Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 10-10-2013) 20-01-2014, n. 2372

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
1. L.R., classe (OMISSIS), è rimasto destinatario dell’ordinanza adottiva della misura cautelare della custodia in carcere emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Reggio Calabria il 4 dicembre 2012 e confermata dal Tribunale del riesame di Reggio Calabria con il provvedimento qui impugnato.
A carico del L. sono stati ritenuti sussistenti gravi indizi di reità in relazione alla partecipazione ad associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanza stupefacente del tipo cocaina ed hashish avente base in (OMISSIS);
sodalizio a base familiare ancorchè non costituito esclusivamente da soggetti legati da vincolo parentale. Il ruolo attribuito al L. dall’imputazione provvisoria risulta essere quello di mero partecipe (e non di organizzatore, prospettato dall’accusa) sia pure con un "ruolo importante". L’indagato è stato ritenuto anche raggiunto da gravi indizi in rapporto a due fatti di detenzione di cocaina a fine di spaccio, entrambi commessi in (OMISSIS) in data anteriore e successiva al (OMISSIS) e in tale giorno.
Il primo episodio concerne la detenzione a fine di spaccio di almeno due chilogrammi di cocaina, offerta in vendita a M.D. a mezzo di ignoti; droga proveniente da una più ampia partita che L.C. e L.G. avevano ricevuto da D.V. G.. Il secondo episodio concerne la illecita cessione a tale A. di un quantitativo imprecisato di cocaina.
Infine, il L. è stato ritenuto raggiunto da gravi indizi anche in ordine al reato di cui all’art. 455 cod. pen., per aver acquistato da ignoti e detenuto banconote contraffatte o alterate per un valore di trecento Euro.
Il Tribunale del riesame, ricostruiti i lineamenti della menzionata associazione, facente capo a L.G., padre di L. R. classe (OMISSIS), e partecipata anche da L.C., dal di lui figlio L.R. classe (OMISSIS), da M.D., da A.L. e da altri soggetti, ha ritenuto che la partecipazione di L.R. classe (OMISSIS) ad essa fosse desumibile in primo luogo da quanto emergente da una conversazione oggetto di intercettazione ambientale intervenuta tra i cugini L. la notte del (OMISSIS). In tale conversazione i due manifestarono non solo di aver commesso i singoli reati fine che pure sono stati loro provvisoriamente attribuiti, ma, in particolare L.R. classe (OMISSIS) dimostrava di poter discutere con il cugino sulla possibile destinazione dei due chili di cocaina materialmente detenuti da quest’ultimo, prefigurando la possibilità di sfruttare i propri canali di distribuzione nel mercato romano (il L. è da tempo residente a (OMISSIS)), verificando personalmente la qualità della merce trattata, paragonandola con quella custodita dall’altro cugino M.D. o da A.F., manifestando di poter intervenire personalmente per superare le difficoltà di gestione degli affari illeciti da parte del padre prendendo lo stupefacente ancora custodito per la vendita dal M., per consegnarlo all’ A. ai fini di un più rapido smercio (pg. 35).
Quanto alla sussistenza delle esigenze cautelari, il Collegio territoriale ha ricordato che la contestazione del delitto di cui all’art. 74 T.U. Stup. importa una presunzione normativa che non risulta superata nel caso concreto da specifici elementi dai quali evincere l’insussistenza delle esigenze cautelari e la possibilità di soddisfare queste con misure attenuate rispetto alla custodia in carcere. In particolare, il Tribunale ha preso in considerazione il decorso del tempo dai fatti ritenendo che esso non risulta di per sè sufficiente a vincere nessuna delle due presunzioni, in considerazione delle rilevanti capacità operative in ambito sia regionale che interregionale ed il forte radicamento territoriale dell’organizzazione delinquenziale di cui ha fatto parte il ricorrente, nonchè del numero dei soggetti coinvolti, della frequenza degli episodi e dei quantitativi di droga trattati, nettamente superiore al chilogrammo. Ad avviso del Collegio territoriale è possibile identificare una deliberata scelta di vita delinquenziale da parte del L., come tale non direttamente influenzabile dalla sola distanza nel tempo della commissione del fatto; tale scelta è stata desunta dalla gravità della condotta partecipativa e dai collegamenti del sodalizio con soggetti abitualmente dediti al traffico di sostanze stupefacenti. Ed infatti, ha aggiunto il Tribunale, è nozione di comune esperienza che le persone in età adulta eccezionalmente modificano le proprie attitudini rispetto alle scelte pregresse. Convergente verso questo giudizio è stato ritenuto anche il ruolo che il L. aveva rivestito curando per conto del padre, promotore dell’organizzazione, lo smercio di un ingente quantitativo di sostanza stupefacente. Di qui la scelta a favore della custodia in carcere.
