Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 06-09-2012, n. 14964

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Svolgimento del processo
Con ricorso depositato il 24 giugno 2005 M.C., premesso di essere stato inserito nel progetto xxx Ente xxx, inquadrato nel 4^ livello con mansioni di Unità tecnica, esponeva che in data 28.9.2000 aveva comunicato all’Ente la sua volontà di terminare la partecipazioni alle suddette attività, a causa di una concordata assunzione presso la ditta "xxx" s.a.s., con sede in (OMISSIS).
Evidenziava che, avendo ricevuto il 28.11.2000 dalla citata società la comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro a causa del mancato superamento del periodo di prova, aveva chiesto all’Ente Parco, con missiva in data 5.2.2001, di essere reintegrato nell’organico dei lavoratori socialmente utili, onde continuare l’espletamento dei compiti assegnatigli nell’ambito del progetto operativo in corso.
Asseriva che l’Ente Parco, dopo aver rilasciato formale autorizzazione alla sua reintegra nelle attività socialmente utili, aveva chiesto alla s.a.s. "xxx" di voler precisare i termini di risoluzione del rapporto di lavoro e che la predetta società aveva comunicato che detto rapporto si era risolto a seguito delle volontarie dimissioni di esso ricorrente, rassegnate il 30.11.2000.
Sosteneva, in proposito, che era impossibile che egli si fosse dimesso il 30.11.2000, laddove in data 28.11.2000 gli era stata comunicata la cessazione del rapporto di lavoro per mancato superamento del periodo di prova.
Precisava che la comunicazione inviata il 30.11.2000 alla prefata società era solo diretta a far conoscere alla stessa la sua indisponibilità a prestare lavoro straordinario nella giornata di sabato presso l’I.P.S.I.A. di (OMISSIS).
Tanto premesso, il M. adiva il Giudice del lavoro presso il Tribunale di Vallo della Lucania al fine di sentir dichiarare il suo diritto ad essere reintegrato nel progetto xxx del xxx e del Vallo di Diano e di sentir condannare detto Ente al risarcimento dei danni morali e biologici a far tempo dal 5.2.2001.
Instauratosi il contraddittorio, l’Ente convenuto non si costituiva in giudizio.
Ammessa ed espletata la prova per testi articolata dal ricorrente, l’adito Giudice rigettava la domanda.
Avverso tale decisione il M. proponeva appello, ribadendo che la comunicazione del 30.11.2000 non poteva essere considerata una lettera di dimissioni, in quanto in essa non era rinvenibile una motivazione coerente e logica e, soprattutto, una precisa volontà di abbandono del posto di lavoro. Di conseguenza, nel caso di specie – ad avviso dell’appellante – doveva trovare applicazione il principio contenuto nella circolare del Ministero del Lavoro n. 1853/06-14 del 9.8.2001, riguardante il reinserimento nel bacino dei lavoratori socialmente utili dei soggetti assunti con contratto a tempo indeterminato e licenziati per mancato superamento del periodo di prova.
L’appellante rimarcava, inoltre, che l’Avvocatura Distrettuale dello Stato, con nota in data 1.2.2004, aveva espresso parere favorevole in ordine alla sua reintegra nelle attività di cui al progetto operativo xxx del xxx e del Vallo di Diano.
Concludeva per l’accoglimento del gravame e, quindi, delle pretese avanzate con il ricorso introduttivo.
Nessuno si costituiva per xxx e del Vallo di Diano.
Con sentenza del 18 giugno-25 luglio 2008, l’adita Corte d’appello di Salerno rigettava il gravame, osservando che correttamente il primo Giudice aveva respinto la domanda formulata dal M., volta ad ottenere la reintegra nelle attività di cui al suddetto progetto, ponendo in rilievo che la partecipazione a tali attività era cessata per volontà dello stesso lavoratore e che, di conseguenza, era stata disposta la sua cancellazione dalle liste di mobilità.
Aggiungeva che dalla documentazione ritualmente versata in atti era dato evincere in maniera inequivoca che, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, il rapporto di lavoro instaurato con la s.a.s, xxx" si era risolto a causa delle dimissioni rassegnate dallo stesso M..
Per la cassazione di tale pronuncia ricorre M.C. con tre motivi.
Resiste il xxx e del Vallo di Diano con controricorso.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso il M. denuncia violazione della L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 9, comma 7, lett. b), violazione dell’art. 111 Cost., violazione dell’art. 6 CEDU (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).
