T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 31-01-2011, n. 885

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
A seguito di talune irregolarità emerse relativamente all’attività di xxx – di cui l’odierno ricorrente era responsabile dell’attività di intermediazione – ISVAP avviava nei confronti di quest’ultimo un procedimento disciplinar ai sensi del Regolamento dell’Istituto n. 6 del 20 ottobre 2006.
Al termine del procedimento veniva irrogata nei confronti del sig. V. la sanzione disciplinare della censura, avverso la quale vengono, con il presente mezzo di tutela, dedotte le seguenti doglianze:
1) Eccesso di potere per travisamento di elementi di fatto e di diritto, falsità del presupposto, illogicità e contraddittorietà manifesta, difetto di istruttoria, carenza di motivazione.
Nell’osservare come il fondamento dell’irrogato provvedimento sanzionatorio risieda, per come esplicitato dall’Autorità emanante, nella carente diligenza imputata al ricorrente quanto all’attività consulenziale da erogare nei confronti di una sottoscrittrice di polizza finanziaria del ramo "vita", viene ulteriormente precisato che:
– le polizze sottoscritte da quest’ultima recavano una "operosissima penale di riscatto";
– le polizze stesse contenevano una esplicita clausola che limitava all’età massima di 74 anni la sottoscrivibilità dei contratti (laddove l’età della contraente sig.ra P., nel caso di specie, era 85 anni al momento della stipula).
A fronte di tali rilievi, assume il ricorrente che la sig.ra P. non ha mai esternato l’intendimento di effettuare un investimento "temporaneo".
I prodotti acquistati da quest’ultima, inoltre, furono alla medesima consigliati dal proprio consulente finanziario: escludendo, per l’effetto, il ricorrente, che alcun addebito possa essere mosso nei propri confronti.
2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della legge 792/1984, degli artt. 27 e 28 della Circolare ISVAP n. 551/D2005, nonché del principio di buon andamento dell’azione amministrativa. Eccesso di potere per illogicità manifesta.
Nell’escludere di essere venuto meno all’osservanza dei principi di legge e deontologici disciplinanti lo svolgimento della propria attività, soggiunge il ricorrente che il procedente Istituto non abbia addotto alcun elemento a conforto della ritenuta responsabilità di carattere disciplinare, confutando – a tali fini – l’asserita consistenza e rilevanza della condotta omissiva ascrittagli.
Né, all’epoca dei fatti, sarebbero state in vigore le disposizioni che hanno, solo successivamente, imposto all’intermediario la verifica dell’adeguatezza del prodotto assicurativo offerto al cliente.
3) Eccesso di potere sotto il profilo del difetto di istruttoria e del travisamento dei fatti. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della legge 28 novembre 1984 n. 792, nonché del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa.
Nell’assumere che la scelta di investimento in particolari tipologie di polizza sia stata autonomamente e responsabilmente assunta dalla cliente, esclude il ricorrente di aver svolto – e di aver, a monte, potuto svolgere – alcun ruolo nella vicenda.
Né, in contrario avviso, rileverebbero le disposizioni di cui all’art. 1 della legge 792/1984, atteso che gli obblighi di assistenza alla clientela da esse imposti al broker non sarebbero stati operanti nella fattispecie in ragione della predeterminazione dei contenuti contrattuali concernenti la stipula delle polizze in questione.
Nel lamentare, da ultimo, la sproporzione della sanzione inflitta rispetto ai fatti addebitati, conclude parte ricorrente insistendo per l’accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura.
L’Istituto intimato, costituitosi in giudizio, ha eccepito l’infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell’impugnativa.
La domanda di sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato, dalla parte ricorrente proposta in via incidentale, è stata da questo Tribunale respinta con ordinanza n. 5944, pronunziata nella Camera di Consiglio del 16 dicembre 2009.
Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 26 gennaio 2011.
Motivi della decisione
1. Giova procedere, ad integrazione di quanto esplicitato in narrativa, ad una breve ricostruzione delle vicende in fatto che, in quanto direttamente incidenti sul contestato esercizio del potere disciplinare da parte di ISVAP, hanno diretta rilevanza sul sottoposto thema decidendum.
