L’Università sostiene che la norma transitoria non può essere ulteriormente applicabile decorsi quarantacinque giorni dall’entrata in vigore dello stesso decreto.

Il Collegio condivide l’interpretazione seguita dall’Amministrazione, già fatta propria dalla Sezione (C. di S., VI, 11 ottobre 2007, n. 5333).

E’ vero che l’ottavo comma disciplina le modalità per la scelta fra tempo pieno e tempo definito per i ricercatori e professori già in servizio e quelli che verranno assunti a seguito di concorsi banditi prima della sua entrata in vigore.

Peraltro, viene fissato un termine, di quarantacinque giorni, decorso il quale la norma non è più applicabile.

Osserva il Collegio come a voler seguire il ragionamento dell’appellante la norma risulterebbe priva di senso.

L’enunciato della disposizione è chiaro nello stabilire che la disciplina dell’ottavo comma si applica per quarantacinque giorni, decorsi i quali si applica la normativa "a regime".

Senza il termine appena evidenziato, sarebbe impossibile porre un termine finale alla fase transitoria.

Giova osservare che, come già sottolineato da C. di S., VI, 11 ottobre 2007, n. 5333, appena citata, il legislatore con la normativa in commento ha manifestato un evidente preferenza per l’utilizzo esclusivo dei docenti universitari, ed ha conseguentemente circoscritto i casi in cui è possibile mantenere l’incarico a tempo definito.

In questo quadro, risulterebbe incoerente una norma transitoria di applicazione indefinita nel tempo, che provocherebbe evidenti problemi nella gestione della nuova disciplina.

La vicenda dell’appellante conferma l’impostazione appena riassunta, proprio perché il concorso al quale egli ha partecipato ha avuto una durata eccezionalmente lunga.

Egli quindi beneficerebbe della norma transitoria a distanza di anni dall’entrata in vigore della nuova disciplina.

La prefissione, da parte del legislatore, di un termine preciso manifesta con chiarezza la volontà di evitare lunghi periodi di incertezza nell’applicazione della nuova normativa.

Tale scopo, deve essere ribadito, non potrebbe essere perseguito lasciando nell’incertezza la data nella quale terminerà il periodo transitorio.

L’argomentazione deve quindi essere respinta.

3. L’appellante sostiene la contrarietà alla costituzione dell’art. 5, ottavo e dodicesimo comma, del D. Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, per violazione degli artt. 3, 41 e 97 della costituzione, nella parte in cui fanno decorrere il termine per l’opzione dall’entrata in vigore della nuova disciplina e non subordinano l’opzione alla creazione di strutture per l’attività intramuraria.

La questione proposta è manifestamente infondata nella parte in cui denuncia l’irragionevolezza della norma.

Invero, rientra nella discrezionalità del legislatore stabilire modi e tempi dell’entrata in vigore della nuova disciplina introdotta (Corte costituzionale, 30 luglio 2008, n. 309, e 6 luglio 2004, n. 219).

Nell’ambito di tale valutazione, gli è certamente consentito sacrificare le aspettative di quanti hanno fatto affidamento sulla disciplina previgente, ed il contemperamento fra i diversi interessi operato dalla norma di cui si discute non appare manifestamente illogico.

Quanto alla necessità di subordinare l’opzione alla concreta disponibilità di strutture per l’esercizio dell’attività intramuraria, deve essere osservato che l’appellante non ha manifestato alcun interesse a tale tipo di attività – che peraltro non risulta nemmeno essergli stata in concreto preclusa – avendo sempre richiesto l’autorizzazione ad esercitare attività extramuraria.

La questione non è quindi rilevante nel presente giudizio, sotto il profilo dedotto.

4. L’appellante lamenta anche violazione dell’art. 76 della costituzione, avendo il legislatore delegato esorbitato dai limiti fissati dalla legge di delega, che non comprenderebbe la modificazione dello stato giuridico del personale universitario.

La questione è manifestamente infondata in quanto, come giustamente sottolineato dall’Avvocatura, il D. Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, attua una complessiva riforma dei rapporti fra il Servizio sanitario nazionale e le università, del quale costituisce elemento necessario il trattamento dei docenti impegnati in attività assistenziali.

5. L’ulteriore questione, con la quale l’appellante sostiene il contrasto dell’art. 5, commi settimo, ottavo e dodicesimo, del D. Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, con gli artt. 33 e 76 della costituzione nella parte in cui subordinano l’attività intramuraria dei docenti universitari alla gestione degli organi del Servizio sanitario nazionale anziché a quella delle stesse università deve essere dichiarata irrilevante in quanto, come già sottolineato, l’appellante non ha manifestato alcun interesse allo svolgimento di attività intramuraria.

6. Sulla base delle considerazioni che precedono afferma il Collegio che giustamente l’Università con il primo provvedimento impugnato ha imposto all’appellante di prendere servizio in regime a tempo definito.

Come già sottolineato, l’appellante non ha dato esecuzione al provvedimento ed è stato dichiarato decaduto, con il secondo provvedimento impugnato.

7. L’appellante sostiene che nella specie ricorre un giustificato motivo per ritardare l’assunzione del servizio, costituito dall’incertezza circa l’interpretazione dell’art. 5 del D. Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, e lamenta la contraddittorietà del comportamento dell’Amministrazione, che dopo avergli accordato alcune proroghe del termine per l’assunzione in servizio gli ha poi immotivatamente negato l’ultima proroga richiesta.

Osserva il Collegio che l’Amministrazione ha tenuto ampiamente in conto gli interessi dell’appellante, consentendogli di procrastinare l’assunzione in servizio per oltre un anno.

Peraltro, una volta maturato il convincimento circa la portata della normativa da applicare – e le considerazioni esposte ai punti che precedono dimostrano come l’interpretazione elaborata fosse esatta – l’adozione dei provvedimenti conseguenti costituiva un obbligo per l’Università, alla quale non era più consentito (ammesso che lo fosse mai stato) concedere ulteriori proroghe.

8. L’appello deve in conclusione essere respinto.

Le spese del presente grado del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,

lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento, in favore delle Amministrazioni costituite, in solido, di spese ed onorari del presente grado del giudizio, che liquida in complessivi Euro 2.000,00 (duemila/00) oltre agli accessori di legge, se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:

Giancarlo Coraggio, Presidente

Rosanna De Nictolis, Consigliere

Maurizio Meschino, Consigliere

Manfredo Atzeni, Consigliere, Estensore

Gabriella De Michele, Consigliere

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