3. Avverso tale decisione ricorre per cassazione il L. a mezzo del difensore di fiducia, avv. xxx.
3.1. Con un primo motivo deduce violazione degli artt. 267 e 271 cod. proc. pen. per essere mancante di motivazione il decreto di proroga delle intercettazioni ambientali emesso il 7 agosto 2007, sulla scorta del quale venne eseguita l’intercettazione ambientale del 18 agosto 2007. Se l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità è nel senso della ammissibilità della motivazione per relationem attraverso il richiamo ai primigeni atti autorizzativi, le modalità del richiamo di altro provvedimento devono in ogni caso dare dimostrazione che il giudice abbia preso cognizione del contenuto di tale atto. Indice significativo di conoscenza dell’atto richiamato può essere solo un riferimento a specifiche circostanze di fatto caratterizzanti il contenuto dell’atto, non essendo sufficiente un generico richiamo formale al nomen dello stesso e alla sua data di emissione. Posto questo principio, ritiene l’esponente che il decreto di proroga in questione non assolva l’obbligo di motivazione prescritto per legge perchè non manifesta che il giudice abbia preso cognizione del contenuto delle ragioni dell’atto richiamato ritenendole coerenti con la propria decisione. Sicchè il decreto di proroga deve ritenersi privo di motivazione e inutilizzabili le intercettazioni disposte sulla base dello stesso.
3.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge con riguardo alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine alla partecipazione del ricorrente al reato associativo ed omessa motivazione in relazione alle allegazioni difensive nonchè manifesta illogicità della motivazione.
Il ricorrente lamenta che il Tribunale abbia tratto indizi dai singoli episodi contestati senza però spiegare perchè la commissione degli stessi si traduca in un contributo stabile piuttosto che occasionale al sodalizio. In quest’ultimo senso, ad avviso dell’esponente, militano invece una serie di elementi: il fatto che il L. si trovasse del tutto occasionalmente a (OMISSIS), essendo egli residente da tempo a Roma ed essendo giunto in terra calabra solo per il periodo di ferie; il ridottissimo arco temporale entro il quale egli risulta attivo nel traffico di stupefacenti, la circostanza che nei 40 giorni successivi alla conversazione ambientale del 18 agosto 2007, ancorchè posto sotto monitoraggio da parte degli inquirenti, non sia emerso alcun ulteriore coinvolgimento del L. e così anche nel più ampio arco temporale durante il quale diversi tra i presunti compartecipi furono oggetto di indagine in procedimento collegato; si rileva, ancora, la nessuna significatività dei due episodi fine emergenti dalla conversazione più volte ricordata e la natura meramente verbale della disponibilità allo smercio dello stupefacente attraverso canali presenti a Roma, posto che all’affermazione non fu dato alcun seguito. Di talune delle circostanze appena ricordate il ricorrente lamenta l’omessa valutazione da parte del Tribunale;
d’altro canto, aggiunge l’esponente, se è vero che la partecipazione all’associazione può essere desunta anche da un solo reato fine, tuttavia deve trattarsi dell’ipotesi in cui il ruolo svolto e le modalità dell’azione evidenzino la sussistenza del vincolo; cosa che, si sottintende, non ricorre nella fattispecie in esame.