In primo luogo, va osservato che xxx s.r.l. (della quale il ricorrente V. era – ed è – legale rappresentante) ha promosso nel 2005, in esecuzione di incarico affidato dalla sig.ra P.M., la conclusione di due polizze di assicurazione vita del tipo united link presso I.L.I. Lmt., contemplanti un premio, rispettivamente, di Euro 150,000,00 e di Euro 500.000,00.
A fronte del riscatto esercitato nei due anni successivi dalla cliente, quest’ultima otteneva un ricavo complessivo inferiore rispetto al prezzo di sottoscrizione per circa Euro 256.000,00.
Di seguito alla segnalazione relativa all’anzidetta vicenda pervenuta ad ISVAP, l’Istituto avviava i necessari approfondimenti istruttori, pervenendo quindi alla contestazione di addebito nei confronti dell’odierno ricorrente.
Esperito il prescritto iter procedimentale, l’Istituto di vigilanza disponeva l’irrogazione della sanzione disciplinare della censura.
Nel provvedimento recante irrogazione dell’anzidetta misura vengono richiamati – unitamente alle fonti normative primarie di riferimento (legge 28 novembre 1984 n. 792, in materia di istituzione e funzionamento dell’albo dei mediatori di assicurazione; decreto legislativo 7 settembre 2005 n. 209, recante codice delle assicurazioni private) – anche i Regolamenti dell’Istituto (n. 5 del 16 ottobre 2006 e n. 6 del 20 ottobre 2006) riguardanti la disciplina dell’attività di intermediazione assicurativa e la procedura di applicazione delle sanzioni disciplinari nei confronti degli intermediari.
Viene, altresì, richiamata la deliberazione assunta nell’adunanza del 26 maggio 2009 dalla Sezione I del Collegio di garanzia sui procedimenti disciplinari, nominato con provvedimento del 16 gennaio 2007.
Particolare rilevanza, alla luce del rinvio ob relationem operato dalla determinazione sanzionatoria, assume appunto il deliberato del suindicato Collegio.
In esso, riassunte le vicende che hanno dato luogo all’esercizio del potere disciplinare ed ai conseguenti snodi procedimentali (con partecipazione dell’incolpato e produzione di difese da parte di quest’ultimo, peraltro personalmente sentito) viene dato atto delle seguenti circostanze:
– il dott. V., "allorché afferma di essersi limitato a dare semplice esecuzione alla volontà della contraente nella individuazione degli asset finanziari, ai quali legare le sorti dell’investimento, è certamente venuto meno agli obblighi derivantigli dal rapporto di mediazione assicurativa instaurato con la P., rapporto che a tenore di quanto prescriveva l’allora vigente art. 1 della legge 28 novembre 1984 n. 792… oltre a mettere in relazione l’assicuranda con l’impresa di assicurazione, avrebbe dovuto imporgli di assisterla nella determinazione del contenuto dei relativi contratti, collaborando eventualmente alla loro gestione ed esecuzione";
– "la clausola di polizza che limitava nel massimo a 74 anni di età la sottoscrivibilità dei contratti" sarebbe stata accreditata come disposizione con funzione di "mera salvaguardia degli interessi della Compagnia, mentre è vero il contrario", in quanto "avendo solo riguardo all’onerosissima penale di riscatto contemplata in polizza, ammontante il primo anno all’8,40% del capitale investito e decrescente dell’1,05% annualmente fino ad azzerarsi soltanto al nono anno dalla stipulazione, appare in tutta evidenza come una tale forma di contratto fosse da sconsigliare ad una ottantaseienne, che intendesse investire temporaneamente in assicurazione i propri risparmi";
– quand’anche "l’obbligo previsto dall’art. 28 della Circolare ISVAP n. 551/D2005 di preventiva esecuzione della procedura di accertamento dell’adeguatezza dei contratti proposti in assicurazione" ha assunto vigenza successivamente alla stipula dei contratti in discorso, nondimeno l’art. 27 della Circolare stessa – operante anche relativamente alla collocazione temporale della vicenda di che trattasi – poneva a carico degli intermediari assicurativi gli obblighi di "comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza nei confronti dei contraenti e degli assicurati, acquisire le informazioni necessarie a valutare le esigenze assicurative e previdenziali dei medesimi ed operare in modo che questi ultimi siano sempre adeguatamente informati", nonché "agire in modo da non arrecare pregiudizio agli interessi dei contraenti".