Osserva che, a norma della n. 223 del 1991, art. 9, comma 7, lett. b), "il lavoratore assunto a tempo pieno e indeterminato, che non abbia superato il periodo di prova, viene reiscritto al massimo per due volte nella lista di mobilità". Aggiunge che il Ministero del Lavoro, con provvedimento di carattere generale (prot. n. 1853/06/2001), espressamente e puntualmente invocato nell’atto di appello, aveva precisato che i lavoratori socialmente utili mantengono il requisito della transitorietà senza incappare nella decadenza dai benefici ad esso connessi, col riconoscimento del loro diritto al reinserimento nelle attività che siano ancora in corso (con facoltà di reiscrizione negli elenchi delle attività socialmente utili per due volte al massimo); ciò in analogia a quanto previsto in materia di mobilità dalla L. n. 223 del 1991, art. 9, comma 7, lett. b).
Soggiunge che la Corte territoriale, travisando il contenuto e il significato della lettera inoltrata dallo stesso M. alla sas "xxx", aveva fatto malgoverno della richiamata normativa, ritenendola inapplicabile in presenza del falso presupposto dell’avvenuta presentazione, da parte sua, delle dimissioni.
In realtà, – prosegue il ricorrente -, con la comunicazione in data 30.11.2000 non aveva rassegnato le dimissioni, a ciò occorrendo la "manifestazione da parte del lavoratore di una effettiva e incondizionata volontà di porre termine al rapporto", inesistente nella specie, essendo il rapporto cessato in seguito alla lettera di licenziamento inviatagli in data 28.11.2000 dalla sas "xxx" per mancato superamento del periodo di prova.
Peraltro, la Corte territoriale, violando l’art. 112 c.p.c., art. 111 Cost. e art. 6 CEDU aveva omesso di pronunciarsi sull’applicabilità al caso concreto della L. n. 223 del 1991, art. 9, comma 7, lett. b), come specificato dal Ministero del Lavoro nella citata circolare n. 1853/06/2001 (2^ motivo), non consentendo di ricostruire l’iter logico, che aveva condotto a tale esclusione (3^ motivo).
Da quanto esposto emerge con chiarezza come la questione centrale della controversia trovi la sua soluzione nell’accertamento delle modalità di cessazione del rapporto lavorativo, se cioè il rapporto abbia avuto termine per effetto di licenziamento o dimissioni.
Sul punto la Corte d’appello ha osservato che dalla documentazione ritualmente versata in atti si ricavava in maniera inequivoca che, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante M., il rapporto di lavoro instaurato con la s.a.s. "xxx" si era risolto a causa delle dimissioni rassegnate dal lavoratore.
Questi, infatti, con lettera indirizzata alla società datrice di lavoro in data 27.11.2000, dopo aver comunicato la propria indisponibilità a prestare lavoro straordinario nella giornate di sabato, faceva presente che, a decorrere dal 1 dicembre 2000, la società medesima avrebbe potuto considerarlo "dimissionario", posto che in tale data sarebbero scaduti "i termini del contratto per i sessanta giorni di prova".
Pertanto – sempre ad avviso della Corte territoriale – il chiaro ed inequivoco tenore letterale della missiva testè menzionata induceva a ritenere sussistente la volontà del M. di porre fine al rapporto lavorativo, indipendentemente ed a prescindere da ogni iniziativa in tal senso da parte della società ed anche dall’eventuale consenso della stessa.
Tale iter argomentativo è contestato dal ricorrente che invoca a suo favore la corrispondenza epistolare, intrattenuta con la S.a.s. di segno contrario, omettendo, tuttavia, di riprodurne il contenuto, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione.
Va in proposito rammentato che, alla stregua del consolidato orientamento di questa Corte, il ricorrente che, in sede di legittimità, denuncia il difetto di motivazione su una istanza di ammissione di un mezzo di prova o sulla valutazione di un documento, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze che formavano oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato dal giudice di merito al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare e, quindi, delle prove stesse che, per il principio di autosufficienza del ricorso in cassazione, la Corte di Cassazione deve essere in grado di compiere solo sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (ex plurimis, Cass. 22 marzo 1993 n. 3356).
Per quanto precede il ricorso va disatteso.
Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese di questo giudizio, liquidate in Euro 40,00 oltre Euro 2.000,00 per onorari ed oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 20 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2012

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