Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 10-10-2013) 29-01-2014, n. 4075

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1- D.V.N. propone, per il tramite del difensore, ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Venezia, del 19 giugno 2013, che ha in parte dichiarato inammissibile, in parte respinto l’appello dallo stesso proposto, ex art. 310 c.p.p., avverso il provvedimento del Gip dello stesso tribunale, del 14 maggio 2013, che ha rigettato la richiesta di revoca o di sostituzione del provvedimento di custodia cautelare in carcere dal quale era stato in precedenza raggiunto.

Il D.V. è indagato ex artt. 110 e 624 c.p., art. 625 c.p., comma 1, nn. 2 – 4 – 5 e 7 e comma 2, art. 61 c.p., nn. 1 – 11, D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, art. 40, comma 1, lett. B e comma 4, per avere, in concorso con altri, nella qualità di autotrasportatore alle dipendenze della "Petroven s.r.l.", a più riprese sottratto (sono stati contestati 18 episodi di furto posti in essere con le medesime modalità esecutive), dal deposito della predetta società, complessivamente circa 570.000 litri di gasolio.

Il tribunale ha dichiarato inammissibile l’appello concernente il rigetto, da pare del Gip, della richiesta di sostituzione della misura carceraria – nelle more sostituita con quella degli arresti domiciliari a seguito di ordinanza dello stesso tribunale del 24.5.13 – ed ha respinto la richiesta di revoca della misura in esecuzione o di sostituzione della stessa con altra non detentiva.

Nel motivare le ragioni del rigetto, il tribunale ha, da un lato, rilevato che nessun fatto nuovo era intervenuto successivamente all’ordinanza del 24.5.13 (che aveva ammesso l’indagato al regime degli arresti domiciliari e che aveva rilevato come il sequestro dell’autocarro utilizzato per eseguire i furti – che era stato uno degli argomenti dedotti dal D.V. a sostegno delle proprie richieste – non escludeva il pericolo di reiterazione, posto che per commettere altri furti avrebbe potuto utilizzarsi altro veicolo), dall’altro, che la molteplicità e la gravità dei reati commessi indicavano l’indagato quale persona socialmente pericolosa, contenibile solo attraverso l’imposizione di una misura di tipo detentivo.

2- Avverso detta ordinanza ricorre, dunque, il D.V. che, con unico motivo, deduce la violazione dell’art. 274 c.p.p. ed il vizio di motivazione del provvedimento impugnato in punto di esigenze cautelari, erroneamente, a giudizio dello stesso, ritenute sussistenti, benchè l’autocarro utilizzato per i furti fosse stato sequestrato, con conseguente cessazione dei furti stessi, e benchè all’atto dell’emissione del provvedimento custodiale fosse già trascorso più di un anno dall’ultimo episodio di furto.

Mentre l’ampia confessione dei fatti fornita dall’indagato non giustificherebbe il giudizio di pericolosità sociale espresso dal tribunale nei confronti dello stesso.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato, ai limiti dell’inammissibilità.

In realtà, il giudice del merito ha legittimamente ritenuto che il pericolo di reiterazione, che autorizzava il mantenimento della misura custodiale attualmente in atto, doveva ritenersi sussistente in considerazione della gravità e ripetitività delle condotte delittuose contestate, protrattesi per un considerevole arco di tempo.

Giustamente irrilevante, ai fini della misura, è stato peraltro ritenuto il sequestro dell’autocarro utilizzato per portare a termine i furti, sul rilievo che la circostanza, alla luce dello spregiudicato comportamento dell’indagato, non vale ad escludere che lo stesso, per altra via e con altri mezzi, si renda responsabile di ulteriori analoghe condotte criminose.

Quanto alla confessione, osserva la Corte che essa è stata già presa in considerazione e positivamente valutata dal tribunale che, con il provvedimento del 24.5.13, proprio in considerazione del positivo comportamento processuale dell’indagato, ha revocato la misura carceraria, sostituendola con quella degli arresti domiciliari.

Il ricorso deve essere, dunque, rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2013.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2014

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