T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 31-01-2011, n. 879

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il ricorrente espone di avere preso parte al concorso per la copertura di 350 posti di uditore giudiziario indetto con d.m. 23.3.2004 (integrato con il d.m. 11.3.2005, di riapertura dei termini).

I criteri di correzione degli elaborati sono stati definiti dalla Commissione esaminatrice nella seduta del 23.10.2007.

Rappresenta altresì di avere brillantemente superato la prova di diritto civile, per la quale ha meritato una votazione pari a 14/20.

La prova di diritto amministrativo (vertente sulle modalità di affidamento dei servizi pubblici locali a rilevanza economica con particolare riguardo alle condizioni di ammissibilità dell’affidamento diretto) non ha raggiunto, invece, la soglia dell’idoneità.

Non è dato tuttavia non solo comprendere – prosegue – ma neppure ipotizzare le ragioni che hanno indotto la Commissione ad esprimere tale giudizio, in quanto l’elaborato si distingue per avere:

– nella prima parte, inquadrato e definito l’istituto dell’affidamento dei servizi pubblici locali, ancorandoli sia al dato normativo che giurisprudenziale;

– ne ha saputo individuare gli scopi e le finalità;

– ha da subito segnalato l’influenza della normativa e della giurisprudenza comunitaria;

– ha distinto la fase pubblicistica relativa allo svolgimento del procedimento di individuazione del soggetto affidatario da quello eventualmente privatistico successivo alla stipulazione del contratto;

– ha ben focalizzato l’impegnativa problematica del giudice competente in materia, con qualche accennato riferimento anche alla giurisprudenza costituzionale;

– si è soffermato sulle condizioni dell’affidamento c.d. "in house".

Ritiene, pertanto, che l’elaborato sia perfettamente rispondente ai criteri fissati dalla Commissione esaminatrice per ottenere almeno un voto di sufficienza, con conseguente inintelligibilità del giudizio negativo riportato.

Si duole, in particolare, della mancanza di motivazione espressa ed esplicita, al riguardo, e del conseguente "deficit" di tutela che ne consegue.

Ricorda, inoltre, che nella seduta del 23.10.2007, la stessa Commissione aveva stabilito che "qualora ne ravvisi l’opportunità, ovvero quando la decisione del Collegio sia stata adottata a maggioranza e il Commissario dissenziente lo richieda, il Presidente della Sottocommissione, potrà ovvero dovrà disporre che uno o entrambi gli elaborati siano riletti da parte dell’intera Sottocommissione che, in tal caso, provvederà nella sua integrale composizione ad attribuire il punteggio ovvero a formulare il giudizio di inidoneità".

Il ricorso, inizialmente proposto al TAR Campania, è stato rimesso per competenza al Tar del Lazio e trattenuto per la decisione alla pubblica udienza del 15.12.2010.

2. Il ricorso è infondato.

In particolare, non risulta condivisibile la censura relativa al difetto di motivazione che inficerebbe il giudizio di non idoneità, la cui formulazione non consentirebbe di ricostruire l’iter logico seguito dalla Commissione.

2.1. Costituisce ormai principio consolidato quello secondo cui le valutazioni espresse da una Commissione di concorso nelle prove scritte e orali dei candidati sono espressione di un’ampia discrezionalità tecnica; e, come tali, sfuggono al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non siano inficiate, "ictu oculi" da eccesso di potere, sub specie delle figure sintomatiche dell’arbitrarietà, irragionevolezza, irrazionalità e travisamento dei fatti.

La giurisprudenza ha pure avuto modo di evidenziare che il voto numerico (ovvero, come nel caso in esame, il conclusivo giudizio) costituisce espressione sintetica, ma esaustiva, della valutazione della Commissione, soddisfacendo adeguatamente l’onere della motivazione previsto dall’art. 3 della legge 241/1990, e, più in generale, dei principi sanciti dall’art. 97 della Costituzione.

Una disposizione come quella contenuta nell’art. 1, comma 5, del D.Lgs. 5 aprile 2006 n. 160 (recante "Nuova disciplina dell’accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150"), il quale prevede che:

– "sono ammessi alla prova orale i candidati che ottengono non meno di dodici ventesimi di punti in ciascuna delle materie della prova scritta"

– e che "agli effetti di cui all’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, il giudizio in ciascuna delle prove scritte e orali è motivato con l’indicazione del solo punteggio numerico, mentre l’insufficienza è motivata con la sola formula "non idoneo", non viola le ricordate disposizioni in tema di motivazione del giudizio di inidoneità.

Invero, il meccanismo delineato dalla predetta normativa, non costituisce il frutto di una mera attività materiale dell’Amministrazione, ma è espressione di una valutazione, positiva o negativa dell’elaborato: mentre, nel primo caso, alla valutazione positiva segue l’attribuzione di un punteggio, nel secondo caso viene espresso un giudizio di inidoneità che implica, senza alcuna possibilità di dubbio, il mancato raggiungimento della sufficienza.

In altri termini, il giudizio di inidoneità contiene in sé, implicitamente e manifestamente, una valutazione di insufficienza della prova concorsuale che del tutto inutilmente dovrebbe essere ulteriormente esplicitato.