3.3. Anche il terzo motivo di ricorso attiene alla sola contestazione ex art. 74 T.U. Stup. Ed evidenzia vizio motivazionale in relazione alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari e adeguatezza della misura della custodia in carcere. Il Collegio territoriale avrebbe posto a base del proprio giudizio una discutibile massima di esperienza secondo la quale persone adulte solo eccezionalmente modificano le proprie scelte. Tale affermazione, che adombra il tipo normativo di autore, è in realtà in aperta contraddizione con una serie di circostanze oggettive di segno contrario; anche a tal riguardo il ricorrente ricorda il circoscritto ambito temporale degli indizi a carico del prevenuto, il trasferimento a Roma fin dal 2001, l’assenza di elementi di collegamento con gli altri indagati sia prima che dopo gli unici contatti dell’agosto 2007; la lontananza nel tempo degli episodi ed il forte radicamento territoriale del sodalizio. Tutti elementi che ad avviso del ricorrente evidenziano l’allontanamento del L. dall’originario contesto familiare e dai luoghi in cui vennero tenute le condotte illecite nonchè la rescissione di qualsiasi legame dell’indagato – ove mai esistito – con l’associazione comunque definitivamente smantellata e annientata con la chiusura dell’operazione degli inquirenti.
Motivi della decisione
4. Il ricorso è infondato.
4.1. Con riferimento al primo motivo, mette conto rammentare che per la giurisprudenza di legittimità, fermo restando che la proroga, come autorizzazione motivata del giudice, funzionale all’esigenza di comprimere per successivi periodi di quindici giorni oltre il termine ordinario la sfera di riservatezza delle comunicazioni private, deve dar conto dell’attuale persistenza delle condizioni di legittimità del provvedimento genetico e delle indispensabili esigenze captative (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001 – dep. 28/11/2001, Policastro e altri, Rv. 220094), afferma sul piano generale che l’onere di motivazione dei decreti di autorizzazione delle intercettazioni, siano essi di convalida, emessi in via di urgenza dal P.M. o di proroga, può essere assolto anche "per relationem" (Sez. 1, n. 9764 del 10/02/2010 – dep. 11/03/2010, xxx, Rv. 246518) e, in particolare, che il decreto di proroga della durata dell’autorizzazione all’intercettazione di conversazioni o comunicazioni non richiede alcuna motivazione allorchè risponda a tutti i requisiti del decreto autorizzativo originario, rinviando ad esso implicitamente per ogni necessaria indicazione (Sez. 1, n. 2612 del 20/12/2004 – dep. 27/01/2005, P.G. in proc. Tornasi ed altri, Rv.
230453).
Invero, laddove le circostanze sussistenti al tempo del primigenio decreto autorizzativo non siano venute a mutare, il decreto di proroga che si richiami alla motivazione di esso indica implicitamente la persistenza delle ragioni giustificative già espresse. In tal modo risulta soddisfatto l’onere motivazionale e non trova applicazione il principio secondo il quale la motivazione "per relationem" è legittima a condizione che il decidente risulti pienamente a conoscenza delle ragioni del provvedimento di riferimento e risulti che le ritenga coerenti alla propria decisione e le condivida (Sez. 4, n. 16886 del 20/01/2004 – dep. 09/04/2004, xxx ed altra, Rv. 227942), perchè trattasi di regola definita in rapporto alla giustificazione resa dal giudice dell’impugnazione.
Come a dire un ambito che non ha punti di contatto con l’intervento del giudice per le indagini preliminari in chiave di controllo della legalità della instaurazione delle operazioni captative.
D’altro canto, compete alla parte che ne contesti la legittimità indicare il novum che rendeva inadeguata la motivazione per relationem.
4.2. La violazione di legge denunciata con il secondo motivo è palesemente insussistente. La Corte di Appello non ha fondato il giudizio di gravità indiziaria per il reato associativo dal solo compendio concernente i singoli episodi illeciti; operazione peraltro consentita, come finisce per ricordare l’esponente medesimo, che quindi lascia il campo eventualmente soltanto a vizi motivazionali.
Allo stesso modo è palesemente infondata la censura di motivazione ‘graficamente assente o soltanto apparentè. Tal’è solo la motivazione sprovvista dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l’"iter" logico seguito dal giudice nel provvedimento impugnato (da ultimo, Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013 – dep. 11/02/2013, xxx, Rv. 254893); evenienza che risulta esclusa già dalle argomentazioni con le quali il ricorrente sostiene la denuncia del vizio motivazionale.
Ed in effetti, le censure mosse attingono in realtà la motivazione resa dal Tribunale; sicchè appare opportuno rammentare che, in tema di misure cautelari personali, allorchè sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013 – dep. 20/06/2013, P.M. in proc. xxx, Rv. 255460).