Nel ritenere, conclusivamente, che il dott. V. "abbia svolto l’incarico di mediazione assicurativa affidatogli di P.M. non solo violando gravemente gli obblighi di diligenza e professionalità impostigli dalle disposizioni al tempo in vigore, bensì venendo anche meno a doveri, che, sebbene non scritti, appaiono deontologicamente imprescindibili", il Collegio ha proposto l’irrogazione della sanzione della censura: proposta che, come si è avuto modo di osservare, è stata integralmente accolta nella gravata determinazione del 23 giugno 2009.
2. Il provvedimento da ultimo indicato e le conclusioni rassegnate dal Collegio di garanzia sui procedimenti disciplinari che ne costituisce il presupposto si rivelano, invero, indenni dalle censure dedotte con il mezzo di tutela all’esame.
2.1 Va innanzi tutto rilevato che – come osservato dalla Sezione III civile della Corte di Cassazione (sentenza 7 febbraio 2005 n. 2416) – la figura del broker (per come tratteggiata dall’art. 1 della legge 792/1984) "è il risultato di un compromesso mal riuscito tra le qualificazioni giuridiche prevalenti: quella di prestatore di opera intellettuale di matrice prettamente dottrinale e quella di mediatore che, condivisa o meno dalla scarna giurisprudenza di questa Corte… ne rappresenta il presupposto di fondo".
Nell’osservare come la Suprema Corte abbia avuto occasione di occuparsi specificamente della tematica del brokeraggio dopo l’entrata in vigore della citata legge 792/1984 (sentenze 26 agosto 1998 n. 8467 e 6 maggio 2003 n. 6874), prosegue la pronunzia in rassegna rilevando che "l’attività di mediazione costituisce dato ineliminabile della figura del broker e rappresenta termine di riferimento obbligatorio di ogni ricostruzione sistematica": con la conclusione che, "allo stato della legislazione il broker di assicurazioni svolge attività mediatizia in forma di impresa commerciale, sia pure connotata da profili di intellettualità".
Da tale principio è lecito inferire che il complesso prestazionale richiesto al broker nel contatto professionale dal medesimo intrattenuto con la clientela, non si sostanzia nel mero ed esclusivo esercizio di un’attività mediatizia preordinata alla stipula di contratti di assicurazione; ma, piuttosto, si rivela – ulteriormente, ma imprescindibilmente – qualificato dallo svolgimento di un’attività consulenziale/assistenziale in favore del contraente circa la congruità dello strumento assicurativo rispetto alle esigenze da quest’ultimo evidenziate e, conseguentemente, in ordine alla idoneità della allocazione delle disponibilità finanziarie del medesimo cliente nel quadro dello stipulando programma assicurativo.
Va ulteriormente soggiunto che, come da questa Sezione puntualizzato (cfr. sentenze 8 febbraio 2010 n. 1663 e 9 dicembre 2009 n. 12592) "quella del broker è una figura complessa, che si caratterizza non solo per la "messa in relazione" degli assicurandi con le imprese di assicurazione e riassicurazione, ma anche per l’attività di assistenza "nella determinazione del contenuto dei relativi contratti" e di collaborazione alla loro gestione ed esecuzione (art. 1, l. n. 792 del 1974)"; atteggiandosi lo stesso come "un professionista altamente qualificato, al quale appare opportuno applicare, anche sul piano amministrativo, lo stesso parametro di diligenza richiesto dall’art. 1176, comma 2, del Codice civile, per la generalità dei prestatori d’opera professionale".