Un difetto di motivazione di tale giudizio di inidoneità potrebbe apprezzarsi solo ove il candidato offrisse elementi idonei a supportare l’arbitrarietà o l’irragionevolezza del giudizio, quantomeno relativamente ai criteri predeterminati dalla Commissione, elementi tutti che, nel caso di specie, non ricorrono. Non appare idonea, a tal fine, l’analisi che il ricorrente stesso propone del proprio elaborato, operando una evidente, quanto non consentita, sovrapposizione all’apprezzamento discrezionale della Commissione esaminatrice.

All’elaborato è stato dunque dato un giudizio di inidoneità che appare sufficiente ad esprimere correttamente la valutazione effettuata dalla Commissione, non essendovi neanche l’onere di indicare un voto.

2.2. Va dunque confermato, sulla base di quanto dianzi esposto, l’orientamento ripetutamente ribadito dalla giurisprudenza amministrativa – consolidato al punto da costituire "diritto vivente" e giudicato conforme ai parametri costituzionali del giusto processo e del diritto di difesa dalla Corte Costituzionale (sentenza 30 gennaio 2009 n. 20) – secondo cui nelle procedure concorsuali, ove la valutazione del merito del candidato esprime un giudizio strettamente valutativo del grado di preparazione e di idoneità culturale (e non una ponderazione fra una pluralità di interessi in gioco ai fini dell’adozione di una statuizione provvedi mentale), il voto numerico è di per sé idoneo a identificare il livello di sufficienza o di insufficienza della prova sostenuta, senza la necessità di ulteriori indicazioni e chiarimenti a mezzo di proposizioni esplicative (cfr. Cons. Stato, sez. V, 11 maggio 2009 n. 2880 e 11 luglio 2008 n. 3480; C.G.A.R.S., 7 ottobre 2008 n. 837).

Proprio la sopra citata pronunzia del giudice delle leggi – quantunque riferita all’esame di abilitazione alla professione forense – reca univoche indicazioni che inducono il Collegio a disattendere, in quanto infondate, le questioni di legittimità costituzionale prospettate da parte ricorrente con la memoria conclusionale.

La Corte infatti:

– pur nel rammentare di aver "in plurime decisioni,… escluso che la tesi dell’insussistenza, nell’ordinamento vigente, di un obbligo di motivazione dei punteggi attribuiti in sede di correzione e della idoneità degli stessi punteggi numerici a rappresentare una valida motivazione del provvedimento di inidoneità costituisse una interpretazione obbligata e univoca della normativa vigente (ordinanze n. 466 del 2000, n. 233 del 2001, n. 419 del 2005 e, da ultimo, n. 28 del 2006)";

– ha tuttavia rilevato che "nella più recente evoluzione della giurisprudenza del Consiglio di Stato, tale tesi si è ormai consolidata, privando la tesi minoritaria, ancora adottata in alcune isolate pronunce, di ogni concreta possibilità di definitiva affermazione giurisprudenziale";

– conclusivamente prendendo atto "della circostanza che la soluzione interpretativa offerta in giurisprudenza costituisce ormai un vero e proprio "diritto vivente"".

2.3. Sotto altro profilo, neppure può ritenersi che la Commissione di concorso sia venuta meno all’obbligo di predeterminare con sufficiente adeguatezza i criteri di valutazione degli elaborati.

Nella seduta del 23.10.2007, come ricordato dallo stesso ricorrente, essa aveva infatti stabilito di considerare idoneo il singolo elaborato che:

– presenti una forma italiana corretta sotto il profilo terminologico, sintattico e grammaticale, e riveli adeguata padronanza della terminologia giuridica nonché sufficiente chiarezza espositiva, requisiti tutti indispensabili per la corretta redazione dei provvedimenti giudiziari;

– offra una pertinente ed esauriente trattazione del tema, dimostrando sufficiente conoscenza dell’istituto cui direttamente esso si riferisce e dei principi fondamentali della materia, nonché una adeguata cultura giuridica generale;

– riveli la capacità del candidato di procedere all’analisi dello specifico problema a lui sottoposto e di proporne la soluzione, tuttavia senza che questa, se non condivisibile, possa assumere rilievo determinante nella valutazione ove, nonostante ciò, sia comunque logicamente argomentata in coerenza con gli istituti e principi della materia.

I criteri generali di valutazione, contenendo indicazioni di massima sulle caratteristiche che l’elaborato deve possedere per poter essere considerato idoneo, appaiono funzionali alla finalità per la quale la Commissione li ha previsti.

Al riguardo, la Sezione ha più volte ribadito che i criteri di valutazione delle prove scritte in cui si articola il concorso per uditore giudiziario non necessitano di particolare illustrazione essendo sostanzialmente in re ipsa, a differenza che in altre ipotesi di procedimenti concorsuali, come ad esempio nelle gare pubbliche di appalto aggiudicate con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in cui l’intensità della discrezionalità tecnica dell’amministrazione è espressa anche dalla variabilità degli elementi da valutare, con la conseguente esigenza di individuare ed esplicitare gli elementi stessi (cfr., ex multis, T.A.R. Lazio, sez. I, 3 luglio 2007 n. 5941).

3. Per quanto appena argomentato si impone la reiezione del ricorso.

Sembra equo però disporre l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, sez. I^, definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in premessa, lo respinge.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Giovannini, Presidente

Roberto Politi, Consigliere

Silvia Martino, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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