Tanto premesso, mette conto rilevare che il ricorrente propone una lettura alternativa del significato della conversazione valorizzata dal Tribunale (assumendo che essa era intervenuta tra persone che avevano assunto stupefacenti, che essa evocava aiuti individuali e contingenti ai familiari piuttosto che al sodalizio, che il riferimento a Roma appariva del tutto nuovo).
Si tratta di prospettazione irricevibile, perchè stante la natura del sindacato di legittimità, è evidente che questa Corte non può formulare un nuovo giudizio di merito; compito precipuo affidatole è quello di verificare se l’iter logico-argomentativo esibito dal giudice del merito (nella fattispecie quello della cautela) sia immuni da vizi logici e/o giuridici.
Quanto alla mancata considerazione delle circostanze indicate dalla difesa (allontanamento del L. dal territorio calabro sin dal 2001; occasionalità e brevità della sua presenza a (OMISSIS); estraneità alle successive indagini), emerge dalla lettura dell’ordinanza che il Tribunale ne ha fatto consapevole governo: a pg. 22, per quanto concerne la circostanza della residenza in (OMISSIS), e nell’insieme del provvedimento, in ogni passaggio in cui si rimarcano circostanze antagoniste a quelle indicate dalla difesa, come "le precedenti trattative e la programmazione di successivi affari (pg. 32, anche con riferimento ai contenuti della intercettazione ambientale qui più volta evocata); la velocità di intesa tra i conversanti nonostante il linguaggio criptico, indicativo di convenzioni sviluppatesi attraverso continue ed analoghe relazioni illecite; la contiguità temporale tra quelle intese e l’azione; la reciproca affidabilità dei colloquianti; la pratica dei "movimenti di gruppo", la base familiare del nucleo fondamentale del gruppo. Elementi tutti riferiti alla generalità dei partecipi ma proprio per questo considerati anche per l’odierno ricorrente.
Quanto alla manifesta illogicità, come già esposto in parte narrativa, il Tribunale ha dato risalto al significato probatorio del complessivo comportamento serbato dal L., che non solo è raggiunto da gravi indizi in relazione ai reati fine provvisoriamente attribuitigli, ma ha anche manifestato di essere destinatario di notizie concernenti vicende associative non secondarie (possibile destinazione di due chili di cocaina detenuti dal cugino; custodia di altro stupefacente da parte di M.D. o di A. F.), di poter dispiegare il proprio intervento nella gestione degli affari illeciti, di avere la volontà di porre a disposizione del sodalizio le proprie relazioni a (OMISSIS). Sulla base di siffatte circostanze, l’accertamento delle quali non può essere sindacato in questa sede, la motivazione resa dal Tribunale risulta immune dai vizi denunciati dal ricorrente.
4.3. Il terzo motivo, relative al giudizio espresso a riguardo delle esigenze cautelari, è parimenti infondato. In tema di misure cautelari personali, la prova dell’assenza di esigenze cautelari, capace di superare la presunzione di legge in tema di custodia carceraria in riferimento all’addebito di partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, deve consistere in elementi che attestino la rescissione di legami con l’organizzazione criminosa o la radicale dissoluzione dell’organizzazione stessa (Sez. 5, n. 24723 del 19/05/2010 – dep. 30/06/2010, Frezza, Rv. 248387). Il Tribunale ha dedotto dalla gravità della condotta partecipativa "una precisa scelta di vita delinquenziale del ricorrente, come tale non direttamente influenzabile dal solo decorso del tempo dalla commissione del fatto". In effetti, il decorso del tempo dalla commissione del reato associativo, per il quale v’è un contesto di gravità indiziaria, assume rilievo al fine di superare la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari solo se e quando risulti con certezza che la persona sottoposta alle indagini abbia irreversibilmente reciso i legami con l’organizzazione criminosa di appartenenza (in tema di associazione di tipo mafioso Sez. 2, n. 21106 del 27/04/2006 – dep. 16/06/2006, xxx ed altro, Rv. 234657).
Tale certezza non è data dalla mera allegazione della circostanza dell’esser stata l’associazione "definitivamente smantellata ed annientata con l’inchiesta "(OMISSIS)"". Nè rileva il fatto che il L. si sia stabilito in (OMISSIS), posto che tale circostanza è risale a tempo anteriore a quello della commissione del reato in parola.
In conclusione il ricorso va rigettato.
5. Segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10 ottobre 2013.
Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2014

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