2.2 Se i contenuti dell’attività di brokeraggio si atteggiano sulle coordinate interpretative sopra poste in evidenza, appare del tutto incontroverso come, nella vicenda all’esame, gli strumenti negoziali sottoposti alla sottoscrizione della cliente sig.ra P. evidenziassero manifesto carattere di incongruità in ragione dell’elevata età della medesima (85 anni) e della presenza di un’espressa clausola di polizza che limitava la sottoscrivibilità ad un’età non superiore agli anni 74: di talché, con ogni evidenza, appaiono sfornite di qualsivoglia condivisibilità le argomentazioni di parte ricorrente volte a confutare il deficit di diligenza del broker, il quale avrebbe dovuto – invece – adeguatamente rappresentare alla cliente il complesso di circostanze caratterizzanti il rapporto negoziale inerente al prodotto assicurativo offerto.
Complesso di circostanze che, va soggiunto, implicava anche la presenza di onerose penali di riscatto: le quali (decrescenti fino al nono anno di durata del programma assicurativo), ove coniugate con l’età della contraente, rendevano particolarmente critica (ed economicamente assai svantaggiosa) una anticipata fuoriuscita dal contratto.
Come correttamente osservato nella memoria difensiva dall’Istituto depositata in giudizio il 9 dicembre 2009, il prodotto offerto in sottoscrizione alla sig.ra P. intrinsecamente non corrispondeva – in ragione dell’elevata età della cliente – a finalità previdenziali: circostanza, questa, avvalorata anche dalla iniziale carenza di indicazioni circa eventuali beneficiari diversi dalla contraente.
Se tali rilievi unicamente depongono per il carattere di temporaneità dell’investimento (quantunque non manifestato espressamente dalla cliente), a fortiori emergono le gravi lacune che hanno caratterizzato l’attività consulenziale nei confronti di quest’ultima prestata: non potendosi non ribadire la presenza di inescusabili mende, sotto il profilo dell’osservanza delle coordinate diligenziali di svolgimento dell’attività di brokeraggio (come sopra puntualizzate), che hanno accompagnato la fase informativa prodromica alla sottoscrizione degli strumenti assicurativi in discorso.
2.3 Le considerazioni sopra espresse si rivelano presidiate, sotto il profilo dispositivo, dalle previsioni dettate dall’art. 27 della Circolare ISVAP n. 551/D2005 (ratione temporis operante relativamente alla vicenda all’esame; e correttamente evocato nella proposta formulata dal Collegio di garanzia sui procedimenti disciplinari), recante, a carico degli intermediari assicurativi, una duplicità di comportamenti doverosi (specificativi dei contenuti dirigenziali ai medesimi imposti nel quadro dell’attività di brokeraggio) sostanziati dagli obblighi:
– di "comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza nei confronti dei contraenti e degli assicurati, acquisire le informazioni necessarie a valutare le esigenze assicurative e previdenziali dei medesimi ed operare in modo che questi ultimi siano sempre adeguatamente informati";
– e di "agire in modo da non arrecare pregiudizio agli interessi dei contraenti".
È da escludere che le previsioni sopra riportate rivelino, come dal ricorrente sostenuto, valenza meramente programmatica e, comunque, non precettiva: piuttosto dovendo ribadire che, in ragione dell’immanenza di un principio (più volte dal Collegio ribadito) che fondamentalmente caratterizza l’attività del broker in termini di necessaria diligenza comportamentale, le indicazioni anzidette ne hanno caratterizzato e specificato l’atteggiarsi, con attitudine immediatamente cogente.
2.4 Se è pur vero che – come dallo stesso ricorrente argomentato – il più stringente obbligo (di cui all’art. 28 della citata Circolare ISVAP n. 551/D2005) riguardante la preventiva esecuzione della procedura di accertamento dell’adeguatezza dei contratti proposti in assicurazione è entrato in vigore successivamente alla stipula dei contratti in discorso (per l’effetto dimostrandosi inoperante relativamente alla presente vicenda), nondimeno il richiamo (operato nel deliberato del Collegio di garanzia con riferimento non solo agli obblighi di diligenza e professionalità imposti dalle disposizioni in vigore, ma anche) "a doveri, che, sebbene non scritti, appaiono deontologicamente imprescindibili" si rivela pertinente.
