T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 31-01-2011, n. 882

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con gravame proposto al T.A.R. del Lazio parte ricorrente (magistrato di Corte d’Appello) ed altri magistrati dell’Ordine giudiziario, chiedevano il riconoscimento del diritto ad ottenere l’applicazione della disciplina degli aumenti periodici di stipendio prevista per i magistrati della Corte dei Conti dall’art. 5, u.c., del D.P.R. 1080/1970.

Il ricorso veniva da questo Tribunale accolto con sentenza 15 luglio 1981, n. 563.

A seguito della decisione resa in appello dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, n. 27 del 1983, passata in giudicato a seguito della reiezione del ricorso per Cassazione (sentenza n. 3316 del 31.5.1984), i gravati provvedimenti del Ministero di Grazia e Giustizia (ora: della Giustizia) hanno, poi, disposto:

– la rideterminazione del trattamento economico spettante al ricorrente (peraltro già collocato a riposo a far data dal 12.5.1982), in applicazione del giudicato come sopra formatosi;

– il riassorbimento delle somme corrisposte, ai sensi della decisione n. 27 del 1983, ai sensi e con le modalità di cui all’art. 10, comma 2, della l. n. 425 del 194;

– successivamente, la trasmissione all’ENPAS (ora INPDAP) del progetto di riliquidazione dell’indennità di buonuscita spettante (sulla base del trattamento economico, come sopra rideterminato), con invito al medesimo Ente di provvedere al "recupero" della somma di L. 17.631.077, ai sensi dell’art. 10, comma 2, della legge 425/1984.

Insorge il ricorrente avverso tali determinazioni assumendone l’illegittimità alla stregua dei profili di censura di seguito sintetizzati:

1) Violazione dell’art. 10, comma 2, della legge 425/1984 e dei principi generali vigenti in materia. Eccesso di potere per illogicità, errata valutazione di presupposti, difetto di motivazione. Illegittimità derivata.

La norma in epigrafe sarebbe stata erroneamente interpretata dall’intimata Amministrazione della Giustizia, atteso che in essa si prevede il solo riassorbimento del beneficio retributivo concesso (ovvero la detrazione dall’indennità di buonuscita), e non anche il recupero delle somme corrisposte a titolo di differenze stipendiali per il pregresso.

Viene, conseguentemente, contestata la legittimità del disposto recupero delle somme corrisposte in adempimento al giudicato come sopra formatosi, deducendosi comunque, l’illegittimità costituzionale delle disposizioni in epigrafe, ove interpretate nel senso preteso dall’amministrazione;

2) Violazione dell’art. 1 della l. n. 324 del 1959, in relazione agli artt. 3 e 38 del d.P.R. n. 1032 del 1973, ed all’art. 22 della l. n. 160 del 1975.

Soggiunge, inoltre, che, ai fini della rideterminazione dell’indennità di "buonuscita" spettantegli deve essere computata anche l’indennità integrativa speciale, stante l’evoluzione normativa verificatasi in materia, che ha, ormai, attribuito all’indennità il carattere di stabile strumento di adeguamento al continuo fenomeno svalutativo.

Conclude parte ricorrente insistendo per l’accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura e riconoscimento del diritto alla conservazione degli importi riconosciuti a titolo di adeguamento retributivo, con riferimento sia alla sorte capitale, che agli accessori del credito.

Resistono le amministrazioni intimate.

Con ordinanza n. 1294 del 17.12.1986 è stata accolta l’istanza cautelare.

Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 12 gennaio 2011.

2. Il ricorso, relativamente alla domanda di annullamento, si rivela in parte fondato.

Rileva, in primo luogo, il contenuto della disposizione di cui all’art. 10, comma 2, della l. n. 425 del 194, che ha stabilito che gli importi a qualsiasi titolo erogati o da erogare ai magistrati in esecuzione di provvedimenti giudiziali passati in giudicato sarebbero dovuti rimanere "attribuiti a titolo personale"; ed avrebbero dovuto essere "riassorbiti con la normale progressione economica e nelle funzioni" ed inoltre, se necessario, operando le conseguenti "detrazioni a conguaglio a carico dell’indennità di buonuscita".