Come da questa Sezione affermato con la già citata sentenza 1663/2010, infatti, costituisce "jus receptum che, nel procedimento disciplinare, può essere discrezionalmente tipicizzata una condotta deontologicamente illecita attraverso l’integrazione di ipotesi comportamentali non espressamente contemplate dalla normativa di settore, purché le stesse traggano la loro rilevanza dalla più vasta finalità che la norma stessa tende a raggiungere" (cfr. Cass. pen., sez. V, 23 novembre 1999 n. 14730).
2.5 Escluso, sulla base delle considerazioni in precedenza esposte, che le censure dal ricorrente dedotte in ordine alla configurabilità in termini di illecito disciplinare della condotta dal medesimo osservata meritino accoglimento, parimenti incondivisibili sono le doglianze rivolte avverso la lamentata "sproporzione" dell’irrogata sanzione rispetto ai fatti contestati.
Stabilisce infatti l’art. 9, comma 2, della legge 794/1982 (abrogata,ora, dall’art. 354 del D.lgs. 7 settembre 2005 n. 209, con la decorrenza indicata dall’art. 355 del medesimo decreto) che, "qualora le violazioni poste in essere da soggetti iscritti all’albo di cui all’art. 3 rivestano carattere di particolare gravità, si procede, secondo i casi, alla irrogazione anche di una delle seguenti sanzioni disciplinari:
a) richiamo;
b) censura;
c) radiazione dall’albo".
Se, ai sensi del successivo comma 3, "il richiamo consiste in una dichiarazione di biasimo serio; è motivato ed inflitto per lievi trasgressioni", il comma 4 prevede che "la censura è disposta per rilevanti manchevolezze".
Osservato come l’inflitta misura non rappresenti la più grave modalità di repressione di condotte illecite nel quadro sanzionatorio delineato dalla (previgente) legge 794/1982, va rammentato come costituisca espressione dell’ampia discrezionalità dell’Amministrazione, cui consegue la relativa insindacabilità in sede di legittimità (salvi i macroscopici casi di contraddittorietà ovvero di evidente sproporzione tra i fatti contestati e la sanzione inflitta: cfr. Cons. Stato, sez. IV, 5 settembre 2002 n. 4485 e sez. V, 27 ottobre 2000, n. 5751), la scelta della concreta determinazione della sanzione disciplinare da infliggere.
Corollario della delineata discrezionalità di cui è titolare l’Amministrazione nella materia de qua, è l’impossibilità del giudice amministrativo di valutare autonomamente i fatti contestati in sede disciplinare, non potendo egli sostituirsi alla pubblica amministrazione (C.G.A.R.S., 31 maggio 2002 n. 286), pena la violazione dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa di legittimità e la conseguente nullità della decisione per eccesso di potere giurisdizionale (Cons. Stato, sez. IV, 22 settembre 2003 n. 5401).
Nell’escludere che, quanto alla commisurazione della misura afflittiva nella fattispecie irrogata ricorrano le tipologie inficianti sopra indicate – al riguardo dovendosi, ancora una volta, richiamare il carattere di condivisibile "gravità" annesso da ISVAP alla condotta nella vicenda tenuta dall’odierno ricorrente – deve conseguentemente disattendersi anche la doglianza ora esaminata.
3. Ribadite le considerazioni precedentemente espresse – alla stregua delle quali, le censure esposte con il presente ricorso non hanno dimostrato condivisibile fondatezza – non può esimersi il Collegio dal disporre, conclusivamente, la reiezione del gravame.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) respinge il ricorso indicato in epigrafe.
Condanna il ricorrente sig. V.V. al pagamento delle spese di giudizio in favore dell’Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni Private e di Interesse Collettivo – ISVAP, per complessivi Euro 2.500,00 (euro duemila e cinquecento/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 gennaio 2011 con l’intervento dei magistrati:
Giorgio Giovannini, Presidente
Roberto Politi, Consigliere, Estensore
Elena Stanizzi, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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