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 413 del 7 aprile 1988, ha riconosciuto la legittimità costituzionale della norma anzidetta, in quanto "mira ad eliminare, con il meccanismo della gradualità temporale proprio del riassorbimento nella progressione economica, esiti privilegiati di trattamento economico riproduttivi di disparità non tollerabili nel quadro di intenti costituzionalmente legittimi della volontà legislativa"; le "eventuali detrazioni a conguaglio, a carico dell’indennità di buonuscita, per il loro carattere di succedaneità necessaria alla impossibilità del verificarsi del normale riassorbimento per conclusione della durata del servizio" non valendo "a mutare la fattispecie perequativa in quella della ripetizione di indebito".

Le determinazioni avversate rivelano, dunque, una corretta applicazione della disposizione in rassegna, nella parte in cui, non essendo più possibile il riassorbimento, richiamano la detrazione a carico dell’indennità di buonuscita dei relativi importi alla stregua delle prescrizioni dettate dal comma 2 dell’art. 10.

Va, poi, ulteriormente osservato come anche l’Adunanza Plenaria del Consiglio (decisione n. 2 dell’11 maggio 1998), nel dare atto della portata applicativa della disposizione in discorso (alla cui operatività consegue la conservazione a titolo personale degli importi erogati o da erogare, salvo riassorbimento con i successivi miglioramenti), ha individuato, quale corretta modalità di esecuzione del giudicato ad opera dell’Amministrazione, la computabilità nella base pensionabile degli aumenti periodici con accessiva conservazione a titolo personale, salvo riassorbimento con i futuri miglioramenti economici.

Le svolte considerazioni inducono, con ogni evidenza, ad escludere la fondatezza del gravame, laddove – come si è avuto modo di ripetere – le dedotte doglianze vengono appuntate avverso la determinazione con la quale l’Amministrazione della Giustizia ha dapprima disposto il riassorbimento, e, poi, invitato l’Ente previdenziale ad operare la prevista detrazione a conguaglio a carico dell’indennità di buonuscita in sede di riliquidazione della medesima.

L’anticipata parziale accoglibilità del gravame, nella parte impugnatoria, rileva però esclusivamente con riferimento alla detrazione – parimenti disposta dagli avversati provvedimenti – anche delle somme liquidate ed erogate per rivalutazione monetaria e interessi corrispettivi.

Se è vero che queste ultime ineriscono esclusivamente al ritardo nella corresponsione della somma capitale, deve conseguentemente ritenersi che esse siano insuscettibili di riassorbimento, e, conseguentemente, anche della detrazione a conguaglio, concepita dal legislatore quale modalità perequativa succedanea al riassorbimento in questione: in tali limiti dovendosi, conseguentemente, dare atto dell’illegittimità dei provvedimenti gravati, che vanno -in parte qua – annullati.

2. Con riferimento, invece, alla domanda volta ad ottenere la riliquidazione dell’indennità di buonuscita con inclusione dell’indennità integrativa speciale nella base di calcolo, trova applicazione l’art. 4, comma 1, della legge n. 87 del 1994, secondo il quale "i giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge aventi ad oggetto la riliquidazione del trattamento di fine servizio comunque denominato con l’inclusione dell’indennità integrativa speciale sono dichiarati estinti d’ufficio con compensazione delle spese fra le parti" (cfr. Cons. St., sez. VI, 24 febbraio 1999, n. 210 e Corte Cost., sentenza 22 marzo 1995, n. 103).

3. Come sopra delimitata l’accoglibilità del gravame, la parziale soccombenza evidenzia la presenza di giusti motivi per compensare fra le parti le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sezione I – accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il ricorso indicato in epigrafe e, per l’effetto, in tali limiti annulla i provvedimenti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Giovannini, Presidente

Roberto Politi, Consigliere

Silvia Martino, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *